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Attuazione delle direttive 91/156/CEEsui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio.

di Redazione

Decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 (in Gazz. Uff., 15 febbraio 1997, n. 38, s.o.). — Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio.

TITOLO I
Capo I

Art. 1.

Campo d’applicazione.

1. Il presente decreto disciplina la gestione dei rifiuti, dei rifiuti pericolosi, degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggi, fatte salve le disposizioni specifiche particolari o complementari, conformi ai principi del presente decreto, adottate in attuazione di direttive comunitarie che disciplinano la gestione di determinate categorie di rifiuti.
2. Le Regioni a statuto ordinario regolano la materia disciplinatadal presente decreto nel rispetto delle disposizioni in esso contenute che costituiscono principi fondamentali della legislazione statale ai sensi dell’articolo 117, comma 1, della Costituzione .
3. Le disposizioni di principio del presente decreto costituiscono norme di riforma economico-sociale nei confronti delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome aventi competenza sclusiva in materia, le quali provvedono ad adeguare i rispettiviordinamenti entro un anno dall’entrata in vigore del presentedecreto.

Art. 2.

Finalità

1. La gestione dei rifiuti costituisce attività di pubblicointeresse ed è disciplinata dal presente decreto al fine di assicurare un’elevata protezione dell’ambiente e controlli efficaci,tenendo conto della specificità dei rifiuti pericolosi.
2. I rifiuti devono essere recuperati o smaltiti senza pericolo perla salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente e, in particolare:
a) senza determinare rischi per l’acqua, l’aria, il suolo e perla fauna e la flora;
b) senza causare inconvenienti da rumori o odori;
c) senza danneggiare il paesaggio e i siti di particolare
interesse, tutelati in base alla normativa vigente.
3. La gestione dei rifiuti si conforma ai principi di responsabilizzazione e di cooperazione di tutti i soggetti coinvolti nella produzione, nella distribuzione, nell’utilizzo e nel consumo di beni da cui originano i rifiuti, nel rispetto dei princìpi dell’ordinamento nazionale e comunitario.
4. Per il conseguimento delle finalità del presente decreto dello Stato, le Regioni e gli Enti locali, nell’ambito delle rispettive competenze e in conformità alle disposizioni che seguono, adottano ogni opportuna azione avvalendosi, anche mediante accordi e contratti di programma, di soggetti pubblici e privati qualificati.

Art. 3.

Prevenzione della produzione di rifiuti.

1. Le autorità competenti adottano ciascuna nell’ambito delle proprie attribuzioni iniziative dirette a favorire, in via prioritaria, la prevenzione e la riduzione della produzione e della pericolosità dei rifiuti mediante:
a) lo sviluppo di tecnologie pulite, in particolare quelle che consentono un maggiore risparmio di risorse naturali;
b) la promozione di strumenti economici, eco-bilanci, sistemi di ecoaudit, analisi del ciclo di vita dei prodotti, azioni di informazione e di sensibilizzazione dei consumatori, nonché lo sviluppo del sistema di marchio ecologico ai fini della corretta valutazione dell’impatto di uno specifico prodotto sull’ambiente durante l’intero ciclo di vita del prodotto medesimo;
c) la messa a punto tecnica e l’immissione sul mercato di prodotti concepiti in modo da non contribuire o da contribuire il meno possibile, per la loro fabbricazione, il loro uso o il loro smaltimento, ad incrementare la quantità, il volume e la pericolosità dei rifiuti e i rischi di inquinamento;
d) lo sviluppo di tecniche appropriate per l’eliminazione di sostanze pericolose contenute nei rifiuti destinati a essere recuperati o smaltiti;
e) la determinazione di condizioni di appalto che valorizzino le capacità e le competenze tecniche in materia di prevenzione della produzione di rifiuti;
f) la promozione di accordi e contratti di programma finalizzati alla prevenzione e alla riduzione della quantità e della pericolosità dei rifiuti.

Art. 4.

Recupero dei rifiuti.

