In un’intervista concessaci dieci anni fa da Pietro Pinna – primo obiettore di coscienza “politico” del nostro Paese e, successivamente, collaboratore di Aldo Capitini nel Movimento Nonviolento – per Azione nonviolenta, rivista fondata dallo stesso filosofo perugino, sulla quale ancora oggi Pinna figura come “Direttore responsabile”, ci raccontava le motivazioni che portarono alla nascita della prima rivista di cultura nonviolenta del nostro Paese, nata come diretta emanazione del Movimento Nonviolento. “Avvenne verso la fine del ’63”, narrava Pietro, “al termine di un Seminario di dieci giorni che tenemmo sulle tecniche della nonviolenza, rimanemmo ancora riuniti alcune ore tra una dozzina di amici per discutere del possibile avvio di un’attività organizzata del Movimento. Due elementari esigenze ponemmo alla base dell’eventuale programma: il chiarimento e la diffusione dell’idea nonviolenta – allora misconosciuta per non dire avversata – e un corrispondente impegno ad una sua pur minima esplicazione pratica. Le due cose dovevano procedere congiuntamente: non la sola teoria, che se non tradotta in atto risulta essere mera astrazione; non azione soltanto, poiché se cieca di idee chiare e definite, finisce per risultare inconcludente. Rispetto al primo punto, decidemmo in questo modo. Fino a quella data l’unico mezzo di collegamento del Movimento era costituito da un ciclostilato di 4 pagine spedito mensilmente ad un centinaio di supposti simpatizzanti – il Movimento non disponeva ancora di aderenti iscritti. Venne deciso di passare da quel ciclostilato ad un giornaletto a stampa; dopo aver avuto assicurata dagli stessi presenti alla riunione la disponibilità finanziaria per l’uscita di almeno tre numeri mensili, Capitini ed io ci assumemmo l’incarico di curarne la pubblicazione, che uscì col titolo Azione nonviolenta.“
Mezzo secolo dopo, Azione nonviolenta continua ad essere pubblicata (da quest’anno con periodicità bimestrale che consente testi di maggior respiro ed approfondimento), ed anche realizzata on line, con la velocità degli aggiornamenti quotidiani. La sua tenuta nel tempo – senza altri finanziamenti che quelli dei suoi abbonati – è una delle ragioni grazie alle quali l'”idea nonviolenta” è oggi conosciuta e diffusa in ambienti sempre più larghi e trasversali. La ricorrenza dei dieci lustri dalla fondazione ha meritato una Festa, a cura del Movimento Nonviolento, che si è svolta dal 19 al 22 giugno al Parco XXII Aprile di Modena. Quattro giorni densi di approfondimenti sui temi centrali per la costruzione di una proposta politica ed una prospettiva culturale alternative alla crisi in corso; di laboratori e le performance che hanno esplorato i diversi linguaggi dell’espressività nonviolenta; di proposte musicali di qualità e impegno che hanno animato le serate del quartiere interculturale che ci ha ospitato; di convivialità emiliana che ha offerto una ristorazione tradizionale, biologica e vegetariana, accogliente le esigenze di tutti i partecipanti; di coinvolgimento volontario dell’infaticabile gruppo degli “Amici della nonviolenza” di Modena, degli scout, dei volontari civili. E poi ricca di focus che hanno cercato di coniugare teoria e azione, secondo lo spirito e nelle indicazioni di Aldo Capitini e Pietro Pinna.
Di particolare interesse, sul piano culturale, l’incontro con Ercole Ongaro, direttore dell’Istituto per la Resistenza di Lodi ed autore del volume sulla Resistenza nonviolenta 1943-45 in quanto “memoria fertile” – per quanto poco ricordata e celebrata – di una Resistenza popolare di massa, fatta con il coraggio delle mani nude, e per questo capace di ispirare oggi le lotte dei nostri tempi. Ma anche di essere punto di riferimento per le proposte educative orientate alla trasformazione nonviolenta dei conflitti, come quelle delle Scuole di Pace di Monte Sole, di Reggio Emilia, di Rocca di Pace Sestola o anche del Forum trentino per la pace, tutte ospiti della Festa. Una ricerca storica che si pone sul solco di quella linea storiografica che Jacques Semelin ha chiamato “Resistenza civile.”
Non è un caso, dunque, che il focus più politico della Festa sia stato quello sulla Campagna per il disarmo e la difesa civile non armata e nonviolenta che – con Francesco Vignarca coordinatore di Rete Disarmo, Licio Palazzini presidente della CNESC, Federico Del Giudice di Rete della Pace – ha illustrato le motivazioni ed i punti salienti della Campagna per la legge di iniziativa popolare che vuole istituire nel nostro Paese il “Dipartimento per la difesa civile non armata e nonviolenta”, comprendente il Servizio civile nazionale, i Corpi civili di pace, la Protezione civile, l‘Istituto di ricerca per la pace. Ossia di una campagna volta a realizzare appieno gli articoli 11 e 52 della Costituzione italiana – nata dalla Resistenza – affinché il “ripudio della guerra” che vollero i Costituenti si incarni nella preparazione effettiva e della “difesa civile”, in quanto diritto dei cittadini alla difesa dei diritti costituzionali ed all’approntamento di mezzi e strumenti nonviolenti per la “risoluzione delle controversie internazionali” . Il 3 luglio la proposta di legge sarà presentata in Cassazione dalle sei Reti che ne sono promotrici, da qual momento per tutti ci sarà da portare avanti un impegno che sarà culturale e politico insieme.
Ancora una volta, come è sempre avvenuto per le campagne di civiltà in questi 50 anni trascorsi, Azione nonviolenta ne sarà prezioso strumento di approfondimento e diffusione.
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