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Aung San Suu Kyi sarà liberata. Scheda biografica

Premio Nobel per la pace 1991, figlia del generale Aung San, l'eroe nazionale che avviò la Birmania verso l'indipendenza dalla Gran Bretagna, è nata...

di Redazione

La giunta militare al potere in Myanmar (ex Birmania) ha fatto trapelare oggi la notizia che ”entro due giorni” Aung San Suu Kyi – leader carismatica dell’opposizione democratica, agli arresti domiciliari, con qualche pausa, da oltre undici anni – sarà di nuovo libera. Accanto a questo è forte l’aspettativa, favorita da dichiarazioni di esponenti governativi, di un imminente ‘apertura’ nella politica dei militari al potere da 40 anni. La revoca delle limitazioni alla libertà di Suu Kyi – 56 anni, premio Nobel per la pace, indomita guida del dissenso nel suo paese ma anche protagonista di un nuovo dialogo di ”riconciliazione nazionale” con i militari – è un gesto di grande portata simbolica. Indomita leader dell’opposizione democratica al regime militare birmano, Aung San Suu Kyi, che dovrebbe ritrovare presto la sua completa libertà – dopo oltre undici anni tra arresti domiciliari e gravi limitazioni di movimento – incarna la speranza di un paese sottoposto dal 1962 a una dittatura militare. Premio Nobel per la pace 1991, figlia del generale Aung San, l’eroe nazionale che avviò la Birmania verso l’indipendenza dalla Gran Bretagna, è nata a Rangoon il 19 giugno del 1945 e ha compiuto gli studi in Birmania ed in India, dove la madre era ambasciatrice. Laureatasi con una borsa di studio a Oxford in filosofia, scienze politiche e scienze economiche, fu poi assunta dal segretariato delle Nazioni Unite a New York. Nel 1972 ha sposato l’accademico britannico Michael Aris, con il quale ha avuto due figli. Dopo aver soggiornato col marito nel Bhutan, in India ed in Giappone, Suu Kyi stava studiando per ottenere un dottorato a Londra quando nel 1988 tornò a Rangoon (ora Yangon) per accudire la madre morente. Nella capitale si trovò coinvolta nei moti democratici contro il regime del dittatore Ne Win, ed il suo primo discorso davanti alla grande pagoda di Shwe Dagon attrasse centinaia di migliaia di persone. In un paese sottoposto alla legge maziale, chiede con veemenza la formazione di un governo provvisorio e libere elezioni. Fonda subito dopo la Lega nazionale per la democrazia (Ldn). Chiede a tutti coloro che condividono le sue idee e i suoi obiettivi di usare sempre e solo i metodi della nonviolenza. Nel luglio del 1989 la giunta militare succeduta a Ne Win mette Suu Kyi agli arresti domiciliari, dove la leader rimarrà per sei anni nonostante il conferimento del premio Nobel per la pace nell’ottobre 1991. Mentre Suu Kyi si trova confinata in casa, l’Ldn vince clamorosamente alle elezioni indette dai militari nel maggio 1990, con il 60 per cento dei voti e l’80 dei seggi. La giunta non riconoscerà mai questi risultati, né consentirà mai al nuovo parlamento eletto di riunirsi. Tutti i partiti politici vengono smantellati, la maggior parte dei ‘compagni’ della ‘madre coraggio’ birmana arrestati. Nel 1991 il Nobel per la Pace, che riceve al suo posto il figlio maggiore. Nel luglio 1995 viene rimessa in libertà, ma con grosse limitazioni: non deve allontanarsi dalla capitale. Il braccio di ferro con il regime continua, Suu Kyi tenta più volte di raggiungere altre località, per partecipare ad appuntamenti politici, compie azioni clamorose come il chiudersi in macchina senza mangiare né bere per molti giorni. Le sue trasgressioni la portaro infine, nel settembre 2000, a un rinnovato confino tra le pareti di casa, con i fili del telefono tagliati. Dalla fine del 2000, un passaggio importante, nonostante l’isolamento: l’apertura di un confronto con i militari, per arrivare a una ”riconciliazione nazionale” fortemente auspicata anche dalla comunità internazionale.


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