Politica e povertà

Azzardo, nel 2024 sarà record assoluto

Il sottosegretario all’Economia Freni, in risposta a un’interrogazione parlamentare, ha svelato a quanto ammonta la raccolta del gioco d’azzardo nei primi sette mesi del 2024: 90 miliardi di euro. Maurizio Fiasco, presidente Alea: «Quest’anno si supereranno i 150 miliardi di euro, ancora più dei 148 del 2023, già record assoluto»

di Ilaria Dioguardi

Dall’1 gennaio al 31 luglio 2024 la raccolta del gioco d’azzardo è stata di 90 miliardi di euro. L’ha dichiarato il sottosegretario all’Economia Federico Freni, rispondendo ad un’interrogazione parlamentare presentata dal deputato del Partito Democratico Virginio Merola. La previsione entro la fine dell’anno è di superare i 150 miliardi di euro. L’anno scorso già c’era stato un record assoluto, con 148 miliardi di euro. «Personalmente, non sono sorpreso da questi numeri», dice Maurizio Fiasco, sociologo, presidente dell’Associazione per lo studio del gioco d’azzardo e dei comportamenti a rischio, Alea.

Fiasco, perché non è sorpreso?

Come ben sanno i concessionari del settore, è aumentata la spesa dei giocatori patologici. E c’è ancora tanto da spremere! In questi 20 anni si è ampliata la base complessiva e di conseguenza si è dilatata con progressione geometrica l’area dei giocatori problematici: sono questi ultimi il vero motore dell’industria del gambling. L’80% dei profitti si ricavano da loro. Del resto, grazie alla dipendenza patologica, il fenomeno si autoalimenta senza più bisogno di pubblicità: può contare sull’addiction quale fattore competitivo. Se altri beni di consumo, nell’economia normale, attraversano una fase di diffusione, seguita dalla stagnazione e infine dal declino (normale ciclo del prodotto) al contrario l’economia del gioco d’azzardo sfugge a questa legge del mercato.

Maurizio Fiasco

Perché non avviene nel gioco d’azzardo?

Perché la domanda crescente di gioco d’azzardo non proviene in modo naturale dal mercato, ma per l’appunto deriva da una dipendenza patologica di massa. Ecco che non serve la pubblicità. Il sistema si alimenta da solo, poiché manca ogni regola contenitiva da parte dello Stato. Né Parlamento né governo intendono ridimensionare questa deriva. Nonostante tutto. Eppure, l’evidenza del danno che il gioco d’azzardo arreca alla salute è ormai certificata e codificata con il Decreto Balduzzi del 2012, e con i nuovi Livelli essenziali di assistenza dal 2017. Quanto allo Stato, far cassa con la sofferenza delle famiglie dei malati di azzardo è una vera e propria devianza dalla Costituzione. Se davanti a un danno dimostrato alla salute, si continua ad alimentare la violazione dell’articolo 32 della Costituzione (la Repubblica tutela la salute come diritto fondamentale del cittadino) il pericolo riguarda la stessa democrazia. Spero, perciò, che non restino lettera morta le proteste levatesi all’annuncio dei nuovi sconcertanti dati. Tuttavia, non mi pare che il governo sia rimasto granché turbato dal monito della Consulta nazionale antiusura e di don Armando Zappolini, portavoce della campagna “Mettiamoci in gioco”.

La Consulta nazionale antiusura San Giovanni Paolo II e la Campagna “Mettiamoci in gioco” hanno denunciato che, probabilmente, l’azzardo potrebbe avvicinarsi ai 160 miliardi di euro di raccolta nel 2024.

È una proiezione intuitiva, sarebbe l’8% in più del 2023. Il flusso di miliardi e miliardi di euro aumenta senza fine.

In questi 20 anni si è ampliata la base complessiva e, di conseguenza, si è dilatata con progressione geometrica l’area dei giocatori problematici: sono questi ultimi il vero motore dell’industria del gambling

Cos’altro pensa davanti ai numeri presentati da Freni?

Ha esposto dei valori “monetari”, ma che documentano un comportamento di massa e, dunque, la condizione esistenziale delle persone. I miliardi di euro contabilizzati sono la misura del denaro che entra ed esce dalla “megamacchina sociale” del gioco. Alla quantità dei soldi corrisponde, inoltre, una misura possibile del tempo di vita del popolo giocatore. Quanto ne viene consumato per scommettere, inserire denaro nelle slot machine, grattare tagliandi di lotteria ecc. attesta il mutare dei comportamenti quotidiani. Ovvero la diffusione della patologia e l’alterazione dei rapporti tra le persone. Non è indifferente, infatti, l’impiego del tempo di vita.

Ovvero?

Se le persone passeggiano per gli acquisti o trascorrono un fine settimana in famiglia, o prolungano un giorno in più le vacanze estive, invece di spendere i soldi alle slot machine, al gratta e vinci, ai giochi d’azzardo online. Un giorno di villeggiatura di una famiglia (considerando che in Italia 30 milioni di persone non fanno neanche uno) è dedicato agli affetti, che si traducono in capitale sociale, in benessere.

