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Bambini nelle mani dei cronisti. Che guai

Sembrava che i diritti dei minori venissero prima del diritto di cronaca. Ma non è andata così.

di Alessandro Sortino

Sembrava che i minori, dagli abusi a mezzo stampa, potessero essere salvati per sempre. L?occassione era la presentazione al garante, da parte dei giornalisti, di un codice di autoregolamentazione in materia di privacy. Erano stati convocati giuristi di fama, coinvolte le associazioni, richiesti pareri autorevoli. E invece quando la bozza ha cominciato a circolare la delusione è stata pari all?attesa. Nell?articolo quattro, quello che parlava di minori, i giornalisti compivano, rispetto ai codici di autoregolamentazione già adottati in precedenza, giganteschi passi all?indietro. Per questo Telefono azzurro, a firma del presidente Ernesto Caffo, aveva lanciato un appello per fermare la bozza, appello pubblicato da ?Vita? nel numero scorso. Ma anche don Vinicio Albanesi, presidente del Cnca, si era ribellato, come testimonia l?opinione che pubblichiamo qui in basso. Ultima data utile per cambiare le cose era il 22 dicembre, seduta del Consiglio nazionale dell?Ordine che avrebbe licenziato la bozza definitiva. Così è stato. Dal 30 dicembre la nuova bozza è sulla scrivania del professor Rodotà. Vi figura un articolo, il quattro, rifatto ex novo apparentemente secondo le indicazioni delle associazioni.
Apparentemente. Perché c?è un?eccezione che rischia di vanificare la regola. La nuova versione infatti prevede sì che il rispetto della privacy del minore prevalga sempre sul diritto di cronaca . Ma aggiunge poi: ?Qualora tuttavia, per motivi di rilevante interesse pubblico il giornalista, decida di diffondere dati personali o immagini di minori, dovrà farsi carico della responsabilità di valutare se la pubblicazione sia davvero nell?interesse oggettivo del minore…?. Dunque il giudice ultimo è sempre lui, il giornalista. E le critiche sono riesplose e questa volta rischiano addirittura di spaccare la stessa corporazione dei giornalisti. I consigli dell?Ordine di Lombardia, Piemonte e Veneto e Emilia Romagna infatti hanno già fatto sapere di non condividere affatto il testo in questione e minacciano dure risposte. «Un documento improponibile- attacca Franco Abruzzo, presidente dei giornalisti lombardi – che calpesta ipocritamente i diritti dei minori. Sono certo che anche il Garante riterrà il testo inaccettabile». In ogni caso, Abruzzo, forte anche del sostegno dei colleghi delle altre regioni dissidenti, annuncia clamorose azioni di protesta se il codice non dovesse essere modificato. «Ma che critiche e critiche», si difende invece Mario Petrina, presidente nazionale dell?Ordine. «Abbiamo previsto per i minori una tutela rivoluzionaria. Innanzitutto la legge non prevedeva affatto una tutela per i minori in questa sede. L?abbiamo inserita per senso di responsabilità. Ma non prevedere ?il rilevante interesse pubblico? come eccezione, avrebbe significato impedire al giornalista di fare il suo mestiere».
«È proprio questo il punto», ribatte Ernesto Caffo. «La categoria continua a considerare il diritto di cronaca prevalente rispetto alla privacy del minore. La Carta di Treviso», prosegue Caffo, «è da tempo disattesa a dimostrazione che i codici interni non sempre bastano. I giornalisti sono lasciati in balia dei loro editori e direttori che chiedono loro notizie sui minori, anche scabrose, nella illusione che facciano ?audience?.

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