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Azzardo, mafie e pandemia: una lezione da non sottovalutare

Il legame tra azzardo e pandemia, al pari di quello tra azzardo e crisi sfugge dalle facili correlazioni. Dopo il lockdown, l'azzardo, come il cavallo di Troia, diventa il dispositivo perfetto per il riciclaggio sistemico. La denuncia della Direzione Investigativa Antimafia e dell'unità di intelligence della Banca d'Italia

di Marco Dotti

Il legame tra azzardo e pandemia. così come tra azzardo e crisi sfugge da sempre alle facili correlazioni. Soprattutto ora che, dopo tre mesi di chiusura a causa del Covid-19, la mega-macchina dell'azzardo predatorio legalizzato è sul punto di ripartire.

Che cosa è successo in questi tre mesi di chiusura? Cosa, presumibilmente, accadrà?

La spirale sociale ed economica regressiva

La funzione ludica, prevalente nei momenti di progresso sociale, andrebbe distinta da quella che affiora nei periodi di crisi. Se in quella ludica si ha l’esplicitazione di una condizione di benessere (prevale comunque una certa socialità), in un funzione prettamente biologica, tipica dei periodi di crisi, si assiste alla pura compensazione di un malessere.

Uno spostamento – individuale e collettivo – dalla prima alla seconda funzione, dà luogo a spirali regressive. Soprattutto se a prevalere sono giochi d’alea e di vertigine (awp, vlt, lotterie istantanee), alla portata di tutti. Giochi modellati su quel giocatore senza qualità a cui si chiede un solo e unico sforzo: giocare. L'algoritmo e la macchina faranno il resto.

I momenti di crisi, segnati da disoccupazione crescente e contrazione di redditi e consumi, sono un momento propizio per il business dell'azzardo perché il gambling opera come un potente, ancorché illusorio, riequilibratore secondo delle dinamiche che già Matilde Serao aveva individuato nelle sue inchieste sull'incremento delle giocate dopo l'epidemia di colera che colpì Napoli nel 1884.

L'azzardo di massa diventa allora, come scrisse Serao, «l’idea fissa dei cervelli infuocati, la grande visione felice che appaga la gente oppressa, la vasta allucinazione che si prende le anime». Questo dal punto di vista soggettivo e sociologico.


Money (laundering) for all: la grande ambiguità istituzionale

La pandemia ha scombinato tutto. Il nostro sguardo, allora, dalla prospettiva del soggetto (il giocatore), deve concentrarsi sul sistema. Perché nel sistema e nella sua configurazione (questa è la convinzione di chi scrive) sta il problema.

L'azzardo di massa che, nei periodi pre-crisi nel solo circuito legale movimentava complessivamente 110 miliardi di euro [dati ADM, relativi all'anno 2019], oltre che un moltiplicatore di diseguaglianze e un fattore di incremento della povertà diffusa, è oramai diventato un immenso cavallo di Troia a disposizione della criminalità organizzata. Nazionale e transnazionale.

Le mafie penetrano sempre più nell'economia legale e, grazie all'architettura italiana dell'azzardo, possono trovare terreno fertile per rafforzare quella zona grigia che diventa terreno di collusione sistemica, complicità istituzionale e interscambio di favori.

Due report, molto importanti, illuminano il problema. Il primo è dell'Unità di Informazione Finanziaria (UIF), struttura di intelligence della Banca d'Italia dove confluiscono le segnalazioni sui flussi finanziari anomali, sospetti di riciclaggio e finanziamento di terrorismo. Il secondo è la Relazione semestrale della Direzione Investigativa Antimafia, presentata venerdì 17 al Parlamento (trovate entrambi i documenti in calce all'articolo).

L'UIF, nel suo rapporto, osserva come le attività di riciclaggio realizzate attraverso operazioni di interscambio commerciale (trade-based money laundering) sono oggi al centro dell'attenzione di tutti i Paesi europei. Si tratta di operazioni nelle quali si riscontrano sofisticate pratiche di importazione o esportazione di beni con regolamenti sovra o sotto fatturati. Ebbene, «dagli scambi con controparti estere emerge che la criminalità organizzata è particolar mente attiva anche nella gestione di attività di gioco su scala transnazionale».[1]

Un dato su tutti dovrebbe far riflettere: nell’Unione europea il settore dei giochi è stato caratterizzato da una rapida crescita e nel 2020 si stima che il fatturato del solo comparto online possa raggiungere i 25 miliardi di euro (ammontava a circa 16,5 miliardi di euro nel 2015), «mentre quello su rete fisica – sie legge nel Rapporto – è stimato pari a circa 82 – 84 miliardi di euro». Ma si tratta di una sottostima, se consideriamo che solo in Italia il fatturato legale, da dati pubblici, ammonta a 110 miliardi di euro per il 2019!

Numeri a parte, il settore dei giochi e delle scommesse viene individuato dall'intelligence della Banca d'Italia tra «quelli esposti a significativi rischi di riciclaggio e finanziamento del terrorismo. L’attenzione è rivolta sia ai servizi di gioco tradizionali (raccolta e gestione di scommesse, sale bingo, casinò, slot machine, lotterie, poker) sia a quelli prestati online».