Il sottosegretario all’Economia Federico Freni parla di una raccolta che, in proiezione, quest’anno andrà molto sopra i 148 miliardi di euro dello scorso anno, già record assoluto.


Si andrà sicuramente al di sopra del 150 miliardi di euro.

Il boom del gioco d’azzardo digitale (il 70% del totale oggi) non è valso a sostituire quello che si pratica attraverso la distribuzione sul territorio. L’online ha rilanciato anche il gioco d’azzardo “fisico”

Tra il 2004 e il 2023 la raccolta complessiva nel settore azzardo è stata di circa 1.617 miliardi di euro, un valore che è pressoché pari al valore del Pil italiano del 2021.

Sono numeri che aiutano a percepire quanto sia ingombrante il settore. Senza farci intrappolare dalle cifre iperboliche dei numeri, entriamo meglio nello stesso concetto di patologia. Vi è quella definita da un profilo clinico, come una patologia psichiatrica, o come un disturbo nel comportamento. E c’è una disfunzione, al di là di diagnosi clinica: i comportamenti che vengono indotti dal gioco d’azzardo si distribuiscono su una gamma importante di situazioni: conflitti intrafamiliari, trascuratezza dei minori, disattenzione agli obblighi di assistenza dei congiunti. Infine, vi è la sinergia tra il gioco d’azzardo legalizzato e quello clandestino. Lo si comprende attraverso il Tcm, Total Consumption Model.

Ci spieghi meglio.

Osserviamo la dimensione del consumo totale, gli oltre 150 miliardi di euro. La base per segmentare il mercato. Il boom del gioco d’azzardo digitale (il 70% del totale oggi) non è valso a sostituire quello che si pratica attraverso la distribuzione sul territorio. L’online ha rilanciato anche il gioco d’azzardo “fisico”. Le scommesse online, i casinò via internet, i gratta e vinci digitali hanno dato nuovo smalto alle slot machine, alle scommesse al botteghino e alle lotterie istantanee con tagliando di carta. I canali dell’online hanno dapprima aiutato la ripresa post-Covid del gioco d’azzardo, per poi ridare linfa a quello che troviamo nelle strade, nelle piazze, nelle stazioni ferroviarie, nei centri commerciali e così via. È un circolo vizioso.

I comportamenti che vengono indotti dal gioco d’azzardo si distribuiscono su una gamma importante di situazioni: conflitti intrafamiliari, trascuratezza dei minori, disattenzione agli obblighi di assistenza dei congiunti

Ora che il deputato Merola ha interrogato il governo su un fenomeno su cui è importante tenere alta l’attenzione, cosa sarebbe urgente fare?

Nella XVI legislatura era attivo un intergruppo parlamentare sui rischi del gioco d’azzardo composto da 120-130 tra deputati e senatori. Nella primavera scorsa era stato lanciato un appello perché si ricomponga. Mi pare però che sia tutto fermo. Nel frattempo, si assiste anche a un cambio di orientamento dell’Anci, l’Associazione Nazionale dei Comuni italiani, e della Conferenza delle Regioni.

Quale cambio di orientamento?

Le regioni che 12 anni fa, subito dopo il decreto Balduzzi, avevano legiferato per cercare di contenere il gioco d’azzardo con restrizioni di orari, di spazi ecc. con una “inversione a u” stanno chiedendo adesso che una parte del gettito fiscale degli azzardi di Stato (il 4%) venga dirottato nelle loro casse. L’Anci si sta orientando verso una proposta analoga. Nel 2017 avevano espresso la loro contrarietà, per non venire condizionati nell’emanare leggi e regolamenti sulla materia. Oggi, con una giravolta ridimensionano le loro stesse leggi, approvate con entusiasmo e all’unanimità, dopo il decreto Balduzzi del 2012. Poi c’è un’altra aggravante.

Quale?

Con l’istanza di ricevere una quota finanziaria dai giochi di Stato si ripete una classica “ingiunzione a doppio vincolo“, ovvero una prescrizione alla quale si può obbedire solo violandola. Tali fondi dovrebbero servire per la presa in carico delle persone in condizioni di dipendenza. Per curare i giocatori d’azzardo, occorre avere i soldi da parte del gioco d’azzardo. Se diminuiscono i proventi, perché il gioco d’azzardo nel territorio del singolo comune o della singola regione si ridimensiona, di conseguenza cala l’ammontare dei fondi per curare il gioco d’azzardo. Se le persone non giocano d’azzardo e non si ammalano, io non avrò i soldi per curare l’azzardo. Questo è un doppio vincolo: il gioco deve continuare per finanziare la cura del gioco. È una novità grave, poco evidenziata, che sta prendendo piede tra le regioni e i comuni.

Foto d’apertura di Steve Sawusch su Unsplash. Foto dell’intervistato

Cosa fa VITA?

Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è  grazie a chi decide di sostenerci.