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Avsi: «L’uragano nuova piaga per Haiti»

L'appello della responsabile dell'ong per il paese centroamericano già vessato da terremoto del 2009 un appello: "Manteniamo alti l'attenzione e aumentiamo gli aiuti verso gli haitiani, ad esempio con il Sostegno a distanza"

di Daniele Biella

“Non scoraggiatevi di parlare di Haiti, di aiutare questa popolazione vessata da un cataclisma dopo l’altro. oggi più che mai è importante essere al suo fianco”. È molto più di un appello quello che lancia Fiammetta Cappellini, da quasi sette anni nel paese e responsabile dello staff di 16 cooperanti internazionali e 250 locali dell’ong Avsi, all’indomani dell’uragano che, dopo essere passato da New York, ha devastato buona parte del sud del paese centroamericano provocando anche 50 morti e 15 dispersi. Vita.it ha raggiunto Cappellini nel suo ufficio di Port-au-prince, danneggiato anch’esso dai forti temporali ma funzionante grazie ai generatori che sopperiscono alla mancanza di corrente.

New York è finita su tutte le prime pagine per il passaggio dell’uragano, Haiti invece no. Che danni ha provocato nel paese già colpito dal terremoto del 2009?
Oltre ai morti e ai dispersi e all’avere distrutto centinaia di infrastrutture, preoccupa molto il fatto che abbia colpito soprattutto la parte meridionale del paese, a forte vocazione agricola e riserva di cibo per tutta Haiti. Molti villaggi non sono accessibili, intere coltivazioni sono state danneggiate a tal punto che si dà già per certo che non si avrà la necessaria sicurezza alimentare per i prossimi mesi. Accanto a questo, è diventata ancora più forte l’impennata dei prezzi dei generi primari e prioritari per l’isola come riso e cereali, che stava già crescendo a causa dell’aumento del costo sul mercato internazionale (nel 2008, prima del sisma, un’altra simile salita dei prezzi aveva provocato una grande rivolta nel paese, ndr). Oltre al problema agricolo, sono almeno altri due gli effetti negativi dell’uragano.

Quali?
Primo, l’ulteriore diffusione epidemica del colera, che nel giro di pochi giorni ha causato almeno un migliaio di nuove vittime, che si aggiungono alle decine di migliaia provocate dall’infezione del virus che si è diffusa dopo il terremoto. Secondo, l’incredibile disagio per quella parte di popolazione sfollata dal sisma, ovvero 300mila persone sulle 1,6 milioni iniziali che ancora vivevano in tendopoli: molti di loro hanno dovuto abbandonare le tende e cercare rifugio altrove, e oggi sono almeno 30mila quelle ospitate in alloggi di fortuna.

Cosa riuscite a fare di fronte a tale difficile situazione?
Avsi è presente dal 2000 ad Haiti con progetti di varia natura, di sviluppo come di emergenza. Quello che stiamo cercando di promuovere è il potenziamento dei settori più connessi ai danni post uragano, ad esempio abbiamo sistemato in 48 ore un acquedotto danneggiato, prima causa della diffusione di colera. Inoltre, per ogni progetto stiamo destinando una corsia preferenziale alle famiglie danneggiate dalla nuova catastrofe.

È presente la comunità internazionale?
Sì, gli aiuti del Pam, Programma alimentare mondiale, arrivano, anche se a volte pur necessari, creano troppa dipendenza nella popolazione. Le ong come la nostra, nella loro mission di operatori allo sviluppo, siamo al fianco degli aiuti umanitari basilari per portare benefici a lunga distanza, anche per questo nel potenziare le nostre attività riceviamo il supporto economico delle istituzioni come la Ue, la Banca mondiale o l’Unicef, così come dei privati come, nel nostro caso, il Rotary club Milano.

Di cosa ha bisogno oggi Haiti?
Di non passare in secondo piano: l’attenzione va mantenuta molto alta sugli haitiani, così come la volontà di aiutare, senza farsi scoraggiare dalla sfortuna che si è accanita su queste zone. C’è molto bisogno di appoggio, si deve parlare di quello che accade, senza cedere a ragionamenti riduttivi: ad esempio, è vero che sono arrivati molti soldi qui dopo il terremoto, ma purtroppo ne servono ancora molti altri per far uscire queste persone dall’emergenza. Nel nostro piccolo noi lavoriamo il più possibile, ad esempio per aiutare le singole famiglie abbiamo potenziato la comunicazione per monitorare le loro situazioni in modo tempestivo: le persone dall’Italia possono aiutare attraverso il Sad, Sostegno a distanza, uno strumento vitale perché permette di avere a disposizione fondi immediati per rispondere alle urgenze che si verificano.

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