1. Ai fini di una corretta gestione dei rifiuti le autorità competenti favoriscono la riduzione dello smaltimento finale dei rifiuti attraverso:
a) il reimpiego e il riciclaggio;
b) le altre forme di recupero per ottenere materia prima dai rifiuti;
c) l’adozione di misure economiche e la determinazione di condizioni di appalto che prevedano l’impiego dei materiali recuperati dai rifiuti al fine di favorire il mercato dei materiali medesimi;
d) l’utilizzazione principale dei rifiuti come combustibile o come altro mezzo per produrre energia.
2. Il riutilizzo, il riciclaggio e il recupero di materia prima debbono essere considerati preferibili rispetto alle altre forme di recupero.
3. Al fine di favorire e incrementare le attività di riutilizzo, di riciclaggio e di recupero le autorità competenti ed i produttori promuovono analisi dei cicli di vita dei prodotti, ecobilanci, informazioni e tutte le altre iniziative utili.
4. Le autorità competenti promuovono e stipulano accordi e contratti di programma con i soggetti economici interessati al fine di favorire il riutilizzo, il riciclaggio e il recupero dei rifiuti, con particolare riferimento al reimpiego di materie prime e di prodotti ottenuti dalla raccolta differenziata con la possibilità di stabilire agevolazioni in materia di adempimenti amministrativi nel rispetto delle norme comunitarie ed il ricorso a strumenti economici.

Art. 5.

Smaltimento dei rifiuti.

1. Lo smaltimento dei rifiuti deve essere effettuato in condizioni di sicurezza e costituisce la fase residuale della gestione dei rifiuti.
2. I rifiuti da avviare allo smaltimento finale devono essere il più possibile ridotti potenziando la prevenzione e le attività di riutilizzo, di riciclaggio e di recupero.
3. Lo smaltimento dei rifiuti è attuato con il ricorso ad una rete integrata ed adeguata di impianti di smaltimento, che tenga conto delle tecnologie più perfezionate a disposizione che comportino costi eccessivi, al fine di:
a) realizzare l’autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi in ambiti territoriali ottimali;
b) permettere lo smaltimento dei rifiuti in uno degli impianti appropriati più vicini al fine di ridurre i movimenti dei rifiuti stessi, tenendo conto del contesto geografico o della necessità di impianti specializzati per determinati tipi di rifiuti;
c) utilizzare i metodi e le tecnologie più idonei a garantire un alto grado di protezione dell’ambiente e della salute pubblica. 4. A partire dal 1° gennaio 1999 la realizzazione e la gestione di nuovi impianti di incenerimento possono essere autorizzate solo se il relativo processo di combustione è accompagnato da recupero energetico con una quota minima di trasformazione del potere calorifico dei rifiuti in energia utile, calcolata su base annuale, stabilita con apposite norme tecniche.
5. Dal 1° gennaio 1999 è vietato smaltire i rifiuti urbani non pericolosi in regioni diverse da quelle dove gli stessi sono prodotti, fatti salvi gli accordi regionali o internazionali esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto. Eventuali nuovi accordi regionali potranno essere promossi nelle forme previste dalla legge 8 giugno 1990, n. 142, qualora gli aspetti territoriali e l’opportunità tecnico-economica di raggiungere livelli ottimali di utenza servita lo richiedano.
6. Dal 1° gennaio 2000 è consentito smaltire in discarica solo i rifiuti inerti, i rifiuti individuati da specifiche norme tecniche ed i rifiuti che residuano dalle operazioni di riciclaggio, di recupero e di smaltimento di cui ai punti D2, D8, D9, D10 e D11 di cui all’allegato B. Per casi di comprovata necessità e per periodi di tempo determinati il Presidente della regione, d’intesa con il Ministro dell’ambiente, può autorizzare lo smaltimento in discarica nel rispetto di apposite prescrizioni tecniche e delle norme vigenti in materia.
6-bis. L’autorizzazione di cui al comma 6 deve indicare i presupposti della deroga e gli interventi previsti per superare la situazione di necessità, con particolare riferimento ai fabbisogni, alla tipologia e alla natura dei rifiuti da smaltire in discarica,
alle iniziative ed ai tempi di attuazione delle stesse, nonché alle
eventuali integrazioni del piano regionale. Ai fini dell’acquisizione
dell’intesa il Ministro dell’ambiente si pronuncia entro 90 giorni
dal ricevimento del relativo provvedimento, decorso inutilmente tale
termine l’intesa si intende acquisita.

Art. 6.

Definizioni.

