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Bambini e cage fighting, una storia assurda

Un reportage pubblicato dal Daily mail svela la realtà del combattimento a mani nude e in gabbia di bambini anche di 5 anni: abbiamo chiesto al campione mondiale dei massimi Clemente Russo e al guru del Jiu jitsu brasiliano Andrea Baggio la loro opinione. Poi tocca a voi commentare

di Daniele Biella

“Che brutta roba”. “Una manica di genitori invasati”. Sgomberiamo subito il campo dai dubbi: a Clemente Russo, ‘Tatanka’, campione del mondo pesi massimi di Pugilato, e Andrea Baggio, maestro di Jiu Jitsu brasiliana e uno dei maggiori esperti di Mma, Mixed martial arts (Arti marziali miste) in Italia, il child cage fighting, combattimento tra bambini in gabbia che sta spopolando negli Stati Uniti d’America, non piace proprio.

Tutto inizia con il reportage fotografico pubblicato non molto tempo fa dalla testata inglese Daily mail, realizzato dal reporter Sebastian Montalvo, che per settimane ha girato gli States per conoscere in prima persona i piccoli protagonisti dei ‘combattimenti nella gabbia’ e i loro padri (qui il link): l'inchiesta ha fatto il giro del mondo, suscitando enorme scalpore e dividendo molto: in una maggioranza di commenti di ripudio (le immagini dei volti dei bambini sono davvero impressionanti), non sono mancate però le voci a favore di tale pratica, che prevede anche l’accesso al ring da parte di bambini di soli 5 anni di età. “Quale modo migliore per fare apprendere a mio figlio come difendersi nella vita?”, ha scritto il padre di un cage fighter di 6 anni  nei commenti al servizio del Daily mail.

“Ma siamo impazziti? Pratico box da quando avevo 10 anni, ora ne ho 31 e ho litigato per strada una sola volta nella mia vita: gli sport come le Mma e il pugilato ti fanno imparare la disciplina necessaria per evitare di fare a botte nella vita, non il contrario. Questo sarebbe da scrivere a caratteri cubitali ovunque”. Clemente Russo, recente leader mondiale dei pesi massimi, napoletano, volto noto di tv e cinema (di lui parla Roberto Saviano in ‘La bellezza e l’inferno’, da cui nel 2011 è stato tratto il film Tatanka, appunto) e padre di tre figlie, una di 27 mesi e due gemelline di cinque mesi, non è uno che fa questioni di principio. Del resto, cercare di andare oltre gli scatti fotografici di Montalvo non è questione di puritanesimo o di facile scandalo: per questo siamo andati a cercare chi, come Russo o Baggio, 35 anni, fondatore della scuola Milanimal a Milano e commentatore televisivo di quasi tutto quello che passa negli schermi italiani che sia legato alle Mma, non si ferma alle impressioni ma punta dritto ai contenuti. “E’ vero, conciare con dei capelli così i propri figli è roba da matti. Ma il problema vero è l’approccio alla disciplina, il valore educativo che vuoi passare a tuo figlio: una scelta del genere è da invasati, è un punto di non ritorno che non ha niente a che vedere con lo sport”, sottolinea Baggio.

Parlando di genitori, Russo va giù duro: “Portare i propri figli, così piccoli, nella gabbia del cage fighting è da malati, significa che i padri hanno riversato i propri sogni repressi su di loro. Probabilmente è gente che avrebbe voluto praticare le Mma ma non ha mai avuto le palle per farlo”. C’è un’età per tutto, alla fine: “a 8 anni, o anche prima, si può iniziare con le basi del judo, poi la lotta e le arti marziali, a 14 anni il pugilato: ma mai far salire sul ring un bambino di 5 anni, è controproducente sotto ogni punto di vista”, aggiunge il campione mondiale. Baggio conferma: “l’inizio, a 8-9 anni, avviene in modo morbido, per divertirsi, per capire attraverso le arti marziali come muoversi nello spazio, migliorando la visione laterale, per esempio. Da secoli, infatti, lotta e pugilato fanno parte della tradizione sportiva come discipline educative sotto ogni aspetto”.

Per ora la child cage fighting sembra rimanere circoscritto agli Stati Uniti, “ma attenzione, noi siamo un popolo modaiolo e pian piano potrebbe arrivare fino a qui”, avverte Russo, “nonostante per ora sarebbe del tutto illegale, la Sanità e chi fa le regole non darebbe il nulla osta per una roba del genere”. Meno preoccupato Baggio: “In Italia non esiste, tale pratica con i bambini non troverebbe seguito. È una questione culturale: ho girato per anni negli Usa, posso tranquillamente affermare che l’americano medio non ha spirito critico, sebbene in generale abbia una cultura sportiva pazzesca che è capace di generare figli campioni ma, al rovescio della medaglia, figli completamente frustrati”. Per Sky Italia il maestro di Jiu jitsu brasiliano e Mma ha lavorato per due anni come commentatore dei tornei del circuito Ufc, Ultimate fighting championship, ovvero la quintessenza delle Arti marziali miste: “un ottimo prodotto, dove naturalmente i combattenti erano adulti. Ma molto crudo, per questo il pubblico italiano non l’ha premiato con gli ascolti”. Forse sì, in Italia il child cage fighting non arriverà, e menomale. Ma gli sguardi di quei bambini, in fondo, non hanno nazionalità, e chi li mette dentro quelle gabbie, sebbene dove accade sia legale (ogni denuncia di cittadini statunitensi indignati è finita nel vuoto, la polizia non ha mai ritenuto necessario perseguire gli organizzatori, come si può leggere in molti report disponibili sul web), per dirlo con le parole di ‘Tatanka’ Russo, “sta compiendo un’enorme stupidata”.

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