Cultura

Aux villages citoyens

La tradizione delle vacanze sociali affonda le radici nell’associazionismo cattolico e sindacale degli anni 30. Oggi il non profit usa il viaggio per fare cooperazione

di Emanuela Citterio

L?ultimo nato si chiama tourisme solidaire. Si parte per conoscere l?Africa, fuori dai villaggi (turistici) per occidentali, e dentro quelli veri, con la possibilità di sostenere progetti di sviluppo.
La Francia, con i suoi movimenti sindacali e un associazionismo di base tra i più vitali d?Europa, è all?avanguardia sui temi del turismo sociale e sostenibile. Un esempio? L?Unione francese di turismo sociale (Unat) raccoglie da sola circa 500 associazioni non profit. Alcune vantano un?esperienza secolare. Lo stesso coordinamento che le raggruppa è stato fondato negli anni 20, dal Club alpino francese. «Il fine del turismo sociale è quello di rendere la vacanza democratica, e quindi accessibile al più gran numero di persone», spiega Carla Rasera, 30 anni, che da Treviso si è trasferita in Francia per lavorare per Unat. Nella sede di Parigi è responsabile proprio del settore che coordina i progetti di ?turismo solidale? nei Paesi africani.

C?erano una volta le case
La tradizione del turismo sociale nasce negli anni 30 con le prime case per ferie e le vacanze organizzate da enti religiosi. È anche il periodo delle lotte sindacali perché la vacanza diventi un diritto per tutti. «Il turismo, del resto, è nato con l?industrializzazione», fa notare la responsabile di Unat. «È con il lavoro in fabbrica che nasce il concetto di tempo libero, e di conseguenza l?idea di vacanza».
Alla fine degli anni 50, in Francia nascono i villaggi vacanza, «strutture molto belle dal punto di vista architettonico», dice Carla, «che ultimamente sono state rivalorizzate. In quegli anni sono state di grande aiuto alle lavoratrici: potevano lasciare i bambini in una specie di miniclub e, nelle due settimane di ferie del contratto, prendersi una vacanza anche dai fornelli».
Uno degli obiettivi del turismo sociale è quello di permettere l?accesso al riposo e allo svago anche a persone svantaggiate per ragioni economiche o sociali. Come disabili, anziani o famiglie in difficoltà. «Ma non si tratta di un turismo per determinate categorie di persone», afferma Rasera. «Lo scopo è promuovere un turismo per tutti, più equo e responsabile».
Da una decina d?anni il turismo sociale in Francia conosce una fase nuova con le tourisme solidaire. Tra i soci di Unat ci sono ormai una quarantina di associazioni e ong che organizzano viaggi solidali nei Paesi in via di sviluppo, soprattutto in quelli dell?Africa francofona. Alcune iniziative sono nate in Francia, altre direttamente nei Paesi africani. Lo scorso anno Unat ha preparato con il ministero degli Esteri un fascicolo dal titolo Altri viaggi: dal turismo allo scambio, per dare conto di questa nuova offerta turistica.
Un esempio? Con l?ong Tourisme & Développement Solidaires (Tds) si parte per il Burkina Faso.
In uno dei cinque villaggi coinvolti, il turista può partecipare alla vita della comunità. Può capitare di uscire per un?escursione con un abitante che fa da guida. Ma anche di prendere parte alle attività quotidiane, dalla preparazione del burro di karité alla pesca sul fiume. «Gli abitanti fanno conoscere la propria cultura anche attraverso danze e racconti. Senza svendersi, ma nello spirito dello scambio e dell?incontro» spiega Carla. «I turisti, da parte loro, si preparano, prima di partire, ad accostare un?altra cultura senza invaderla».

I proventi del turismo
L?attività turistica si svolge in totale cooperazione con la comunità locale. Nato dall?iniziativa di due coniugi francesi che volevano far conoscere l?Africa in modo diverso, il progetto è gestito direttamente sul posto da un comitato di villaggio, che decide quando accogliere e come utilizzare i proventi turistici.
«Il comitato decide di volta in volta su cosa reinvestire», spiega Carla Rasera. «Può essere un pozzo o una scuola o qualsiasi altra necessità che venga giudicata prioritaria».
Una ricerca universitaria ha calcolato che nei Paesi in via di sviluppo resta solo il 20 per cento dei guadagni derivanti dal turismo. Dal punto di vista economico, il turismo solidale mira a stabilire un rapporto più equo con i Paesi di destinazione. Il rispetto per l?ambiente e l?incontro il più possibile autentico con il popolo sono altri due capisaldi. Unat è interlocutore del ministero degli Esteri, che da qualche anno ha inserito il turismo nei progetti di cooperazione.
Inoltre, due anni fa, la Francia ha adottato un codice etico per l?attività turistica, accogliendo la proposta dell?Organizzazione mondiale del turismo.

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