Salute

Autismo: i punti fermi verso il DSM-5

Un convegno internazionale ha fatto il punto delle evidenze per promuovere l'integrazione educativa e sociale delle persone autistiche in vista della prossima pubblicazione del DSM-5

di Redazione

Novità in arrivo sul fronte autismo, una patologia di cui sempre più si parla anche grazie a libri-testimonianza come “Una notte ho sognato che parlavi”, del giornalista Gianluca Nicoletti. È attesa infatti la pubblicazione del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali DSM-5, la “bibbia” della psichiatria (in Italia uscirà nei primi mesi del 2014 da Raffaello Cortina Editore), che porterà dei cambiamenti nella diagnosi e nel trattamento dell’autismo. La bozza dei nuovi criteri diagnostici del DSM-5 prevede:

  1. l’introduzione di nuove categorie per i disturbi dell’apprendimento e una categoria diagnostica unica per i disturbi dello spettro autistico, con inclusione di tutte le diagnosi dei disturbi autistici, sindrome di Asperger, disturbo dirompente dell’infanzia e disturbo pervasivo dello sviluppo (NAS). Vi è inoltre una raccomandazione a  modificare l’etichetta diagnostica di “ritardo mentale”,  in “disabilità intellettuale”;
  2. viene proposto di non considerare più la sindrome di Asperger come un disturbo distinto ma di incorporarlo all'interno dalla categoria di spettro autistico.
  3. un’altra proposta riguarda la modifica dei  criteri diagnostici del disturbo dell’attenzione e dell’iperattività (ADHD) in base all’età del bambino. Ovvero, per confermare la diagnosi, il bambino deve presentare i sintomi dall’età dei dodici anni, e non più da sette, come in precedenza.

Di questo e molto altro si è parlato di recente a Milano all’interno del convegno internazionale “Autismo: i punti fermi per la promozione dell’integrazione educativa e sociale”, promosso dal Centro Studi e Ricerche sulla Disabilità e Marginalità dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, dalla Fondazione Istituto Sacra Famiglia e dall’Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici sezione Lombardia e VCO.

 

L’obiettivo del convegno era quello di incentivare la riflessione e lo scambio di esperienze, relativamente alle modalità tecniche ed organizzative con cui vengono progettati e gestiti i servizi per le persone con autismo, in ambito sia nazionale che internazionale, per aiutare gli operatori ad orientarsi tra le molte offerte abilitative ed educative disponibili. Questa iniziativa voleva far emergere le migliori risposte “evidence based”, ritenute oggi efficaci e positivamente fruibili nella vita delle persone con autismo. L’efficacia degli interventi è ormai un criterio decisivo, perché – si è detto al convegno – «è importante fare ciò che serve alla persona con autismo e non ciò che serve al professionista»: così è emersa una indicazione forte verso gli interventi cognitivi comportamentali di terza generazione. Tra le indicazioni emerse anche quella, portata dalla dottoressa Conti della Fondazione Sacra Famiglia, di “protesizzare” gli ambienti di vita, poiché «tutto quello di cui abbiamo bisogno per fare abilitazione è già presente negli ambienti di vita».

LA PREMESSA
«Non è più lecito pensare che le persone autistiche non possano apprendere», è stato il punto di partenza di tutto. «Dobbiamo imparare ad  “ascoltare” le persone con disturbo generalizzato dello sviluppo, dobbiamo costruire strumenti adatti a loro, dobbiamo parlare una lingua concreta e visiva, accessibile per la persona, dobbiamo dare risposte a domande preliminari: dove?, come?, quando?, per quanto tempo?». Lavorare sulle motivazioni della persona con autismo è fondamentale, con l’esigenza urgente di continuare l’intervento terapeutico iniziato in età infantile, formulando un progetto di presa in carico articolata, integrata e continuativa nell’età adulta, prevedendo anche percorsi di inserimento lavorativo.

L'EDUCAZIONE
La scuola italiana ha fatto una scelta inclusiva rispetto alle persone con disabilità, pertanto, se si fa un scelta inclusiva, è importante la gestione della classe. Tuttavia, includere il bambino con autismo in una classe, a volte non è possibile, ha detto Lucio Cottini. Le scuole devono  essere organizzate e strutturate, è necessario tener conto  di cosa è meglio fare e cosa è necessario fare. La  nostra responsabilità afferma la Prof.ssa Karen Guldberg, dell’Università di Birmingham, è  capire i bisogni dei bambini con autismo,  “ascoltando la loro voce”, le loro storie possono aiutarci a comprendere come sperimentano il mondo.

GLI INTERVENTI
Gli interventi che meglio si prestano al trattamento del disturbo sono quelli che fanno riferimento alla psicoeducazione strutturata come ad esempio l’ABA (analisi comportamentale applicata – Applied behavior analysis), il programma  TEACCH (Treatment and Education of Autistic and Communication Handicapped), afferma ancora la Prof.ssa Guldber, ma è necessario fare studi sull’efficacia degli interventi per evidenziare quali sono le  strategie migliori da utilizzare nei diversi contesti. Non ci sono ricette ne soluzioni preconfezionate ma la letteratura evidenzia che alcune pratiche funzionano meglio di altre. Interessante è il documento  auto-valutazione messo a punto dal Centro Autismo per l’educazione e la ricerca (ACER) presso l’Università di Birmingham, in collaborazione con consulenti con esperienza in autismo.  Il documento definisce le conoscenze e le competenze che sono necessarie per tutti coloro che che operano in contesti educativi con alunni con autismo. Attraverso questo strumento, gli operatori possono valutare la loro pratica attraverso una serie di indicatori che evidenziano le conoscenze, le competenze e le qualità personali.

FORMARE GLI OPERATORI
La Prof.ssa Guldber ha presentato l’esperienza di formazione che avviene nel Regno Unito  tramite una rete di specialisti Poli Formativi. La formazione è suddivisa in tre livelli: al primo livello si colloca una formazione di base sull’autismo, rivolta a personale  docente  e non, compreso personale d’ufficio, bidelli, autisti, accompagnatori,  che opera all'interno di qualsiasi ambiente educativo.  La formazione di secondo livello è orientata a sviluppare ed acquisire strumenti e tecniche di buone prassi da utilizzare con i bambini autistici. Tale formazione è rivolta ad operatori assistenziali ed insegnanti. Al terzo livello si colloca la formazione rivolta a tutti coloro che vogliono approfondire ed avere ulteriori conoscenze sull’autismo e a tutti coloro che intendono perseguire un ruolo di formatore sull’autismo.

 

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