Volontariato
Aumenta la cultura del dono in Italia. Il motivo? La polarizzazione dei sentimenti
Alla presentazione del Rapporto sul dono in Italia dell’Istituto italiano donazione Paolo Anselmi, vice presidente del centro di ricerca Gfk, che ha curato lo studio ha spiegato: «Quanto più si rafforzano le posizioni contrarie all’accoglienza, alla solidarietà, al dono, tanto più una parte degli indifferenti si è svegliata e ha sentito la necessità di un gesto di solidarietà»
di Paolo Biondi
La polarizzazione dei sentimenti ha favorito nell’ultimo anno il consolidarsi e il rafforzarsi della cultura del dono, una cultura che va portata nelle scuole per radicarla nelle nuove generazioni. È il messaggio scaturito dalla tavola rotonda che ha accompagnato la presentazione dei dati del secondo Rapporto sul dono in Italia, dell’Iid, Istituto italiano donazione.
«Dobbiamo promuovere la cultura del dono per incrementare il tasso di fiducia sul futuro nel nostro Paese», ha esordito il presidente dell’Iid Stefano Tabò, mentre Silvia Stilli, del Forum nazionale Terzo settore ha subito auspicato che «nella scuola le questioni del dono e del volontariato possano dire la loro per l’educazione civica». A tale proposito Cinzia di Stazio, segretario generale Iid, illustrando i dati del rapporto, ha raccontato che «le scuole sono al centro di un processo di educazione civica e, in vista del Giorno del dono 2018 che si celebra il 4 ottobre, siamo reduci da un giro nelle scuole italiane».
Ma come può essere successo che, dopo un declino ultradecennale e che sembrava irreversibile, quest’anno il Rapporto ha registrato una seppur lieve inversione di tendenza nel numero delle persone che effettuano donazioni? Una risposta l’ha tentata Paolo Anselmi, vice presidente del centro di ricerca Gfk. «Nel 2005 arrivammo ad avere il 33% della popolazione italiana formata da donatori, con il picco registrato dopo lo tsunami del 2004. Si è scesi poi fino al 18% nel 2017, perdendo 6-7 milioni di donatori. Il fenomeno fu messo in relazione generalmente alla crisi economica. Ma cosa è accaduto nell’ultimo anno da riuscire a fermare il declino? Io propendo per l’ipotesi della polarizzazione culturale. Quanto più si rafforzano le posizioni contrarie all’accoglienza, alla solidarietà, al dono, tanto più una parte degli indifferenti si è svegliata e ha sentito la necessità di un gesto di solidarietà», ha detto Anselmi.
Il ricercatore del Gfk ha aggiunto che «i donatori hanno una posizione positiva sul futuro. Inoltre un atteggiamento non ideologico è più orientato al fare e all’idea che anche il piccolo gesto è positivo. Le persone che donano sono più felici, dichiarano una maggiore soddisfazione nella propria vita». Quest’ultima considerazione è suffragata da alcuni dati statistici: «Nell’ultimo anno si è registrato un calo di 6 punti di coloro (che comunque restano maggioranza) che si dicono preoccupati del futuro, si è arrestato poi il declino della felicità, e ci sono alcuni segnali che vendono valori come l’amicizia e la cultura che tendono a risalire», ha aggiunto Anselmi.
L’economista Leonardo Becchetti ha detto che «le persone che ricevono devono essere a loro volta soggetto di un dono: il dono è positivo se alimenta a sua volta la capacità di dare».
Valeria Reda, della Doxa, ha raccontato che dal 2015 aumentano le persone «che donano informalmente (come durante la Messa) e con donazioni disintermediate: 4 italiani su 6 hanno fatto nell’ultimo anno almeno una donazione informale».
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