Non profit

Banco e colletta alimentare, storia d’un binomio vincente

Tutto iniziò negli anni 50 con l’invito di don Giussani a fare la caritativa nella Bassa milanese. Di Mauro Inzoli, presidente Fondazione banco alimentare

di Redazione

La giornata nazionale della Colletta alimentare, sabato 26 novembre, è ormai un appuntamento che coinvolge milioni di persone. Molti ne parlano ma pochi conoscono l?origine. Tutto inizia con Gioventù studentesca, nei primi anni 50. Chi si strinse attorno a don Giussani fu invitato a fare la ?caritativa? nella Bassa, a vivere un gesto di condivisione gratuita che educasse il cuore alla dimensione fondamentale dell?esperienza cristiana: la carità. Questi ragazzi si imbatterono così in situazioni di degrado sociale e culturale, in cui spesso le condizioni di vita degli abitanti rasentavano la sussistenza. Tra queste famiglie, questi ?pionieri? della caritativa incontrarono una donna che conduceva un?esistenza ai limiti dell?indigenza. Per aiutarla, le diedero dei soldi. Senonché, di lì a poco, la videro tutta imbellettata e arguirono che avesse speso i soldi ricevuti per comprare dei cosmetici, invece di generi di prima necessità. Indignati, lo fecero presente a don Giussani, il quale, al contrario, li rimproverò, facendo loro presente che quella donna, grazie a un po? di rossetto, forse si era sentita nuovamente bella come da tempo non si sentiva. La carità, per sua natura, non può che essere gratuita e priva di condizioni. In una delle sue opere, il fondatore di Comunione e liberazione ne dà una definizione indimenticabile: «Dono di sé commosso». Fin dalla nascita, la Fondazione Banco alimentare onlus è stata dominata da questa preoccupazione educativa: portare il cuore di tutti a vivere nella gratuità. Negli anni, infatti, non c?è stato solo uno sviluppo e un incremento del servizio, ma anche una dilatazione della capacità di entrare in rapporto con il bisogno dei più poveri, dilatazione spesso provocata da incontri con tante persone che ci hanno sollecitato ad essere più vicini al bisogno degli uomini, al bisogno di compagnia. Abbiamo così scoperto che il primo frutto della carità si chiama amicizia. Per questo il lavoro della fondazione, imperniato sul recupero degli alimenti, non è mai stato scisso dalla dignità culturale di una proposta educativa. Fin da subito abbiamo manifestato l?appartenenza a una storia più grande di noi, una storia fatta di incontri umani resi possibili dall?incontro con la persona stessa di Cristo. Il riconoscimento di questa appartenenza ci ha evitato di cadere in una sorta di ?istituzionalizzazione?, in un consolidamento della struttura a scapito di uno sviluppo e di una crescita reali. Il nostro problema è servire al meglio i poveri, creando le condizioni più favorevoli e usando gli strumenti più adatti per farlo. Il fattore decisivo è l?obbedienza all?avvenimento da cui la Fondazione Banco alimentare sorge. Come dice, infatti, Paul Claudel nell?Annuncio a Maria: «A che serve la vita se non per essere data?». Del resto, l?uomo avrebbe un destino cieco e senza senso se non riconoscesse il desiderio innato di donare, di offrire qualcosa all?altro fratello uomo; se non riconoscesse, cioè, di essere fatto per il Mistero. Quello che la fondazione propone introduce infatti la persona alla possibilità, attraverso un gesto anche piccolo come la Colletta, di conoscere una dimensione nuova della propria esistenza, la natura del proprio io, cioè la carità. di Mauro Inzoli, presidente Fondazione banco alimentare

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