Economia

Autonomia, la nostra scommessa

Identikit di Legacoop sociali: oltre 1.500 strutture, con le coop B in forte crescita. Intervista a Costanza Fanelli

di Redazione

Coniugare le pratiche di impresa con i caratteri distintivi del ?fare sociale? è ancora oggi la sfida più importante per la cooperazione sociale. La stessa che ha spinto Costanza Fanelli a riunire sotto il marchio Legacoop sociali tutte quelle realtà che hanno scelto negli anni la strada dell?assistenza e della riabilitazione sociale delle persone svantaggiate. Puntando più sull?inclusione sociale che sulla semplice erogazione dei servizi. Sono 1.500 le strutture affiliate sparse su tutto il territorio nazionale, mille di tipo A e 500 di tipo B, capaci finora di dare lavoro a più di 55mila persone e fatturare cifre vicine ai 2 miliardi di euro annui. Vere e proprie imprese che dal 2001 conoscono un incremento di produzione e di occupazione vicine ai 20 punti percentuali. «Ecco perché abbiamo sentito il bisogno di creare un?associazione autonoma interna a Legacoop che sostenesse e promuovesse gli aspetti peculiari che fanno della cooperazione sociale una delle forme più innovative del panorama italiano e europeo», dice la Fanelli. «Lo sviluppo della forma imprenditoriale, delle competenze e delle professionalità, non dimenticando i valori che ci caratterizzano come soggetti operanti sul territorio, ci sembrano i punti su cui insistere per incentivare nuove pratiche sperimentali dell?intervento sociale». Parola d?ordine: innovazione Proprio all?innovazione, Legacoop sociali ha dedicato il suo primo anno di vita, puntando sulla promozione delle cooperative di tipo B, la forma «più rappresentativa di un possibile nuovo corso del fare impresa sociale in Italia». E i numeri sembrano testimoniarlo. Le strutture aderenti a Legacoop rappresentano quasi il 20% del totale delle 2.974 cooperative di tipo B presenti in Italia, fatturano più di 370 milioni di euro annui, con un incremento dal 2001 nell?ordine del 16%, e danno lavoro a 13mila persone, delle quali quasi il 40% svantaggiate. I numeri della crescita Le premesse ci sono tutte per sperare in un forte sviluppo nei prossimi anni «soprattutto guardando alla crescita occupazionale che le coop B stanno registrando in questo periodo. «Oltre il 23%, cinque punti in più delle A», sottolinea la Fanelli. «Nel nuovo dibattito sulla riforma del mercato del lavoro, la cooperazione di tipo B diventa fondamentale non solo come ente di formazione e inserimento, ma soprattutto come opportunità di una completa riconquista dell?autonomia. Inoltre negli ultimi anni le nostre cooperative B si sono gradualmente svincolate dal sostegno pubblico e per quasi il 40% hanno rapporti diretti con clienti privati. Questo testimonia la vera potenzialità di un settore, che però attualmente è ancora troppo frazionato al suo interno. Ecco perché abbiamo creato un coordinamento nazionale con l?istituzione di piccoli gruppi di 30/40 organismi che stanno approfondendo temi di interesse fondamentale, come la ridefinizione degli apparati e delle tipologie di rapporto di lavoro, il possibile allargamento del concetto stesso di svantaggio e, infine, la necessità di redigere obbligatoriamente il bilancio sociale per comunicare all?esterno il valore aggiunto dei tipi di intervento offerti». L?obiettivo è quello di arrivare all?organizzazione di strategie operative che permettano di programmare in rete le attività, ammortizzando anche quei costi che finora sono stati quasi interamente sostenuti dalle singole strutture. In questo senso si sta muovendo anche l?Ape – Agenzia di promozione della cooperazione sociale. L?attività del nuovo organismo nato nell?ambito del Drom – il consorzio che ospita i 20 consorzi di cooperative sociali di Legacoop ? è orientata proprio alla promozione nel Mezzogiorno soprattutto della cooperazione di tipo B, attraverso il finanziamento di progetti specifici, con fondi pubblici e privati. Lavorare in rete Insomma, lo sviluppo della forma consorziale diventa uno dei punti forti della politica di Legacoop sociali, perché «pensiamo possa risolvere la cronica difficoltà di lavorare in rete che hanno le cooperative sociali», conclude la Fanelli. «Questa problematicità ha finora compromesso la nostra capacità di fare innovazione. Non siamo ancora riusciti a considerare completamente la persona nella sua interezza e a capire che l?intervento non può prescindere dal connubio inscindibile tra l?assistenza sanitaria e il benessere sociale. In questo periodo si pensa solamente a quali siano le nuove e più efficaci forme imprenditoriali, ma ci dimentichiamo che la cooperativa è già un esempio di innovazione tutto italiano, che si fonda principalmente su pratiche sperimentali del ?fare sociale». Così Legacoop sociali sta puntando fortemente sul progetto Responsabilità e rendicontazione sociale, nell?ambito del Libro Verde promosso dalla Commissione della Comunità europea, che ha riconosciuto la centralità della responsabilità sociale per lo sviluppo delle singole imprese e del sistema Europa. Una buona pratica che, secondo la Fanelli, «è fondamentale per comunicare finalmente all?esterno i veri valori che fanno della nostro mondo una realtà all?avanguardia in fatto di cura della persona».


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