Cultura

Bagdad. Il vescovo accusa. I cattolici iracheni? Per gli Usa non esistono

Monsignor Warduni attacca l’amministratore americano Paul Bremer: "Non ci ha neppure invitati al tavolo del futuro Iraq".

di Riccardo Bonacina

Il suo predecessore, Raphael I Bidawid, alla vigilia della guerra angloamericana aveva avvertito: “Il popolo iracheno non può più sopportare altre sofferenze: è sopraffatto da dodici anni di dolore e di tribolazioni. E ora incombe una nuova minaccia di distruzione e d?annientamento. Un nuovo conflitto sarebbe la fine”. Il sinodo dei 22 vescovi caldei, riunitosi sino a pochi giorni fa, non ha ancora deciso chi sarà il successore di Raphael I Bidawid, patriarca caldeo a Bagdad, scomparso lo scorso giugno; ha però scelto chi è l?amministratore patriarcale caldeo che ne svolge, per ora, tutte le funzioni. E la scelta è caduta su monsignor Ishlemon Warduni, che di Bidawid è stato vescovo ausiliare proprio a Bagdad. E monsignor Warduni riparte proprio da lì, da quelle parole di Bidawid. Del resto lui non ha mai smesso di esprimere la coscienza della Chiesa cattolica caldea rispetto alla guerra prima minacciata e poi combattuta, la sua è stata una voce capace di farsi sentire anche sotto le bombe. Leggete il suo libro intervista con Aldo Maria Valli e Riccardo Caniato dal titolo perentorio e senza ambiguità: Dio non vuole la guerra in Iraq (ed. Medusa). Monsignor Ishlemon Warduni guida oggi 650mila cattolici caldei (i cristiani in Iraq sono in tutto poco meno di 1 milione): è ciò che resta di una moltitudine di 80 milioni, tanti erano i cristiani iracheni nel IV secolo, frutto di una evangelizzazione iniziata dall?apostolo Tommaso. Nato sessant?anni fa in un villaggio a pochi chilometri da Massoul, occhi azzurri dietro le grandi lenti, monsignor Warduni non riesce a nascondere sentimenti, sorprese e amarezze. “Ero e sono contro la guerra. Avevamo detto, con il Papa, che la guerra non risolve i problemi, li aumenta. E così è stato”. Vita: Monsignore, siete state liberati, l?1 maggio è caduto uno dei regimi più odiosi nel mondo… Ishlemon Warduni: E voi la chiamate libertà? Venga a Bagdad a vedere e a piangere con noi. è stato distrutto tutto, nella gran parte del Paese non c?è elettricità, manca acqua potabile, manca il gas, non c?è sicurezza, gli estremisti hanno ripreso fiato, c?è il coprifuoco, non possiamo neppure andare all?estero, viviamo in una grande prigione? Devo continuare? Vita: Si stava meglio quando si stava peggio? Warduni: No, non mi faccia dire questo. Noi, come tutti gli iracheni, abbiamo sofferto per primi le follie della dittatura e la sua violenza. Ma se gli Usa avessero voluto, potevano vincerlo, piegarlo senza la guerra. Hanno venduto le armi all?Iraq incamerando il nostro denaro, poi le hanno distrutte usando ancora il nostro denaro, ora dovranno ricostruire con i soldi derivanti dal nostro petrolio. Le stime dell?amministratore civile Paul Bremer sono di almeno 50 miliardi di dollari, ma saranno molti di più secondo il Congresso americano. Con meno di un decimo di questo denaro, gli Usa potevano pagare borse di studio a tutti i giovani iracheni? e il regime di Saddam sarebbe imploso senza nessuna bomba e nessuna vittima. Vita: La guerra in Iraq ha mietuto più vittime da quando è finita che non prima, quando veniva combattuta. Sorpreso? Warduni: No. Noi vescovi avevamo dato dei consigli agli angloamericani. Avevamo detto loro: proponete al popolo di comprare le loro armi, non limitatevi ad irruzioni isolate. Ma non l?hanno fatto con il risultato di continuare ad affamare il popolo e di non risolvere il problema della sicurezza e del contrabbando di armi. Avevamo detto loro: collaborate con gli iracheni, e invece hanno sciolto qualsiasi forma di istituzione e di aggregazione con il risultato di non riuscire a governare. Avevamo detto loro: fate capire subito che il domani sarà migliore, e invece hanno portato armi ma non generatori. Vita: Nel dopo Saddam sono aumentati i problemi per la comunità cristiana? Warduni: Viviamo giorni in cui gli estremisti islamici hanno più fiato. Io personalmente mi sto adoperando per la nascita di un Comitato per il dialogo interreligioso, sto lavorando con i rappresentanti della maggioranza sunnita e sciita. Per i cristiani oggi c?è un problema di sicurezza in più, tra i nuovi business della criminalità ci sono i rapimenti a fini di riscatto (ad agosto ne sono avvenuti 24), e i cristiani sono tra i preferiti perché pensano che siamo i più ricchi. Vita: Monsignore, avete paura di uno Stato teocratico musulmano? Warduni: La maggioranza degli iracheni non lo vuole. Certo, dipenderà anche dalla perizia con cui si muoverà l?attuale amministrazione civile. Pochi giorni fa, per esempio, ho scritto a Paul Bremer per rivendicare il fatto che la comunità dei cattolici caldei sia rappresentata nei tavoli in cui si discute del nuovo Iraq. Non ci hanno neppure invitati. Non mi sembra un buon inizio se si vuole un Iraq plurale in cui sia garantita la libertà religiosa. Vita: Con che speranza monsignor Warduni guarda al futuro? Warduni: Il cristianesimo è speranza, speranza in Dio e negli uomini di buona volontà. è tale l?ansietà con cui viviamo in una situazione che peggiora di giorno in giorno, che se non praticassimo la virtù della speranza, che sola ci permetterà di contribuire al futuro del nostro Paese, le nostre chiese sarebbero già chiuse. Invece sono luoghi aperti a tutti, come quando ci bombardavano. Vita: Negli Stati Uniti e in Europa qualcuno sostiene che la guerra all?Islam è condizione necessaria per difendere il cristianesimo. Warduni: Il cristiano non ha bisogno né di bombe né di difensori. Se il cristiano vive la sua fede si difende da sé (e lo dico avendo presente i miei poveri cristiani d?Oriente) perché il Signore ascolta le nostre preghiere. Non bisogna cadere nel fanatismo per combatterlo.


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