Non profit

Bandi europei, i consigli degli esperti per vincerli

Una recente ricerca del Cesvot ha messo in luce che solo l'1% delle organizzazioni di volontariato toscane è riuscita a vincere un bando della Ue. Un'eperta dell'Ordine dei Commercialisti di Milano ci aiuta a capire quali sono gli errori più comuni da evitare e su che cosa puntare per alzare la percentuale...

di Gabriella Meroni

La lotteria dei bandi europei. Si potrebbe definire così l'avventura di chi partecipa a un avviso Ue rivolto al non profit, anche se un biglietto della lottera costa pochi euro, mentre mettere in piedi una struttura che possa concorrere a un bando costa molto di più. Quello che è simile a una riffa sono i risultati: in Toscana li hanno misurati per la prima volta, scoprendo che solo l'1% delle organizzazioni di volontariato regionale, cioè 15, sono risultate assegnatarie di un finanziamento comunitario. E' d'uopo quindi, per qualsiasi organizzazione che voglia approfittare di milioni e milioni di finanziamenti messi a disposizione per progetti sociali, conoscere i modi e le strategie con cui conquistare maggiori probabilità di successo.
Vita.it si è rivolta a un'esperta, la dottoressa Barbara Farnè, presidente della commissione Pubblica utilità, sociale ed enti non profit dell’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Milano, a cui abbiamo rivolto qualche domanda. 
Qual è secondo lei la principale debolezza di tante organizzazioni che non riescono a vincere bandi europei, pur tentando questa avventura?
I bandi europei sono visti ancora da molte associazioni come qualcosa di lontano e complicato, mentre da altre, al contrario, sono presi con troppa leggerezza. Due errori di prospettiva piuttosto gravi che mettono a serio rischio il risultato finale.
Quali consigli si possono dare alle organizzazioni?
Innanzitutto evitare questi due errori, e considerare i bandi europei per quello che sono: una enorme opportunità che per essere colta necessita di impegno e preparazione, ma non certo di essere supereroi. Per quanto riguarda i progetti, il primo punto che sottolineo è l'importanza della correlazione tra le varie fasi, e quindi della visione d'insieme: dalla progettazione alla rendicontazione, un progetto è qualcosa cui porre attenzione sempre, perché se si sbaglia qualcosa all'inizio è poi difficile intervenire con modifiche successive.
Anche perché quasi sempre i progetti europei vedono il coinvolgimento di più soggetti…
Sì, normalmente hanno una struttura a rete, con un capofila e diversi attori. Per questo quella della progettazione, che comprende anche al definizione del budget, è una fase cruciale: se non si curano i dettagli, ora che le modifiche vengono approvate da tutta la rete i tempi si allungano e quindi spesso la prima fase diventa anche l'ultima, il lavoro si blocca e la frustrazione è inevitabile.
Quali sono le altre fasi più delicate?
Sicuramente quello della rendicontazione è uno scoglio che spaventa tante organizzazioni, e bisogna dire che su questo l'Europa è rigorosa e invia regolarmente ispezioni per verificare il corretto utilizzo dei fondi che eroga. Ma basta, anche in questo caso, essere precisi e trasparenti, magari aiutandosi con una delle tante guide alla rendicontazione disponibili, compresa quella redatta dal nostro Ordine. 
Lei vuole dire che occorre per forza ricorrere a un professionista, altrimenti si resta tagliati fuori?
Assolutamente no. Anche se è vero che molti professionisti mettono a disposizione la loro esperienza gratuitamente per le associazioni non profit, il mio consiglio è comunque quello di investire nella formazione specifica di risorse interne che si occupino di bandi europei e non solo. Qualunque risorsa, di tempo o denaro, investita nella professionalizzazione non è a perdere, ma al contrario produce notevoli ritorni ed è quindi ben spesa.


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