Famiglia
Bambini schiavi in Costa d’Avorio, Nestlé denunciata
Avviata la class action da uno studio legale americano
Ll?International Labor Rights Fund ha depositato presso la Corte federale di Los Angeles una denuncia contro tre multinazionali che importano cacao dalle coltivazioni della Costa d?Avorio, maggior produttore mondiale, accusandole di traffico di bambini, torture e lavoro forzato.
Le tre società sono Nestlé, Archer Daniels Midland (ADM) e Cargill.
La class action (l’azione legale collettiva prevista dal diritto statunitense, possibile anche per delitti compiuti all’estero grazie all’Alien Torts Claims Act)) è stata avviata da uno studio legale dell?Alabama, ?Wiggins, Childs, Quinn & Pantazis?, per conto di tre bambini residenti nel Mali, in nome di tutti quelli coinvolti dal 1996 ad oggi, calcolati in migliaia.
La causa è stata intentata negli Stati Uniti, perché nel Mali non c?è alcuna possibilità di chiedere risarcimenti per atti compiuti fuori dal Paese, mentre il sistema giudiziario della Costa d?Avorio è notoriamente corrotto e non risponderebbe alle accuse dal Mali in Costa d?Avorio e costretti a lavorare 12-14 ore al giorno per sei giorni la settimana, senza essere pagati, con poco cibo, costretti a dormire in stanze affollate, chiuse a chiave e sorvegliate, e spesso frustati. I fatti sono avvenuti tra il 1996 e il 2000.
L?International Labor Rights Fund giudica ?inammissibile che Nestlé, ADM e Cargill abbiano ignorato i ripetuti e ben documentati allarmi, lanciati diversi anni fa, sul fatto che le coltivazioni di cacao da loro utilizzate impiegano bambini schiavizzati. Le tre compagnie avrebbero potuto fermare questa situazione anni fa, ma hanno scelto di guardare da un?altra parte. Ci siamo rivolti alla Corte come ultima scelta? (RSI news).
Nessuno ti regala niente, noi sì
Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.