Economia

Bankitalia: le donne che hanno figli guadagnano la metà delle colleghe

A 15 anni dalla nascita di un figlio essere una madre lavoratrice significa guadagnare circa la metà dello stipendio di una collega che non ha figli. Lo certifica la relazione annuale della Banca d'Italia che evidenzia l'effetto della maternità sulla retribuzione femminile. Lo conferma anche il rapporto di Save The Children, “Le Equilibriste: la maternità in Italia 2023”

di Sabina Pignataro

La nascita di un figlio ha conseguenze rilevanti per le prospettive di carriera delle donne che continuano a svolgere un’attività lavorativa. «A parità di età, competenze e reddito da lavoro iniziale, la retribuzione annua delle madri a quindici anni dalla nascita del primogenito è in media circa la metà di quella delle donne senza figli»: è il dato che emerge dalla relazione annuale 2022 della Banca d'Italia che evidenzia l'effetto della maternità sulla retribuzione femminile.

Il dato non è nuovo, lo aveva sottolineato l'Istat già nel 2020 e Save The Children (qui per esempio) ma non smette di stupire. Il child penalty gap è una penalizzazione sul reddito delle donne che avviene quando queste entrano in maternità. Questo fenomeno colpisce solamente le mamme, mentre i papà non subiscono alcuna diminuzione del reddito nel caso in cui la famiglia si dovesse allargare.

Un gap che cresce

I dati rivelano che una donna che fa il primo figlio, nel primo periodo, arriva a perdere anche l'80% dello stipendio in confronto a una collega senza figli. Dopo i primi due anni dalla nascita, la differenza si attesta attorno al 40%, ma poi gradualmente cresce. Questo fa sì che con un primogenito di 15 anni la donna ha uno stipendio del 50% più basso della collega che si trovava nelle sue stesse condizioni.

«Il 90 per cento del divario è spiegato da un numero minore di ore lavorate, dovuto al passaggio a contratti a tempo parziale e alla riduzione delle settimane retribuite nell’anno a parità di tipologia di rapporto di lavoro. La restante parte è invece riconducibile alla minore crescita delle retribuzioni settimanali delle madri, verosimilmente determinata da progressioni di carriera più lente rispetto alle donne senza figli».

Più assenze, meno riconoscimenti

Scuole chiuse, bimbi malati, visite e vaccini, portano le madri ad assentarsi dal lavoro. Il modello familiare carica soprattutto le donne del lavoro di cura e di quello domestico e perciò ha una ripercussione sulle assenze e la richiesta di congedi straordinari. Anche qui, si verifica una situazione di danno e di beffa: le madri sono spesso etichettate dai colleghi come “assenteiste e meno flessibili agli impegni lavorativi”.

Meno nidi e asili, meno donne al lavoro

Nello specifico, evidenzia la relazione annuale 2022 della Banca d'Italia, «gli effetti della maternità sulle retribuzioni e sulla probabilità di abbandono dell’occupazione risultano più marcati nelle regioni in cui i servizi di cura per l’infanzia sono meno diffusi, a sostegno dell’ipotesi che le difficoltà di conciliazione tra famiglia e lavoro svolgano un ruolo determinante».

Rilevanti inoltre anche fattori culturali: «le carriere lavorative delle madri appaiono più penalizzate nelle aree in cui è maggiore la quota di popolazione che ritiene il lavoro domestico e le attività di accudimento dei figli prevalentemente di competenza delle donne» .

I divari di genere nel mercato del lavoro italiano, sebbene inferiori rispetto al passato, continuano a collocare il nostro paese in una posizione arretrata nel confronto con le altre principali economie europee. Nel 2022 il tasso di occupazione femminile era inferiore di 18 punti percentuali rispetto a quello maschile; inoltre le donne occupate hanno più di frequente impieghi di tipo temporaneo e part-time, anche se una lavoratrice a tempo parziale su due sarebbe disponibile a lavorare a tempo pieno. La minore quantità di lavoro, insieme a retribuzioni orarie più basse, si traduce in redditi annui mediamente inferiori a quelli degli uomini.

Le soluzioni

«Un aumento dell'occupazione femminile può essere ottenuto rafforzando l'offerta dei servizi per l'infanzia, incentivando un maggiore coinvolgimento dei padri nella cura dei figli e sostenendo la domanda di lavoro delle donne, anche attraverso misure che promuovano il reinserimento professionale di quelle che hanno lasciato il lavoro da più tempo», specificano i tecnici di Bankitalia. «Un ampliamento della presenza femminile nelle professioni meglio retribuite e nelle posizioni di vertice può essere favorito da politiche di discriminazione positiva come le quote di genere – che a partire dal 2011 hanno quintuplicato la percentuale di donne negli organi di amministrazione delle società quotate italiane – ma anche da misure di contrasto alle barriere culturali che condizionano le scelte scolastiche e occupazionali delle donne e i comportamenti dei datori di lavoro».

Essere madri in Italia: i dati

Secondo il rapporto di Save The Children, Le Equilibriste: la maternità in Italia 2023, spesso le mamme in Italia si trovano ad essere delle vere e proprie mamme equilibriste per raggiungere una stabilità tra gli impegni lavorativi e quelli famigliari. La conseguenza è che, in caso di impossibilità di accedere agli strumenti di tutela o laddove essi non siano sufficienti, molte mamme rinunciano alla carriera professionale.

Lo dicono i numeri: tra le donne tra i 25 e i 49 anni con figli minorenni, più di 4 su 10 non hanno un lavoro, mentre più del 40% delle madri con almeno un figlio preferisce il part-time pur di continuare a mantenere un’occupazione. Dati che si inseriscono in un contesto di denatalità ai minimi storici (meno di 440 mila nascite nel 2018) e aggravato dall’impossibilità nel conciliare vita privata e impegni professionali, radicate difficoltà di carriera e di crescita salariale, forte squilibrio nei carichi familiari tra madri e padri, una scarsissima offerta di servizi educativi per l’infanzia. Un quadro critico che si riverbera sul benessere delle madri, ma che affonda le radici nelle pesanti disparità di genere in Italia.

Nei nostri programmi territoriali, nonché sui nostri canali social, abbiamo raccolto varie testimonianze di donne che, una volta rimaste incinte, hanno subito discriminazioni sul lavoro, oppure fanno fatica insieme ai loro compagni ad accedere ai diritti e alle tutele previste una volta che si diventa genitori.

Tramite questi articoli cerchiamo di dare quante più informazioni possibili per accedere a questi strumenti, per mamme e papà, e anche come riconoscere i casi in cui avvengano violazioni e cosa fare.

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