Famiglia

Bambini tiranni? Colpa del ”deficit di autorevolezza” dei genitori

Il bambino tiranno è il frutto di un comportamento genitoriale fautore di un’educazione più lassista e permissiva

di Associazione Istituto Cortivo

I pedagogisti li chiamano “bambini tirannici”, un’espressione forte e altamente evocativa che vuole essere però anche provocatoria. Perché chi tiranneggia lo fa se gli è concesso, se chi dovrebbe educare non lo fa o lo fa male, se le norme non vengono fatte rispettare.

Questo fenomeno è uno specchio dei tempi, dove la televisione e i media formano inconsapevoli consumisti e dove i modelli educativi sono scomparsi. In occasione del proprio ventennale il Cppp (Centro psicopedagogico per la pace e la gestione dei conflitti) di Piacenza attraversa l”Italia approfondendo le tematiche dell’educazione e proprio sui bambini-tiranno ha impostato un recente incontro a Vicenza.
“Parlare dei bambini in questi termini serve soprattutto ad aprire un focus sulle tematiche dell’educazione – commenta Paola Cosolo Marangon, formatrice e consulente educativa, referente del Cpp per il Friuli Venezia-Giulia –. Ci riferiamo in particolare ai casi in cui i bambini tendenzialmente arrivano a comandare sui genitori: è un fenomeno nuovo che riguarda le ultime generazioni”. Fino agli anni Settanta, infatti, il modello educativo era autoritario, con una grande attenzione al rispetto delle regole. Negli ultimi quarant’anni, invece, le cose sono cambiate, passando dall’autorità all’affettività: “Il bambino tiranno è il frutto di un comportamento genitoriale fautore di un’educazione più lassista e permissiva”. In questo contesto il bambino fa esattamente quello che ci si potrebbe aspettare: sta al gioco, infrange le regole e non ne paga alcuna conseguenza. “Non avendo un recinto definito e invalicabile, semplicemente il bimbo scivola fuori – spiega l’esperta –. Finchè è piccolo questo comporta solo dei gran mal di testa ai genitori, ma con l’avanzare dell’età l’insofferenza alle regole può mettere nei guai e diventare pericolosa”.


Qual è dunque la via da percorrere per riconquistare l’autorevolezza? “Il genitore oggi ha una difficoltà oggettiva perché non ha dei modelli di riferimento, non c’è più un contesto educativo condiviso come lo aveva la precedente generazione: allora era più facile andare per la giusta via dato che si era già instradati. Oggi invece i modelli educativi non sono chiari e il genitore ha difficoltà a trovare delle alleanze”. E a questo si aggiunge il difficile rapporto con i media, che spingono al consumismo e promuovono regole spesso non coincidenti a quelle dei genitori.
L’unica cosa da fare, in questa situazione, è avere pazienza e reinventare il proprio ruolo di educatori: “Crescere un figlio non è un compito che si svolge velocemente e richiede costante attenzione – conclude Cosolo Marangon –. Non dobbiamo rinunciare a svolgere attivamente questo incarico pensando che tanto l’educazione viene da sé. E non bisogna avere paura delle parole del bambino, quando ad esempio dice di odiare la madre o il padre, perché sono parole dette senza saperne esattamente il significato, quindi non possono e non devono ferire”.

Link al
Cppp (Centro psicopedagogico per la pace e la gestione dei conflitti) http://www.cppp.it/


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