Famiglia

Bambini in aereo: a chi va il cartellino rosso?

di Benedetta Verrini

Ho letto con sgomento la notizia di un padre invitato a scendere dall’aereo con il suo bimbo di tre anni perché il piccolo disturbava gli altri passeggeri. Le compagnie aeree, si sa, in questi anni hanno derubricato il customer care e se appartieni a una categoria appena un minimo fragile rischi – nella migliore delle ipotesi – di essere imballato direttamente nella stiva.

Poi ho ricostruito la vicenda nel dettaglio e, devo ammetterlo, mi sono ricreduta. I fatti: un volo Alaska Airlines sta per decollare e le hostess invitano i passeggeri a spegnere tutti i dispositivi elettronici. Quando gli viene imposto di chiudere il lettore dvd, il piccoletto s’inalbera di brutto: diventa molesto al punto da ricevere il cartellino rosso. La vicenda è il corollario di un sondaggio Skyscanner su quanto le compagnie aeree sappiano essere family friendly (risultato: per niente) in cui si conferma che il 13% dei genitori ha dovuto gestire crisi dei propri figli quando il personale di bordo ha imposto lo spegnimento di dvd player e altri dispositivi utilizzati proprio “per tenerli occupati”.

Massima solidarietà: i piccoli in viaggio possono diventare davvero un castigo divino (la domanda che tutti ci sentiamo porre ogni tre minuti, “Quanto manca?”, è diventata pure un blog dedicato!). Però è anche vero che se il bambino non si riesce a staccare dal ciuccio elettronico, il problema non è della “cattiva” compagnia aerea, ma della famiglia.

Non sono pochi i genitori che, negli ultimi anni, hanno scelto di installare dvd player addirittura nei sedili della macchina: i bambini partono felici e si guardano tre ore di cartoni, magari pure con le cuffie, ed è come non averli. Ecco, appunto. Non sarà che si cerca un po’ troppo di riempire i loro tempi morti, in modo che non impattino su di noi?

Sarà che sono figlia degli anni Settanta e ho ricordi di viaggi eroici in macchina attraverso l’Italia, con la noia che faceva correre lo sguardo sui paesaggi e portava tante domande, la fantasia che abbozzava storie, tra giornaletti e cruciverba e canottiere che si appiccicavano al rivestimento rovente dei sedili.

Dunque sbaglierò, ma penso che il viaggio sia un’esperienza da vivere, anche nella sua intollerabile lunghezza, e penso che possa essere preziosa per un bambino. Ad esempio, nel fargli comprendere che le sue esigenze sono importanti, ma non sono al centro delle dinamiche della famiglia e del resto del mondo. Oppure che sta condividendo un’avventura importante che lo porterà in un luogo nuovo e sconosciuto. E infine, accidenti, qualche libro glielo si può pure mettere in mano, qualche favola gliela si può pure raccontare: sono a costo quasi zero e non compromettono l’elettronica di nessun velivolo…

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