Disabilità

Autismo, a Milano un centro per prendersi cura dei bambini e di coloro che li circondano

"Le piccole case", nuova struttura dell'associazione L'abilità sarà dedicato a 50 bambini dai sei agli 11 anni nello spettro autistico, che verranno seguiti da un'equipe multidisciplinare di specialisti, che attueranno un approccio personalizzato alle esigenze di ciascuno e seguiranno nel percorso la famiglia e l'intera comunità educante

di Veronica Rossi

Un padre di spalle con in braccio due bambini in un campo di papaveri, un altro bimbo più avanti, sullo sfondo un albero

A Milano c’è un nuovo servizio per supportare i bambini autistici e le loro famiglie. Si tratta del centro “Le piccole case”, inaugurato venerdì scorso alla presenza, tra gli altri, della ministra Alessandra Locatelli e realizzato da L’abilità, associazione che da 25 anni si occupa dei bisogni dei piccoli con disabilità. La nuova struttura potrà seguire 50 bambini dai sei ai 12 anni, attraverso un’equipe multidisciplinare e un approccio personalizzato.

Alcune persone che tagliano un nastro
Inaugurazione del centro, foto fornita dall’ufficio stampa

«Siamo attivi da molto tempo sul territorio», afferma Carlo Riva, direttore e vicepresidente di L’abilità. «Siamo quindi un osservatorio di quello che sta succedendo nell’ambito della disabilità, non tanto a livello epidemiologico, quanto a livello di domanda d’aiuto e di presa in carico. Negli ultimi tempi stiamo vedendo una richiesta aumentata di sostegno per bambini con disturbo dello spettro autistico». La pratica, quindi, conferma quanto dimostrano i dati dell’Istituto superiore di sanità-Iss: un bambino su 77, oggi, è autistico. La capacità delle neuropsichiatrie, tuttavia, non è ancora adeguata a questi numeri; le liste d’attesa sono lunghissime, in tutte le aziende ospedaliere. È questo il motivo per cui L’abilità ha scelto di creare un nuovo centro, per la prima volta dedicato ai bambini con un solo tipo di disabilità. «Accoglieremo piccoli dai due anni – cioè appena ricevuta la diagnosi – fino ai 10 o 11», continua il direttore. «A seconda dell’età e del livello di sviluppo entreranno in un progetto riabilitativo individualizzato; lo staff del centro, infatti, è multidisciplinare, composto da un neuropsichiatra infantile, due educatori sanitari, un logopedista psicomotricista, un terapista occupazionale e una psicologa clinica. Bisogna dare delle risposte corrette e molteplicità a seconda delle necessità».

All’interno del centro saranno utilizzate quindi diverse tecniche riconosciute, come la metodologia Aba, il modello Denver e il comunicatore Blue, che funziona attraverso la comunicazione alternativa aumentativa; l’approccio sarà quindi multidisciplinare e applicherà le linee guida dell’Iss per confezionare su di lui un progetto riabilitativo individualizzato.

La specificità del modello di intervento della nuova struttura è che non è incentrata solo sul bambino, ma anche e soprattutto sulla famiglia, sui genitori e sulla comunità educante. «C’è tutto un lavoro indiretto, con tutti i protagonisti della vita del piccolo», spiega Riva, «per esempio con le insegnanti, per dire loro cosa devono fare a scuola per valorizzare al meglio i processi di apprendimento del bambino. Faremo anche tutta una serie di attività di parent training e ci concentreremo sul territorio. Se un bambino svolge attività extrascolastiche noi interverremo anche coi caregiver e con gli educatori, volontari e istruttori di nuoto; insomma con tutte le diverse figure che sono a contatto con lui per confrontarci continuamente e insieme costruire il suo progetto di vita e dare le indicazioni che servono perché stia bene nella società di oggi».

Una grande stanza, i  primo piano una piccola trave, lungo i bordi sedie blu
Uno degli spazi interni del centro, foto fornita dall’ufficio stampa

Ai genitori saranno dedicati una serie di incontri di educazione per stare col bambino nello spettro autistico; per esempio su come sviluppare delle autonomie a casa, come lavorare sulla selettività alimentare e sulla comunicazione, su come giocare col proprio figlio. «Sarà proprio una scuola per i genitori, che saranno coinvolti direttamente nelle terapie dei bambini, in modo pratico», commenta Riva. «Per noi è importante che il bambino generalizzi quello che impara nel centro e quindi porti a casa le esperienze fatte e le competenze acquisite. Chiediamo a step di mandarci dei video di quello che succede a casa, così monitoriamo i comportamenti». Si tratta di una parte fondamentale del lavoro, perché la chiave dell’impegno di L’abilità è tenere la famiglia all’interno del progetto di vita del bambino, costruendo il percorso assieme.

Tutti questi interventi saranno svolti senza gravare troppo sulle finanze della famiglia. Per la struttura, infatti, l’associazione sta chiedendo il convenzionamento all’Azienda per la tutela della salute-Ats, in modo che le rette vengano coperte dal servizio pubblico. Fino ad allora alle famiglie sarà chiesto un contributo economico, ma calmierato: non più del 30% del costo di mercato. «Questo è in linea con la filosofia di L’Abilità come associazione di sostegno alle famiglie», afferma il vicepresidente. «Prevediamo anche delle rette gratuite per un gruppo di bambini, per venire incontro a chi non ha disponibilità economica. Stiamo raccogliendo con il settore raccolta fondi dei budget per permettere a tutti di frequentare il centro».

Foto in apertura da Unsplash


Scegli la rivista
dell’innovazione sociale



Sostieni VITA e aiuta a
supportare la nostra missione


Cosa fa VITA?

Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è  grazie a chi decide di sostenerci.