1. Ai fini del presente decreto si intende per:
a) rifiuto: qualsiasi sostanza od oggetto che rientra nelle
categorie riportate nell’allegato A e di cui il detentore si disfi o
abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi;
b) produttore: la persona la cui attività ha prodotto rifiuti e/o
la persona che ha effettuato operazioni di pretrattamento o di
miscuglio o altre operazioni che hanno mutato la natura o la
composizione dei rifiuti;
c) detentore: il produttore dei rifiuti o la persona fisica o
giuridica che li detiene;
d) gestione: la raccolta, il trasporto, il recupero e lo
smaltimento dei rifiuti, compreso il controllo di queste operazioni
nonché il controllo delle discariche e degli impianti di smaltimento
dopo la chiusura;
e) raccolta: l’operazione di prelievo, di cernita e di
raggruppamento dei rifiuti per il loro trasporto;
f) raccolta differenziata: la raccolta idonea a raggruppare i
rifiuti urbani in frazioni merceologiche omogenee, compresa la
frazione organica umida, destinate al riutilizzo, al riciclaggio e al
recupero di materia prima;
g) smaltimento: le operazioni previste nell’allegato B;
h) recupero: le operazioni previste nell’allegato C;
i) luogo di produzione dei rifiuti: uno o più edifici o
stabilimenti o siti infrastrutturali collegati tra loro all’interno
di un’area delimitata in cui si svolgono le attività di produzione
dalle quali originano i rifiuti;
l) stoccaggio: le attività di smaltimento consentiti nelle
operazioni di deposito preliminare di rifiuti di cui al punto D15
dell’allegato B nonché le attività di recupero consistenti nelle
operazioni di messa in riserva di materiali di cui al punto R13
dell’allegato C;
m) deposito temporaneo: il raggruppamento dei rifiuti effettuato,
prima della raccolta, nel luogo in cui sono prodotti alle seguenti
condizioni:
1) i rifiuti depositati non devono contenere
policlorodibenzodiossine, policlorodibenzofurani,
policlorodibenzofenoli in quantità superiore a 2,5 ppm né
policlorobifenile, policlorotrifenili in quantità superiore a 25 ppm;
2) i rifiuti pericolosi devono essere raccolti ed avviati alle
operazioni di recupero o di smaltimento con cadenza almeno bimestrale
indipendentemente dalle quantità in deposito, ovvero in alternativa,
quando il quantitativo di rifiuti pericolosi in deposito raggiunge i
10 metri cubi; il termine di durata del deposito temporaneo è di un
anno se il quantitativo di rifiuti in deposito non supera i 10 metri
cubi nell’anno o se, indipendentemente dalle quantità, il deposito
temporaneo è effettuato in stabilimenti localizzati nelle isole
minori;
3) i rifiuti non pericolosi devono essere raccolti ed avviati
alle operazioni di recupero o di smaltimento con cadenza almeno
trimestrale indipendentemente dalle quantità in deposito, ovvero, in
alternativa, quando il quantitativo di rifiuti non pericolosi in
deposito raggiunge i 20 metri cubi; il termine di durata del deposito
temporaneo è di un anno se il quantitativo di rifiuti in deposito non
supera i 20 metri cubi nell’anno o se, indipendentemente dalle
quantità, il deposito temporaneo è effettuato in stabilimenti
localizzati nelle isole minori;
4) il deposito temporaneo deve essere effettuato per tipi
omogenei e nel rispetto delle relative norme tecniche, nonché, per i
rifiuti pericolosi, nel rispetto delle norme che disciplinano il
deposito delle sostanze pericolose in essi contenute;
5) devono essere rispettate le norme che disciplinano
l’imballaggio e l’etichettatura dei rifiuti pericolosi;
6) Omissis;
n) bonifica: ogni intervento di rimozione della fonte inquinante
e di quanto dalla stessa contaminato fino al raggiungimento dei
valori limite conformi all’utilizzo previsto dell’area;
o) messa in sicurezza: ogni intervento per il contenimento e/o
isolamento definitivo della fonte inquinante rispetto alle matrici
ambientali circostanti;
p) combustibile da rifiuti: il combustibile ricavato dai rifiuti
urbani mediante trattamento finalizzato all’eliminazione delle
sostanze pericolose per la combustione e a garantire un adeguato
potere calorico e che possieda caratteristiche specificate con
apposite norme tecniche;
q) compost da rifiuti: prodotto ottenuto dal compostaggio della
frazione organica dei rifiuti urbani nel rispetto di apposite norme
tecniche finalizzate a definirne contenuti e usi compatibili con la
tutela ambientale e sanitaria, e in particolare a definirne i gradi
di qualità.

Art. 7.

Classificazione.