Le minacce, spiegano gli analisti di UIF, provengono prevalentemente da: a) infiltrazioni nella proprietà di esponenti della criminalità organizzata; b) manipolazione di partite per determinare il risultato e alterare le scommesse; c) acquisto di biglietti vincenti o realizzazione di scommesse sicure utilizzando diversi conti e puntando su ogni possibile risultato al fine di ridurre o eliminare la possibilità di perdita; d) acquisto di fiches, tokens o trasferimento di risorse tra conti di gioco; e) sviluppo di piattaforme online non autorizzate da parte di organizzazioni criminali».[2]

Sul piano interno, il settore dei giochi e delle scommesse «risulta appetibile per la criminalità organizzata, presente su quasi tutta la filiera, ivi compresa la gestione e il noleg»gio degli apparecchi di gioco».[3]

L'intera filiera dell'azzardo risulta così permeabile alla criminalità, fatto che pone un problema molto serio in termini di sicurezza e stabilità nazionale, oltre che territoriale. Soprattutto in conseguenza della pandemic disruption conseguita ai mesi di lockdown, dove le organizzazioni criminali, a causa del blocco, si sono trovate in crisi per eccesso di liquidità non riciclabile attraverso i canali consueti.

«Uno scenario post-bellico»

Benché relativo al 2019, la Relazione della DIA contiene una premessa di scenario su ll'impatto del COVID-19 sulle attività illecite nel nostro Paese. La pandemic disruption innescata dal COVID può indurre paralisi economica e – si lette nel Rapporto – proprio « l’aspetto della paralisi economica, che in questo caso ha assunto dimensioni macro, e può aprire alle mafie prospettive di espansione e arricchimento paragonabili ai ritmi di crescita che può offrire solo un contesto post-bellico».[4]

La Relazione della Dia parla di un doppio scenario: a breve e a medio-lungo periodo. Sul breve periodo, «le organizzazioni mafiose tenderanno a consolidare sul territorio (…) il proprio consenso sociale, attraverso forme di assistenzialismo da capitalizzare nelle future competizioni elettorali. Un supporto che passerà anche attraverso l’elargizione di prestiti di denaro a titolari di attività commerciali di piccole-medie dimensioni, ossia a quel reticolo sociale e commerciale su cui si regge l’economia di molti centri urbani, con la prospettiva di fagocitare le imprese più deboli, facendole diventare strumento per riciclare e reimpiegare capitali illeciti». Sul medio-lungo periodo, le mafie «vorranno ancor più stressare il loro ruolo di player, affidabili ed efficaci anche su scala globale. L’economia internazionale avrà bisogno di liquidità ed in questo le cosche andranno a confrontarsi con i mercati, bisognosi di consistenti iniezioni dinanziarie».[5]

Se, come si legge nel Rapporto della Dia, «non è improbabile perciò che aziende anche di medie – grandi dimensioni possano essere indotte a sfruttare la generale situazione di difficoltà, per estromettere altri antagonisti al momento meno competitivi, facendo leva proprio sui capitali mafiosi», dobbiamo prepararci a un possibile e imminente riassestamento del mercato dell'azzardo legale, che vedrà alcuni player soccombere e altri emergere.

Il Capitolo XIII del Rapporto della Dia è esplicitamente dedicato al focus Mafia e Giochi, ma in tutto il documento si leggono riferimenti molto chiari e indicativi: tutte le organizzazioni criminali hanno oramai individuato nel doppio binario legale-illegale dell'azzardo uno strumento di riciclaggio e controllo territoriale, oltre che di allocazione di capitale umano e risorse finanziarie.

Un paradiso abitato da diavoli

Nella gestione delle sale da gioco, ad esempio, «sembra essersi realizzata la più proficua convergenza di interessi tra le varie consorterie mafiose. Al riguardo, diverse attività investigative hanno evidenziato come, pur all’interno di accordi tra le varie organizzazioni, ciascuna di queste abbia agito secondo uno specifico modus operandi».

a) La camorra «sembra aver espresso una maggiore specializzazione nel settore dei giochi e delle scommesse, attraverso una gestione “diretta” delle attività».

b) La ndrangheta e Cosa nostra «tenderebbero, invece, ad operare attraverso più sofisticate schermature societarie e prestanome dificilmente rintracciabili. (…) A fattor comune per tutte le matrici criminali, l’infiltrazione nel settore dei giochi e delle scommesse è risultata funzionale sia alla produzione di nuovi capitali, sia al riciclaggio di quelli derivanti da altre attività illecite». [6]

Oltre ad esplicarsi in attività puramente "in nero", le condotte mafiose nel contesto illegale fanno dunque «da ponte verso la seconda direttrice altrettanto importante (…), quella dell’infiltrazione del gioco legale».[7]

Le condotte criminali, si legge infine nel Rapporto della Dia, «puntano proprio a inserirsi in questa filiera e sono per lo più finalizzate all’alterazione dei flussi di comunicazione dei dati di gioco, dagli apparecchi al sistema di elaborazione del concessionario». Dalla disamina di tutta la filiera del gioco legale, conclude dunque il Rapporto, «emerge chiaramente come le mafie puntino non solo ad avere ingenti profitti, ma anche a creare una rete funzionale al riciclaggio dei capitali illeciti». [8]

Conclusione, ovviamente amara: l'enorme allargamento delle zone grigie dell'economia, in conseguenza della crisi pandemica, non lascia ben sperare. L'azzardo rischia di essere la tempesta perfetta per chi ha disperato bisogno di riciclare denaro e imporre il proprio controllo a un territorio lasciato in balia di se stesso.

Note

[1] UIF, Rapporto annuale per il 2019 [pubblicato il 2 luglio 2020], n. 12, p. 95.

[2] ibidem.

[3] UIF, Rapporto annuale per il 2019 [pubblicato il 2 luglio 2020], n. 12, p. 42.

[4] DIA, Relazione luglio-dicembre 2019, p. 13.

[5] DIA, Relazione luglio-dicembre 2019, p. 14.

[6] DIA, Relazione luglio-dicembre 2019, pp. 389-390.

[7] DIA, Relazione luglio-dicembre 2019, p. 785.

[8] DIA, Relazione luglio-dicembre 2019, p. 787.

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