Formazione

Banche. Il credito “scopre” le fasce svantaggiate. Finanza, Il micro made in Italy

E' qualcosa di più del microcredito. Perché non eroga solo denaro ma gestisce servizi e piccoli risparmi. Un convegno a Roma farà il punto sul fenomeno.

di Francesco Maggio

Macché roba da poveri, da Paesi in via di sviluppo, da disperati perennemente esclusi da qualsiasi circuito finanziario. Il microcredito ormai fa breccia ovunque. Anche nel ?ricco? Occidente. Perché, come ha detto il segretario delle Nazioni Unite, Kofi Annan, che ha proclamato il 2005 Anno internazionale del microcredito, «la microfinanza è parte integrante del nostro sforzo collettivo per raggiungere i Millenium Development Goals, gli obiettivi di sviluppo del millennio». E i numeri gli danno (purtroppo) ampiamente ragione: oggi, infatti, l?80% della popolazione mondiale ottiene appena il 5,4% del credito erogato dal sistema bancario e, solo in Italia, quasi tre milioni di famiglie, oltre il 14% del totale, non accedono ai servizi bancari. Come colmare un simile divario? Che ruolo spetta alle banche nel promuovere servizi di microfinanza? Si tratta di un mercato per loro appetibile? «La microfinanza si affermerà sempre di più anche in Italia», esordisce Alessandro Azzi, presidente di Federcasse che, insieme ad Abi, Microfinanza e Ifad organizza per giovedì 18 novembre a Milano, a Piazza Affari, il convegno Investing in Microfinance, «perché sono sempre più numerosi i cittadini residenti nel nostro Paese che versano in condizioni critiche. D?altronde i recenti dati Acri sul risparmio degli italiani parlano chiaro: il disagio sta crescendo». «Ma c?è anche un?altra ragione che a mio avviso spiega perché la microfinanza ha un futuro roseo e che le Bcc hanno ben presente», aggiunge Azzi. «Le banche raccolgono risparmio da piccoli risparmiatori ma non sempre lo reimpiegano sul territorio dove lo raccolgono e lo destinano a piccoli risparmiatori. è importante, invece, che le banche restituiscano sul territorio in cui operano anche in forme minime a chi ha bisogno. Aumenta così la democrazia, si creano reti di relazioni, si dà dignità alle persone, aumenta la trasparenza e, quindi, la buona reputazione della banca». Gli fa eco Giuseppe Zadra, direttore generale dell?Abi: «Le banche cominciano a vedere in queste nuove realtà che fanno microfinanza un ulteriore opportunità per camminare al passo con i tempi. Questo, naturalmente, può significare anche cogliere nuove possibilità di business, allargando la propria clientela. Basti pensare alle rimesse degli immigrati dall?Italia che hanno raggiunto la cifra di circa 5 miliardi di euro». «Ebbene», aggiunge Zadra, «meno del 50% di questo flusso passa per le banche, con tutte le conseguenze che è facile immaginare in termini di incertezza sulla destinazione e sull?uso produttivo nei Paesi di origine. L?Abi vuol quindi far conoscere e rendere evidenti per le banche le opportunità che sorgono da queste nuove realtà». Per Laura Viganò, docente di Economia degli intermediari finanziari all?università di Bergamo e segretario scientifico della Fondazione Giordano dell?Amore, da tempo impegnata nell?approfondimento di queste tematiche, la microfinanza ha enormi potenzialità di crescita perché va ?oltre? il microcredito. «La microfinanza», afferma la Viganò, «comprende il microcredito ma non si esaurisce in esso perché contempera non solo l?erogazione di credito ma offre anche altri servizi come la raccolta, la gestione di piccoli risparmi, servizi di assicurazione». «Inoltre», conclude la docente, «c?è un aspetto ?collaterale? significativo: le banche, per poter verificare la bancabilità dei soggetti a cui erogare servizi, hanno bisogno di aprire un dialogo con le comunità religiose, le organizzazioni di volontariato che ben conoscono questi soggetti. Ciò produce capitale sociale ed è molto positivo».


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