1. Ai f
ini dell’attuazione del presente decreto i rifiuti sono
classificati, secondo l’origine, in rifiuti urbani e rifiuti
speciali, e, secondo le caratteristiche di pericolosità, in rifiuti
pericolosi e rifiuti non pericolosi.
2. Sono rifiuti urbani:
a) i rifiuti domestici, anche ingombranti, provenienti da locali
e luoghi adibiti ad uso di civile abitazione;
b) i rifiuti non pericolosi provenienti da locali e luoghi
adibiti ad usi diversi da quelli di cui alla lettera a), assimilati
ai rifiuti urbani per qualità e quantità, ai sensi dell’articolo 21,
comma 2, lettera g);
c) i rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade;
d) i rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle
strade ed aree pubbliche o sulle strade ed aree private comunque
soggette ad uso pubblico o sulle spiagge marittime e lacuali e sulle
rive dei corsi d’acqua;
e) i rifiuti vegetali provenienti da aree verdi, quali giardini,
parchi ed aree cimiteriali;
f) i rifiuti provenienti da esumazioni ed estumulazioni, nonché
gli altri rifiuti provenienti da attività cimiteriale diversi da
quelli di cui alle lettere b), c) ed e).
3. Sono rifiuti speciali:
a) i rifiuti da attività agricole e agro-industriali;
b) i rifiuti derivanti dalle attività di demolizione,
costruzione, nonché i rifiuti pericolosi che derivano dalle attività
di scavo;
c) i rifiuti da lavorazioni industriali;
d) i rifiuti da lavorazioni artigianali;
e) i rifiuti da attività commerciali;
f) i rifiuti da attività di servizio;
g) i rifiuti derivanti dalla attività di recupero e smaltimento
di rifiuti, i fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri
trattamenti delle acque e dalla depurazione delle acque reflue e da
abbattimento di fumi;
h) i rifiuti derivanti da attività sanitarie;
i) i macchinari e le apparecchiature deteriorati e obsoleti;
l) i veicoli a motore, rimorchi e simili fuori uso e loro parti.
4. Sono pericolosi i rifiuti non domestici precisati nell’elenco di
cui all’allegato D sulla base degli allegati G, H ed I.

Art. 8.

Esclusioni.

1. Sono esclusi dal campo di applicazione del presente decreto gli
effluenti gassosi emessi nell’atmosfera, nonché, in quanto
disciplinati da specifiche disposizioni di legge:
a) i rifiuti radioattivi;
b) i rifiuti risultanti dalla prospezione, dall’estrazione, dal
trattamento, dall’ammasso di risorse minerali o dallo sfruttamento
delle cave;
c) le carogne e i seguenti rifiuti agricoli: materie fecali e
altre sostanze naturali non pericolose utilizzate nell’attività
agricola ed in particolare i materiali litoidi o vegetali
riutilizzati nelle normali pratiche agricole e di conduzione dei
fondi rustici e le terre da coltivazione provenienti dalla pulizia
dei prodotti vegetali eduli;
d) Omissis;
e) le acque di scarico, esclusi i rifiuti allo stato liquido;
f) i materiali esplosivi in disuso.
1-bis. Non sono in ogni caso assimilabili ai rifiuti urbani i
rifiuti derivanti dalle lavorazioni di minerali e di materiali da
cava .
2. Omissis.
3. Omissis.
4. Omissis.

Art. 9.

Divieto di miscelazione di rifiuti pericolosi.

1. é vietato miscelare categorie diverse di rifiuti pericolosi
ovvero rifiuti pericolosi di cui all’allegato G con rifiuti non
pericolosi.
2. In deroga al divieto di cui al comma 1, la miscelazione di
rifiuti pericolosi tra loro o con altri rifiuti, sostanze o
materiali, può essere autorizzata ai sensi dell’articolo 28 qualora
siano rispettate le condizioni di cui all’articolo 2, comma 2, ed al
fine di rendere più sicuro il recupero e lo smaltimento dei rifiuti.
3. Fatta salva l’applicazione delle sanzioni di cui all’articolo
51, comma 5, chiunque viola il divieto di cui al comma 1 è tenuto a
procedere a proprie spese alla separazione dei rifiuti miscelati
qualora sia tecnicamente ed economicamente possibile e per soddisfare
le condizioni di cui all’articolo 2, comma 2.

Art. 10.

Oneri dei produttori e dei detentori.

