Famiglia
Banca Intesa con la società civile sull’oleodotto Baku-Tbibisi-Ceyhan
Il principale istituto di credito italiano intende cedere la sua quota di finanziamento al progetto
di Paul Ricard
Roma, 2 dicembre 2004 ? Il Financial Times di oggi riferisce che Banca Intesa ha ceduto un terzo della sua quota di finanziamento dell?oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan (BTC), che ammonta ad un totale di 60 milioni di dollari. L?istituto di credito ha inoltre confermato che sta negoziando con terzi la cessione della rimanente fetta di 40 milioni.
La condotta di Banca Intesa è dettata dalle numerose problematiche legate al progetto, più volte evidenziate in Italia dalla Campagna MancaIntesa. Tra le ultime novità su BTC, l?indagine portata avanti dal Parlamento inglese sull?operato della British Petroleum (BP), capofila del consorzio costruttore, per ciò che concerne la realizzazione del progetto. I primi risultati dell?indagine parlamentare evidenziano come la BP abbia fornito delle false informazioni sulle questioni legate alla sicurezza dell?oleodotto. Validi esperti ed ex dipendenti della stessa BP hanno infatti confermato che la copertura dei tubi della pipeline non è adeguata. Val la pena ricordare che l?agenzia di credito all?esportazione inglese, l?ECGD ha finanziato l?opera con ben 60 milioni di sterline.
Ma l?ECGD non e? stata l?unica istituzione pubblica a fornire denaro per BTC. La Banca mondiale ha contribuito con ben 310 milioni di dollari e soprattutto ha assicurato una sorta di copertura politica per il progetto. Tale copertura, alla luce degli ultimi accadimenti, non è dunque sembrata più affidabile a Banca Intesa, che ha reputato opportuno uscire dal progetto perché convinta che la valutazione socio-ambientale positiva di questo data dalla Banca mondiale fosse inadeguata. E? singolare notare come tra i finanziatori del BTC ci siano banche, come ABN Amro e Citigroup, che hanno sottoscritto gli Equator Principles, che consistono nell?applicazione su base volontaria delle linee-guida socio-ambientali della stessa Banca mondiale. Banca Intesa non ha firmato gli Equator Principles, tuttavia ha preso in considerazione gli alti rischi per l?ambiente e le popolazioni locali che il progetto comporta.
?Con questa decisione Banca Intesa dimostra che prende sul serio le preoccupazioni della Campagna MancaIntesa e della società civile ed è risoluta ad intraprendere un cammino verso la responsabilità sociale e la sostenibilità? ha affermato Andrea Baranes della Campagna per la Riforma della Banca mondiale. ?A questo punto è necessario che la più grande banca italiana esca definitivamente dal progetto e adotti in tempi brevi proprie politiche ambientali e sociali che prescindano dall?operato dei finanziatori internazionali, evitando così il ripetersi di un nuovo caso Baku-Ceyhan e mandando un segnale chiaro a tutto il sistema bancario italiano? ha concluso Baranes.
BTC vede la presenza nel consorzio costruttore dell?ENI, mentre l?agenzia di credito all?esportazione italiana, la SACE, ha concesso una garanzia in relazione al progetto. San Paolo IMI, invece, detiene ancora una quota di finanziamento in BTC pari a quella che Banca Intesa è riuscita in parte a vendere.
?E? singolare che la SACE, ente al cento per cento sotto il controllo pubblico, non faccia nulla? ha dichiarato Antonio Tricarico, coordinatore della Campagna per la Riforma della Banca mondiale. ?Se la più grande banca italiana prende una tale posizione, la SACE, che dovrebbe essere al servizio degli esportatori e delle banche italiane, dovrebbe trarre le sue conclusioni e ritirarsi dal progetto, o quanto meno richiedere una seria revisione indipendente sullo stesso. Per non parlare di San Paolo IMI, banca che investe oggi nell?Iraq ancora in guerra e continua ad essere poco propensa a qualsiasi seria forma di responsabilità sociale? ha continuato Tricarico. ?Banca Intesa, nel campo delle armi e della responsabilità socio-ambientale sta facendo dei concreti passi in avanti, San Paolo IMI che cosa intende fare??
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