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Azzardo di Stato: il duro no delle Regioni a una “riforma” che mira solo a far cassa

Al governo interessa solo "far cassa sull'azzardo legale" e proprio per questioni di cassa, tuona il coordinatore della Commissione affari finanziari per la Conferenza delle Regioni, Massimo Garavaglia, "si apre uno scenario di pura conflittualità". I tavoli tecnici, osserva Garavaglia, "andavano fatti prima". Dopo, diventano una farsa. Lo scontro istituzionale si allarga a macchia d'olio

di Redazione

Come avevamo previsto, spenti i riflettori sul voto per le regionali, la bozza di decreto delegato sui giochi viene tolta dalla naftalina e e riprende il suo più o meno accidentato cammino. Troppo alto il rischio di veder accendere proprio in campagna elettorale uno sconto interno, legato al fronte delle regioni no slot come Umbria o Puglia. Così, qualcuno deve aver pensato che mettendola in un cassetto, bastasse toglierla a voto concluso per riprendere come se nulla fosse il cammino.

Ricordiamo che questa bozza di riforma dell'azzardo legale, se approvata, toglierà ogni potere a regioni e sindaci, abbandonando i territori e le comunità a se stesse. Proprio quei territori e quelle comunità che sono state tra le prime a dire di no e a proporre vie d'uscita che, evidentemente, a Roma non vogliono né guardare, né ascoltare.

Quello che a febbraio veniva presentato nelle stanze del Ministero dell'Economia e delle Finanze come un "provvedimento epocale" è arrivato due giorni fa alla sua ennesima stesura. Il sedicente "codice dei giochi" sarebbe dunque pronto per approdare sul tavolo del Consiglio dei Ministri?

Dichiamo "sedicente" perché, a fronte della mole – 116 articoli – questo "codice" non è stato discusso, se non a posteriori e a spezzoni e sempre fuori da un vero confronto politico e sociale. E a poco servono i dialoghi avviati sul territorio dal sottosegretario Baretta. A poco servono anche le convocazioni per un "tavolo tecnico". A poco o a niente. Di che cosa si dovrebbe discutere? Di un centinaio e passa di articoli già scritti (ripetiamo la domanda posta a suo tempo: da chi, con chi, con quale commissione, consultando il parere di quali esperti?)?

Sia come sia, al sottosegretario Baretta resta ora poco tempo per farlo approdare sul tavolo del Consiglio dei Ministri, il rischio blitz-balneare è forte.

Ma le cose non sono così semplici e non basta promettere qualche centinaio di milioni di euro a chi delle "buone cause" vuol far mercato per mettere a tacere il dissenso o convocare a posteriori tavoli tecnici. Questo, il sottosegretario Baretta, ex sindacalista Cisl, lo dovrebbe sapere.

E così, in luogo di una concertazione Stato-Governo-Regioni, si è aperto un conflitto. Dopo i sindaci di Milano, Bergamo, Pavia (e altri, ma circondati dal silenzio dell'Anci, l'associazione nazionale dei comuni presieduta dal silente Piero Fassino) che hanno opposto il loro duro "no", adesso tocca alle Regioni.

Il coordinatore della Commissione affari finanziari per la Conferenza delle Regioni, in audizione parlamentare, nonché assessore all'Economia in Regione Lombardia, Massimo Garavaglia, è stato chiaro:

"Si è aperto uno scenario di conflitto, per banali questioni di cassa". Saranno anche "banali", ma proprio le regioni no slot cominciano a preoccupare – e non poco – il Ministero dell'Economia, anche perché grazie alle loro normative di contrasto dell'azzardo legale (il cosiddetto "gioco responsabile" che tanto piace agli addetti marketing del Belpaese) avrebbero prodotto un cospicuo decremento delle entrate erariali legate al machine gambling.

Chiare le parole di Garavaglia:

al governo evidentemente non interessa la salute dei cittadini. Si pensa solo a fare cassa, figuriamoci se si vuole rinunciare ai soldi che arrivano dai giochi. Se il governo volesse affrontare il problema in modo serio dovrebbe fare proprie le leggi fatte da regioni come la Lombardia. Se invece intende mettere due dita agli occhi alle Regioni perché ha dei buchi di bilancio i cittadini hanno capito benissimo da che parte stare.

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