Povertà sanitaria
Aumenta chi rinuncia alle cure: sono il 7,6% degli italiani
A spingere all'abbandono ragioni economiche e lunghe liste d'attesa. I più colpiti sono la fascia d'età 55-59 anni e le donne. Significativo il divario Nord Sud. Ecco tutti i dati della relazione del Cnel. Intanto, in Italia, la spesa pubblica in sanità è tra le più basse d'Europa
Aumenta ancora il numero di persone che in Italia è costretto a rinunciare alle cure. Le ragioni sono problemi economici, tempi di attesa troppo lunghi o difficoltà a raggiungere i luoghi di cura. Nel 2023, a rinunciare a usufruire delle prestazioni sanitarie nel nostro paese sono state 4,5 milioni di persone, il 7,6% della popolazione, secondo l’ultima Relazione del Consiglio nazionale dell’Economia e del Lavoro Cnel che evidenzia come fossero stati il 7% del 2022 e al 6,3% del 2019, anno pre-Covid, con un’impennata dell’11% durante l’anno pandemico del 2021. Stabili le ragioni economiche che spingono all’abbandono (4,2% nel 2023 e 4,3% nel 2019), in crescita quelle legate alle liste d’attesa, passate dal 2,8% nel 2019, al 3,8% nel 2022 e al 4,5% nel 2023. Secondo il Cnel, inoltre, la spesa pubblica in sanità risulta in risalita a partire dal 2020, ma, ciò nonostante, rimane ancora tra le più basse d’Europa (75,6% del totale), mentre la spesa privata dei cittadini continua a crescere (+ 5% solo nell’ultimo anno).
I più penalizzati donne e adulti 55-59 anni
La quota di cittadini che ha rinunciato a visite mediche (escluse odontoiatriche) o ad accertamenti sanitari è massima nella fascia di età 55-59 anni (11,1%), è più bassa ma comunque elevata tra gli anziani di 75 anni e più (9,8%) e minima tra i bambini fino ai 13 anni (1,3%). Emerge uno svantaggio delle donne, con il 9% contro il 6,2% degli uomini.
Divario nord-sud
Si conferma anche il divario nord-sud che caratterizza molti indicatori in ambito sanitario. La quota più alta di rinuncia si registra al Centro (8,8%), mentre nel Mezzogiorno è pari al 7,7% e al Nord al 7,1%. Il dato peggiore è in Sardegna con un valore pari al 13,7%, seguita dal Lazio (10,5%) e dalle Marche (9,7%). All’opposto si collocano il Friuli-Venezia Giulia, le PA di Bolzano e Trento, Emilia Romagna, Toscana e Campania con valori inferiori al 6%.
I dati dell’ultima Relazione del Consiglio nazionale dell’Economia e del Lavoro Cnel si aggiungono a quelli dell’Istat, dell’Istituto superiore di sanità, di Fondazione Gimbe e di Cittadinanzattiva, Altroconsumo.
I dati della sorveglianza Passi d’Argento dell’Iss diffusi lo scorso ottobre, mostrano che nel biennio 2022-2023, il 18% degli ultra 65enni (pari a 2,6 milioni) ha dichiarato di aver rinunciato, nei 12 mesi precedenti all’intervista, ad almeno una visita medica o a un esame diagnostico di cui avrebbe avuto bisogno. Di nuovo, fra i motivi principali della rinuncia al primo posto ci sono le lunghe liste di attesa (nel 55% delle rinunce), le difficoltà logistiche per raggiungere le strutture sanitarie o la scomodità degli orari (13%) e i costi troppo elevati delle prestazioni (10%). Anche qui, emerge una disuguaglianza nell’accesso ai servizi sanitari, che varia notevolmente a seconda delle condizioni socio-economiche e della regione di residenza. La rinuncia è più frequente fra le persone socialmente più svantaggiate, per difficoltà economiche (39% tra coloro che hanno dichiarato di arrivare a fine mese con molte difficoltà contro il 20% rispetto a chi non ne ha) o per bassa istruzione (24% tra chi ha al più la licenza elementare contro il 19% tra i laureati). A rinunciare maggiormente sono i residenti nelle regioni del Centro e Sud d’Italia (27% contro 16% fra quelli al Nord) e il tasso di rinuncia è più alto fra le donne (25% contro 21% degli uomini).
Foto di Online Marketing su Unsplash
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