Proteste
Bangladesh, i giovani vogliono il “banchiere dei poveri” alla guida del Paese
Il premio Nobel Muhammad Yunus ha accettato la funzione di capo del Governo di transizione. «In questo momento il Bangladesh ha bisogno di dare un messaggio di affidabilità, onestà e cambiamento», dice Enrico Testi, direttore dello Yunus social business centre university of Florence. «Yunus è quel giusto mix tra autorevolezza in Bangladesh e all’estero, esperienza ma anche innovazione e visione di un mondo più giusto. Tutte cose a cui credo anelino molti giovani bengalesi»
di Anna Spena
Il presidente del Bangladesh, Mohammed Shahabuddin, ha sciolto il Parlamento, una richiesta chiave degli studenti che hanno guidato le manifestazioni che hanno portato alla destituzione della ormai ex premier Sheikh Hasina.
Hasina ha lasciato la capitale Dacca a bordo di un elicottero militare, dopo che migliaia di manifestanti avevano attaccato la sua residenza ufficiale. «Abbiamo deciso che verrà formato un Governo ad interim in cui il dottor Muhammad Yunus, premio Nobel di fama internazionale, sarà il consigliere principale», aveva annunciato in una conferenza stampa Nahid Islam, il principale leader di Anti-Discrimination Student Movement. E infatti Muhammad Yunus, premio Nobel per la pace, ha accettato il ruolo di chief adviser, la funzione di capo del Governo per 90 giorni durante la transizione tra un governo eletto e il successivo.
Nel 1983 Yunus fondò la Grameen Bank: con la sua attività ha permesso, in modo particolare alle donne, di ottenere finanziamenti e realizzare attività imprenditoriali. Yunus è stato per molti anni sotto attacco nel suo Paese, nel maggio 2023 la Commissione anticorruzione del Bangladesh aveva avviato un procedimento penale contro di lui, accusandolo di appropriazione indebita dei fondi dei suoi dipendenti. Sheikh Hasina, che ha ricoperto il ruolo di prima ministra del Bangladesh dal 2009, l’aveva definito “succhiasangue”. Solo lo scorso gennaio Yunus era stato condannato da un tribunale del lavoro di Dacca a sei mesi di carcere. «Yunus», spiega Enrico Testi, un economista dello sviluppo, esperto di social business e dal 2011 fondatore e direttore dello Yunus Social Business Centre University of Florence, nato dalla collaborazione con Muhammad Yunus, «ha fatto capire al mondo che se diamo alle persone povere dei fondi, dei capitali – anche senza garanzie – queste in molti casi riescono a far fruttare quei fondi e ad uscire dalla spirale povertà. Ha dimostrato che essere poveri non significa “essere meno bravi” ma solo aver avuto meno opportunità nella vita. Questo suo modo di pensare l’ha portato a creare una banca, la Grameen Bank, che al contrario delle banche classiche, che concedono fondi solo a fronte di garanzie, lo fa anche in assenza di queste affinché le persone possano far partire la loro impresa. Lui ha dato opportunità a molte persone e molte persone grazie a lui sono uscite dalla povertà».
Testi secondo lei in che momento si trova il Paese ora? E quanto è arrivata al limite la situazione tanto da portare alle dimissioni della ormai ex prima ministra Sheikh Hasina?
In questo momento il Paese è in una situazione duplice. Da un lato c’è la gioia nell’essere riusciti a mandare via Hasina. Ormai diventata una dittatrice de facto visto che le ultime elezioni sono state discutibili dal punto di vista della libertà di espressione e voto, e visti anche i tentativi di reprimere, nel sangue, le proteste degli studenti degli ultimi giorni. Dall’altro gli studenti, e coloro che si sono uniti nelle imponenti manifestazioni degli ultimi giorni, sono coscienti che vi sono ora problemi di ordine pubblico spesso causati dai sostenitori di Hasina che cercano tuttora di causare instabilità o avvantaggiarsi del caos. Il Paese si trova quindi in un momento in cui deve ritrovare stabilità, unità e una guida chiara di sviluppo più equo e libero da corruzione. Questo è importante perché la goccia che ha fatto traboccare il vaso, la reintroduzione di una quota di posti di lavoro nel settore pubblico riservata ai familiari dei veterani della rivoluzione, è avvenuta in un contesto dove molti giovani non hanno lavoro e non hanno un futuro nonostante i tassi di crescita del paese degli ultimi anni.
Perché la stessa ex prima ministra si è sempre opposta a Yunos?
Sheikh Hasina ha sempre visto Yunus come un possibile rivale politico, qualcuno capace di mettere in ombra lei e il padre che è stato uno dei fondatori della patria e primo presidente del Bangladesh. Questo soprattutto da quando Yunus si candidò molti anni fa contro di lei. Anche se Yunus perse in quelle elezioni e decise di non tornare alla politica Hasina non ha mai accettato che vi fosse un bengalese famoso e con ottima reputazione all’estero capace di criticare lei e il suo Governo.
Perché gli studenti hanno chiesto che fosse proprio Mohammad Yunus a ricoprire il ruolo di chief adviser nel governo di transizione?
In questo momento il Bangladesh ha bisogno di dare un messaggio di affidabilità, onestà e cambiamento. Ha bisogno di un simbolo di speranza e cesura con tutto quello che non funziona nel Paese. Yunus rappresenta questo, è quel giusto mix tra autorevolezza in Bangladesh e all’estero, esperienza ma anche innovazione e visione di un mondo più giusto. Sono tutte cose a cui credo anelino molti giovani bengalesi. Yunus è sempre piaciuto molto ai giovani e agli studenti, mi ricordo di centinaia di studenti che partecipavano agli eventi sul social business a Dacca e come fossero entusiasti delle idee di Yunus e il mondo che vuole creare.
La sua competenza come potrà influire sugli auspicati cambiamenti che dovrebbe intraprendere il Paese?
Difficile dirlo, Yunus è molto apprezzato all’estero ma ha anche dei detrattori in Bangladesh. Purtroppo, la sua competenza avrà poco tempo per essere messa a frutto visto che questo primo incarico, se confermato, sarà di 90 giorni. Tra la serata di oggi e domani il presidente della Repubblica scioglierà la riserva e – se tutto andrà bene – domattina in Bangladesh, ci sarà l’annuncio ufficiale. Più che le competenze specifiche di Yunus credo che a fare la differenza sarà proprio il messaggio che la sua figura potrà dare sia all’esterno che all’interno del Paese in termini di onestà, equità e sviluppo economico sostenibile.
Photo/Mahmud Hossain Opu, File/Associated Press/LaPresse
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