Cultura

Banche armate, qui passa lo straniero

La parte del leone la fanno gli istituti esteri: nella top ten in sette non parlano italiano. Tra i Paesi destinatari, Pakistan e Iraq

di Riccardo Bagnato

Nuovo record delle autorizzazioni all?esport di armamenti italiani nel 2007. Lo dice il Rapporto annuale appena reso noto dal governo, come vuole la legge 185 del 1990. Ma non è l?unico primato di quest?anno. Nella top ten degli istituti di credito coinvolti, infatti, ce ne sono ben sette non italiani. E parliamo di pesi massimi come le tedesche Deutsche Bank (174 milioni di euro) e Commerzbank (27), la statunitense Citibank (84), l?araba Abc International Bank (58), la francese Bnp Paribas (48), e il colosso inglese Hsbc Bank (27). Senza contare il quinto posto della Banca nazionale del lavoro (64), dal 2006 inserita nel gruppo Bnp Paribas.

Un fenomeno che ha preoccupato le istituzioni sin dal 2005, tanto da convincere il governo Berlusconi a lanciare l?allarme-stranieri per la prima volta nella relazione di quell?anno.

Ma se da un lato aumenta la presenza degli istituti di credito stranieri nell?export armiero italiano, dall?altro rimangono ancorate ai primi posti alcune importanti realtà del Bel Paese, come Unicredit (183) al primo posto, e Intesa Sanpaolo (144) terza, a cui va aggiunta la Cassa di risparmio in Bologna (54), banca locale del gruppo capitanato da Corrado Passera, che quest?anno si è guadagnata la settima posizione.

D?altra parte, a preoccupare le associazioni pacifiste riunite sotto la sigla di Rete Disarmo non è tanto l?avanzata delle banche straniere nel mercato italiano, «semmai la necessità di fare rete a livello europeo» dice Giorgio Beretta, della Campagna Banche Armate. Proprio per questo è nato The European Network Against Arms Trade (Enaat), per chiedere a tutti i governi europei di fare la propria parte. «Bisogna vedere ora se il governo italiano intenderà lavorare perché anche gli altri Paesi adottino normative come la legge 185», insiste Andrea Baranes della Campagna per la Riforma della Banca mondiale, «o rinuncerà alla 185, una delle migliori leggi che assicura il controllo su una materia delicata come gli armamenti, con la scusa che gli altri Paesi non ce l?hanno».

Tutti d?accordo, infine, su un punto. È vero che la presenza di banche straniere potrebbe indurre qualcuno a gridare allo scandalo ma, avverte Beretta, «stiamo attenti soprattutto alle mete delle nostre armi». Fra le prime dieci destinazioni del made in Italy bellico ci sono infatti Paesi in conflitto, o che violano i diritti umani. Tra questi il Pakistan, al primo posto, con il 20% delle operazioni (per circa 471 milioni di euro), la Turchia al terzo con il 7% (174 milioni), la Malaysia al settimo con il 5% (119 milioni) e l?Iraq al nono con il 3,5% (84 milioni).

Info: www.banchearmate.orgwww.enaat.org

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