Famiglia
Bambini in carcere, Marietti (Antigone): “Ora costruire case-famiglia protette”
La norma che porta il nome del deputato dem Paolo Siani, passata alla Camera, vieta la detenzione dietro le sbarre di donne con bimbi sotto i tre anni. E adesso tocca al Senato. A oggi, 33 i figli nei penitenziari italiani
Il 14 giugno la Camera ha approvato la riforma del codice penale sui bambini figli di detenute, dando il via libera alla proposta di legge del deputato Siani che vieterebbe ai minori di vivere con le madri in carcere. Una legge di civiltà che, se passasse anche al Senato, è attesa ormai da quasi 50 anni.
“Le forze politiche concordano all’unanimità sull’importanza di questa legge, ci aspettiamo sia approvata senza particolari problemi”, sostiene Susanna Marietti, coordinatrice nazionale dell’Associazione Antigone.
In effetti l’accoglimento della norma è stato piuttosto tortuoso. Diversi sono stati i tentativi con cui la giurisdizione italiana ha tentato di colmare fino a oggi il rapporto di continuità affettiva tra madri e minori nelle carceri italiani da un punto di vista legislativo. Il primo risale al 1975, con la legge n. 354 dal titolo “Norme sull’ordinamento penitenziario e sull’esecuzione delle misure privative e limitative della libertà”. La Legge Siani, discussa a Montecitorio il 30 maggio e approvata solo pochi giorni fa con 241 voti favorevoli e 7 contrari, propone ora di colmare le lacune sui diritti infantili che prima la legge 354, poi la Legge Gozzini del 1986, a seguire la Simeoni-Saraceni del 1998 e infine la legge n.62 del 2011 non sono riuscite ad affrontare.
MaI più bambini in carcere
La legge del 2011 stabilisce che le madri detenute possano convivere con figli maggiori di 6 anni, contro i 3 previsti in precedenza. Secondo la legge italiana attualmente in vigore, i bambini con meno di 6 anni sono destinati invece agli Istituti a custodia attenuata per madri (Icam). Il valore aggiunto della Legge Siani rispetto ai testi passati è fornire un’alternativa sia per i minori sia per le donne proponendo invece il modello “casa famiglia”, per cui già nel 2021 furono stanziati 4,5 milioni tramite la Legge di Bilancio.
Se la Legge Siani avesse l’ok definitivo nelle prossime settimane, donne e bambini potrebbero scontare quindi la pena presso le Case Famiglia protette, come soluzione possibile alle sezioni Nido delle carceri femminili.
In questo modo sarebbe riconosciuto e normato il divieto assoluto della custodia cautelare in carcere in ogni accezione di maternità, anche per le donne incinte. In presenza di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, però. sarebbe comunque previsto il ricorso agli istituti a custodia attenuata per le detenute madri.
Oltre alle numerose leggi che proponevano di disciplinare la genitorialità femminile dietro le sbarre, a dicembre 2021 il Ministero della Giustizia si è mosso anche per il rinnovo di un protocollo d’intesa con l’Agia e Bambinisenzasbarre Onlus, per tutelare il diritto alla genitorialità. La “Carta dei diritti dei figli dei genitori detenuti”, prima nel suo genere in Europa e in Italia, prevedeva per esempio che le autorità giudiziarie fossero sensibilizzate e invitate a una serie di azioni a tutela dei diritti dei figli minorenni delle detenute. Per questo motivo l’accordo spronava a promuovere iniziative in materia di custodia cautelare, di luoghi di detenzione, di spazi bambini nelle sale d’attesa e di colloquio, di visite in giorni compatibili con la frequenza scolastica, di videochiamate, di formazione del personale carcerario che entra in contatto con i piccini, di informazioni, assistenza e supporto alla genitorialità.
Detenzione al femminile
Stando all’Associazione Antigone, erano 2.250 le donne presenti negli istituti penitenziari italiani al 31 gennaio 2021, pari al 4.2% del totale della popolazione detenuta e, a giugno 2020, si contavano 33 bambini nelle carceri italiane. Oggi sono 20 le donne con figli su 54.618 detenuti senza tutela (fonte: Ministero della giustizia). “Oggi se la donna ha un figlio piccolo o il bambino non ha nessun’altro che lo tuteli, è scontato che l’unica alternativa per lui possibile sia il carcere accanto a sua madre” – spiega Susanna Marietti – “È una situazione che lede il diritto costituzionale ed è necessario minimizzare le ripercussioni che il fenomeno ha sulla vita dei bambini, proponendo misure cautelari diverse da quelle in carcere”.
Il problema principale sulla destinazione dei figli delle detenute è che molte donne sottoposte a giudizio spesso non hanno un domicilio stabile dove scontare la pena o una residenza che risponda ai requisiti richiesti dai magistrati. Oggi in Italia infatti sono quattro le carceri femminili presenti sul territorio italiano (a Trani, Pozzuoli, Roma e Venezia) mentre l’unico Icam non dipendente da un carcere ordinario si trova a Lauro. Gli altri Icam, affiliati al Ministero della Giustizia, sono 7: si trovano a Torino, nel carcere di Rebibbia a Roma, Salerno, Venezia, a Milano Bollate, Foggia e Lecce. “In questo caso dev’essere la magistratura di sorveglianza a intervenire ed evitare al minore periodi di detenzione il più brevi possibili” – prosegue Marietti – “Per questo riteniamo che una soluzione adeguata per far fronte al fenomeno sia la costruzione di case famiglie protette, perché altrimenti fino a ora il magistrato non era in grado di poter individuare un alloggio adeguato per le detenute. Resta il fatto che per noi questa legge doveva essere approvata almeno 15 anni fa, meglio tardi che mai”.
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