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Bambino, tappa i buchi

La strana destinazione dei 5 miliardi previsti dalla 285, la legge di Livia Turco per il sostengo all’infanzia

di Silvia Vicchi

Alina, piccola rom di 9 anni, ogni sera si aggira tra i tavoli di via Clavature, salotto della Bologna bene, con le sue rose sfiorite. Alle coppiette chiede cinquemila lire per un fiore avvolto nella carta stagnola. Ervin, 16 anni, albanese, è uscito dal carcere minorile, dove ha scontato una pena di tre anni per spaccio. Dorme per strada, non sa dove andare, non ha nessuno che lo accolga e una sola possibilità: tornare nell?illegalità, per sopravvivere. Chiara, 14 anni, le braccia coperte di decine di piccoli tagli e bruciature di sigarette, manifesta con gesti autolesionisti il suo disperato malessere di stare al mondo. Sono solo alcuni dei casi segnalati e aiutati dal volontariato bolognese, punta dell?iceberg di un sommerso spaventoso di disagio, violenze, abbandono e povertà, di cui migliaia di bambini e ragazzini sono vittime. Quella favelas di Bologna Chissà se pensava anche a loro, la Ministra Livia Turco, quando ha pensato la legge 285/97, fondi per l?aiuto e il sostegno all?infanzia e all?adolescenza? A Bologna, due anni fa, sono arrivati circa 5 miliardi per il Piano infanzia, che indicava, tra le priorità, interventi a favore dei minori stranieri. «Dove sono finiti?», si chiede Serena Frascaroli, presidente di Arciragazzi e vicepresidente della Conferenza Provinciale del volontariato. «Dove sono finiti i soldi della 390? E dove andranno quelli sull?immigrazione e sull?esclusione sociale? Dove sono i sindacati, con i loro progetti di casa, lavoro e integrazione? Dove, i servizi minori del Comune?». Una querelle, quella sui fondi per le Politiche sociali a Bologna, che da anni vede contrapposti volontariato e istituzioni. È merito del volontariato, se sono state denunciate le condizioni da favelas in cui Bologna ha costretto i profughi dell?ex- Jugoslavia, oggi a chiedere l?elemosina ai semafori, nonostante i miliardi stanziati e assegnati per la loro integrazione. Ed è ancora il volontariato ad alzare la voce per come furono assegnati i fondi della legge Turco 285/97, a protezione dei bambini e degli adolescenti. Secondo Frascaroli, la maggior parte dei fondi sono serviti a finanziare ?buchi? del servizio pubblico, progetti del Provveditorato e dell?Ausl. Al Terzo Settore sono andate le briciole, senza un percorso corretto: «La legge 285», dice, «è una delle migliori in assoluto, con un iter di applicazione preciso e dettagliato. Prima, gli enti locali devono costituire tavoli tecnici coinvolgendo, da subito, il Terzo Settore, per definire criteri e priorità. Poi, dopo averne dato informazione a tutti, si raccolgono i progetti, che una Commissione sceglierà. A Bologna sono stati finanziati progetti a pioggia, giunti non si sa attraverso quali canali, il tavolo tecnico è stato costituito solo successivamente, per approvare scelte già fatte, nonostante le lettere di sollecito del volontariato. Che, non condividendo il metodo, ha deciso di non parteciparvi». Il Comune di Bologna sostenne di non aver dato eccessiva pubblicità all?opportunità di concorrere per l?assegnazione dei fondi della 285, perché si era scelto di accogliere i progetti presentati nel corso dell?Istruttoria pubblica sull?infanzia. Sta di fatto che l?Istruttoria risale al gennaio 1997, data in cui la legge ancora doveva uscire e, a detta del volontariato che vi aveva partecipato, in quella sede non furono presentati progetti. La 285 ha finanziato i buchi pubblici «In realtà», dice Frascaroli, «ci trovammo di fronte a un piano di interventi già decisi. Un metodo che non potevamo condividere, perché non teneva conto di un?analisi delle priorità e dei bisogni, momento che deve precedere la scelta dei progetti. La Provincia, al contrario, ha agito secondo quanto previsto dalla legge e si è lavorato in sintonia. Il problema, semmai, è venuto dal Comune, che non ha coinvolto adeguatamente il Terzo Settore». I progetti finanziati dalla 285 a Bologna hanno soprattutto carattere interculturale, nelle scuole e nel carcere minorile, in collaborazione col Provveditorato agli Studi e il Centro di Giustizia Minorile. Tra i pochi progetti del privato sociale, vale la pena citare l?Osservatorio sui bambini di strada, proposto dalla Caritas, peccato che solo un anno prima, l?ex assessore Golfarelli avesse negato con veemenza e indignazione l?esistenza del fenomeno in una città come Bologna, malgrado gli allarmi di Arciragazzi e Caritas. Molti i progetti iniziati e abbandonati, per esempio il Centro diurno attivato all?interno del carcere minorile e affidato ad un?organizzazione non profit, che dopo nemmeno un anno dal suo decollo è stato sospeso per rinuncia della stessa associazione. Oggi, alla vigilia dell?arrivo dei nuovi finanziamenti, c?è chi invita a non ripetere gli stessi errori: «È importante un?analisi oggettiva delle problematiche dei minori», fa presente Cinzia Tisselli, presidente dell?associazione Accanto, «che possono non fare piacere e creare allarme sociale, ma che vanno guardate in faccia e affrontate. È indispensabile lavorare in rete, volontariato, Terzo Settore ed enti pubblici. Ma soprattutto, serve una verifica di ciò che è stato finanziato, cosa è partito e che risultati si sono ottenuti. Così sapremo se i soldi della 285 sono andati a buon fine e se qualcosa, per i piccoli in difficoltà, ma anche per quelli in condizioni di normalità, è stato fatto».


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