Giornata mondiale autismo

Autismo, il Progetto di Vita che restituisce futuro

«Una vita che non sia solo protetta, ma vissuta»: questo è il passaggio epocale che la riforma della disabilità ci chiama ad affrontare. «Troppo spesso di fronte all'autismo abbiamo reagito con paura. Noi abbiamo cambiato paradigma». La testimonianza di Francesca Di Maolo, presidente dell’Istituto Serafico di Assisi

di Francesca Di Maolo

Anna non parla, non ha mai pronunciato una sola parola. Ma quando è triste lo si legge nei suoi  occhi o in alcuni piccoli gesti che solo chi la conosce da vicino sa interpretare. Un giorno, uno dei nostri educatori, ha intuito che quella tristezza aveva un nome: nostalgia. Ad Anna mancava sua madre. Da allora, le basta un piccolo gesto per comunicarci quel che vuole, anche solo telefonare alla sua mamma e sentirla più vicina. Questo è “Progetto di Vita”.

Cominciano spesso così le rivoluzioni: non con annunci altisonanti, ma in silenzio, attraverso un’intuizione o in una relazione che si costruisce e in una possibilità che si apre. Oggi, Giornata Mondiale per la Consapevolezza sull’Autismo, sappiamo che qualcosa di profondo sta cambiando nel nostro Paese: il Progetto di Vita è diventato un diritto. Lo ha stabilito il D. Lgs 62 del 2024, che inquadra la disabilità – e l’autismo in particolare – non più come una condizione da contenere, ma come una realtà da accompagnare. E lo confermano le Linee Guida dell’Istituto Superiore di Sanità, che ci invitano a costruire attorno alla persona e non attorno alla sua diagnosi.

Troppo spesso, infatti, di fronte all’autismo, abbiamo risposto con la paura. Paura del comportamento-problema, della fatica relazionale, dell’imprevedibilità. E per gestire quella paura, abbiamo tolto: stimoli, scelte, possibilità. Ma proteggere non può significare ridurre: la vera cura non isola, ma apre. Non limita, ma costruisce.

Troppo spesso di fronte all’autismo abbiamo risposto con la paura. Paura del comportamento-problema, della fatica relazionale, dell’imprevedibilità. E per gestire quella paura, abbiamo tolto: stimoli, scelte, possibilità

Proprio per questo al Serafico abbiamo deciso di cambiare paradigma. Non chiediamo più “cosa non sa fare questa persona?”, ma “cosa la rende viva?”. Cosa ama, cosa desidera, cosa può imparare se gliene diamo l’occasione? Come possiamo accompagnarla a rafforzare le sue capacità per realizzare la vita che sogna?

Il Progetto di Vita non è un documento da compilare, ma una relazione da coltivare e anche nei casi più complessi, anche quando il linguaggio verbale è del tutto assente, ciò che è essenziale è mettersi in ascolto. Perché ogni persona ha un modo tutto suo di stare al mondo e quel modo non va corretto, ma riconosciuto. È una strada che richiede pazienza, formazione, creatività, ma i risultati, quando arrivano, non sono piccoli passi bensì vere e proprie conquiste di libertà. In questi mesi, mentre sperimentiamo concretamente l’applicazione del Progetto di Vita, vediamo cambiare anche il nostro modo di lavorare: gli operatori non sono più semplici erogatori di prestazioni, ma alleati nella costruzione di senso. Le famiglie non sono più destinatarie passive di soluzioni, ma protagoniste del cambiamento. E i ragazzi, anche quelli con disabilità gravissime, possono esprimere le loro preferenze e vivere una vita piena, autentica.

Il diritto alla vita piena non deve essere un privilegio per chi ce la fa da solo, ma un dovere collettivo verso chi, da solo, rischia di non farcela. E oggi, che abbiamo una legge e delle linee guida all’avanguardia, non abbiamo più alibi: serve un’alleanza nuova tra istituzioni, servizi, famiglie e cittadini. Serve una comunità che non tema la fragilità, ma che la sappia trasformare in relazione. Questo cambiamento non riguarda solo chi vive la disabilità, ma riguarda soprattutto tutti noi, perché una società che riconosce e valorizza la voce di chi è più fragile diventa per tutti una società più giusta, più umana, più vera. Cambiare sguardo sull’autismo e in generale sulla disabilità è un’occasione per ripensare anche il nostro modo di stare in relazione, di educare e di vivere le differenze. 

Papa Francesco, visitando il Serafico, ci disse: «Queste piaghe devono essere ascoltate». È stato un invito, quello del Pontefice, a rimanere accanto e non sopra; a sostenere senza invadere; a costruire un futuro insieme. E allora, proprio in questa giornata, la vera consapevolezza è riconoscere che ogni persona, anche la più fragile, ha diritto a una vita che le appartenga davvero. Una vita fatta di scelte, di legami, di significato. Una vita che non sia solo protetta, ma vissuta.

Francesca Di Maolo è presidente dell’Istituto Serafico di Assisi

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