Politica

Azzardo, insediato il nuovo Osservatorio

Ben 13 mesi dopo la scadenza del precedente, si è svolto il primo incontro del nuovo Osservatorio sul gioco d'azzardo istituito presso il ministero della Salute. Sul nuovo decreto? «Abbiamo chiesto di essere auditi in commissione, la partita è ancora aperta», dice Maurizio Fiasco

di Sara De Carli

Foto di Darya Sannikova: https://www.pexels.com/it-it/foto/macchinette-da-gioco-3021120/

Si è insediato ieri mattina l’Osservatorio del ministero della Salute per il contrasto della diffusione del gioco d’azzardo e il fenomeno della dipendenza grave: ben 13 mesi dopo che il precedente aveva concluso il suo mandato.

Un Osservatorio che – sottolinea Maurizio Fiasco, sociologo, presidente di Alea, che dell’organismo ha sempre fatto parte fin dal 2016 – «non ha mai avuto una composizione tanto qualificata e robusta in ordine al tema e alla sua componente sanitaria. Oggi anche le Regioni sono presenti con dieci rappresentanti, di cui sei sono operatori e quattro dirigenti di area: la musica è cambiata». Nel solco del suo mandato e delle sue competenze, centrate appunto sulle conseguenze sociali e sanitarie del comparto “gioco” sulla salute pubblica, «l’Osservatorio ha chiesto, attraverso il ministero, di poter essere audito dalle Commissioni di merito della Camera e del Senato, che stanno esaminando il decreto per illustrare le implicazioni sociosanitarie che tale decreto avrebbe», spiega Fiasco e «ha rimarcato la scorrettezza istituzionale di esautorare l’Osservatorio – organismo consultivo del ministero della Salute – in favore di una “Consulta permanente dei giochi pubblici” in capo al ministero dell’Economia e delle Finanze», come prevede il decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri lo scorso 19 dicembre, per il “riordino normativo del settore dei giochi, a partire da quelli a distanza”. Consulta in cui sarebbero chiamate alla rappresentanza anche i concessionari e i gestori dei giochi d’azzardo, essendo il focus non più quello della salute ma quello delle politiche economiche e industriali. «Così il rapporto si rovescia, la questione della salute – di rango costituzionale – diventerebbe accessoria».

Il Governo sul nuovo decreto vuole chiudere in fretta, con procedura d’urgenza. «La partita è ancora aperta, è molto difficile perché gli interessi in gioco sono enormi, ma ce la giochiamo», afferma Fiasco, soddisfatto che negli ultimi giorni si sia “risvegliata” una nuova attenzione al tema. L’Osservatorio ha analizzato il testo del decreto, «rilevando parecchie incongruenze, a cominciare dal fatto che nel decreto la questione venga inquadrata come un problema di salute individuale del singolo giocatore e non – come correttamente sarebbe -come problema di salute pubblica», spiega Fiasco.

Nei giorni scorsi la Conferenza Unificata ha firmato l’intesa sullo schema di riordino, con un allegato che riepiloga però le osservazioni e i caveat mossi dalla “commissione salute”. Due i punti “deboli”, dal punto di vista della salute: la richiesta di Anci e Regioni di poter compartecipare ai ricavi, quando si farà il decreto di riordino dei punti delle reti fisiche del gioco e la posizione del ministero dello Sport sul ritorno della pubblicità sul “gioco responsabile”. «Io ho ricordato come nel 2016 nell’aggiornare il decreto Sirchia sia stata vietata la vendita di confezioni di sigarette da dieci, la dicitura “light” e persino l’indicazione della composizione del tabacco, in quanto questi risultavano tre artifici che contribuivano ad abbassare la soglia di allarme sui rischi del tabagismo. In maniera analoga, la pubblicità sul gioco sicuro e responsabile diventa una forma di abbassamento della soglia di allarme e alla fin fine un incentivo al gioco», conclude Fiasco.

Foto di Darya Sannikova, Pexels

Nessuno ti regala niente, noi sì

Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.