Economia

B-Corp, servono linee guida condivise per dare i voti alle aziende

Un evento proposto dal Gruppo di ricerca Tiresia dal titolo “Misurare l’impatto nell’ecosistema dell’innovazione sociale: le B-Corp” ha cominciato un dibattito sull’attività di misurazione dell’impatto sociale delle aziende per provare a trovare uno standard condiviso. Ne abbiamo parlato con Mario Calderini, uno degli organizzatori.

di Lorenzo Maria Alvaro

Gruppo di ricerca Tiresia, del Dipartimento di Ingegneria Gestionale del Politecnico di Milano ha proposto il convegno “Misurare l’impatto nell’ecosistema dell’innovazione sociale: le B-Corpper cominciare a discutere le modalità di misurazione del'impatto sociale delle imprese. «Lo scopo era appunto cominciare un dibattito per provare a trovare uno standard di misura e stabilire che governance deve determinarlo» spiega a Vita.it, il prof. Mario Calderini, tra gli organizzatori del'appuntamento.

Con Tiresia avete proposto al Politecnico un incontro sull’impatto dell’impresa sociale. Perché?
Il motivo è questa importante e sorprendente innovazione legislativa sulle B-corp. Mentre è da un anno che si discute dell’impresa sociale all’interno della Riforma del Terzo Settore con posiizoni molto prudenti, in sordina è uscita questa norma nella Legge di Stabilità che, da un certo punto di vista, scavalca a destra la riforma. E la cosa interessante è che si tratta di uno dei tantissimi esempi che dimostra come la domanda, su questo tema, si sta allargando. Sia nel Terzo Settore che nel mondo profit. Abbiamo ad esempio le start up a vocazione sociale, le società benefit e una riforma molto attesa in Parlamento in attesa di un definitivo ok.

Quale l’obbiettivo dei lavori?
L’incontro aveva un taglio tecnico specifico. L’Italia è il primo stato sovrano che introduce le società benefit per legge. Uno sforzo per accogliere un fenomeno esistente che è quello delle B-corp. Si tratta di una certificazione esterna che facendo un’analisi per capire che impatto sociale produce una certa azienda determina se può o meno considerarsi B-Corp. Questa cosa era possibile già prima della legge. Con la legge si è ritenuto di definirne l’esistenza. Lasciando però aperta una questione fondamentale, che è stata l’oggetto del convegno: in che modo si misura l’impatto sociale dell’impresa. Non c’è uno standard definito e univoco. Bisogna trovarlo. Lo scopo del nostro incontro era appunto cominciare un dibattito sull’attività di misurazione per provare a trovare uno standard di misura e stabilire che governance deve determinarlo.

In che senso che governance?
Gli standard si possono definire in tre modi: può essere lo Stato ad imporlo, può essere una società di consulenza che diventa certificatore unico oppure un modello misto che vede un partnerariato tra soggetti pubblici e privati che si incontrano, discutono e partoriscono uno standard condiviso. Inutile dire che trovo più interessante l’ultima possibilità.

Avete già un idea di massima di come debba essere questo standard?
Idee definitive non ci sono. Ma c’è un’idea di metodo. Non servono liste di indicatori chiuse. Bisogna trovare delle linee guida che indichino la giusta strada per certificarsi. Questo per la varietà dei temi su cui lavorano le B-Corp. Indicatori sintetici per tutti sarebbero deleteri. Abbiamo bisogno di grandi temi. Gli indicatori specifici li definiamo di volta in volta

Per il Terzo settore cosa significa questa innovazione?
La mia idea è che sia una questione po’ esterna al Terzo Settore. C’entra poco insomma. Interesserà moltissimo il mondo profit. Al contrario però se fossi il Terzo settore guarderei con grande interesse questa trasformazione perché ha molto a che fare con valori e modelli di business propri del non profit. Un cambiamento che da atto di una trasformazione che sta avvenendo. E che deve essere intercettata.

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.