1. Gli oneri relativi alle attività di smaltimento sono a carico
del detentore che consegna i rifiuti ad un raccoglitore autorizzato o
ad un soggetto che effettua le operazioni individuate nell’allegato B
al presente decreto, e dei precedenti detentori o del produttore dei
rifiuti.
2. Il produttore dei rifiuti speciali assolve i propri obblighi con
le seguenti priorità:
a) autosmaltimento dei rifiuti;
b) conferimento dei rifiuti a terzi autorizzati ai sensi delle
disposizioni vigenti;
c) conferimento dei rifiuti ai soggetti che gestiscono il
servizio pubblico di raccolta dei rifiuti urbani, con i quali sia
stata stipulata apposita convenzione;
d) esportazione dei rifiuti con le modalità previste
dall’articolo 16 del presente decreto.
3. La responsabilità del detentore per il corretto recupero o
smaltimento dei rifiuti è esclusa:
a) in caso di conferimento dei rifiuti al servizio pubblico di
raccolta;
b) in caso di conferimento dei rifiuti a soggetti autorizzati
alle attività di recupero o di smaltimento, a condizione che il
detentore abbia ricevuto il formulario di cui all’articolo 15
controfirmato e datato in arrivo dal destinatario entro tre mesi
dalla data di conferimento dei rifiuti al trasportatore, ovvero alla
scadenza del predetto termine abbia provveduto a dare comunicazione
alla provincia della mancata ricezione del formulario. Per le
spedizioni transfrontaliere di rifiuti tale termine è elevato a sei
mesi e la comunicazione deve essere effettuata alla regione.

Art. 11.

Catasto dei rifiuti.

1. Entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del
presente decreto, il ministro dell’Ambiente, sentita la Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province
autonome di Trento e Bolzano di cui all’articolo 12 della legge 23
agosto 1988, n. 400, provvede con proprio decreto alla
riorganizzazione del Catasto di rifiuti istituita ai sensi
dell’articolo 3 del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397,
convertito, con modificazioni, nella legge 9 novembre 1988, n. 475, e
successive modificazioni, in modo da assicurare un quadro conoscitivo
completo e costantemente aggiornato, anche ai fini della
pianificazione delle connesse attività di gestione, sulla base del
sistema di raccolta dei dati relativi alla gestione dei rifiuti di
cui alla legge 25 gennaio 1994, n. 70, utilizzando la nomenclatura
prevista dal Catalogo europeo dei rifiuti istituito con decisione
della Commissione delle Comunità europee del 20 dicembre 1993,
pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee n. 5 del 7
gennaio 1994.
2. Il Catasto è articolato in una sezione nazionale, che ha sede in
Roma presso l’Agenzia nazionale per la protezione dell’ambiente
(Anpa) e in sezioni regionali o delle province autonome presso le
corrispondenti Agenzie regionali e delle Province autonome per la
protezione dell’ambiente (Arpa) e, ove tali Agenzie non siano ancora
costituite, presso la Regione .
3. Chiunque effettua a titolo professionale attività di raccolta e
di trasporto di rifiuti, compresi i commercianti e gli intermediari
di rifiuti, ovvero svolge le operazioni di recupero e di smaltimento
dei rifiuti, nonché le imprese e gli enti che producono rifiuti
pericolosi e le imprese e gli enti che producono rifiuti non
pericolosi di cui all’articolo 7, comma 3, lettere c), d) e g), sono
tenuti a comunicare annualmente con le modalità previste dalla legge
25 gennaio 1994, n. 70 le quantità e le caratteristiche qualitative
dei rifiuti oggetto delle predette attività. Sono esonerati da tale
obbligo gli imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 del codice
civile con un volume di affari annuo non superiore a lire quindici
milioni e, limitatamente alla produzione di rifiuti non pericolosi, i
piccoli imprenditori artigiani di cui all’articolo 2083 del codice
civile che non hanno più di tre dipendenti. Nel caso in cui i
produttori di rifiuti conferiscono i medesimi al Servizio pubblico di
raccolta, la comunicazione è effettuata dal gestore del servizio
limitatamente alla quantità conferita.
4. I comuni o loro Consorzi o comunità montane ovvero aziende
speciali con finalità di smaltimento dei rifiuti urbani e assimilati
comunicano annualmente secondo le modalità previste dalla legge 25
gennaio 1994, n. 70 le seguenti informazioni relative all’anno
precedente:
a) la quantità dei rifiuti urbani raccolti nel proprio
territorio;
b) i soggetti che hanno provveduto alla gestione dei rifiuti,
specificando le operazioni svolte, le tipologie e la quantità dei
rifiuti gestiti da ciascuno;
c) i costi di gestione e di ammortamento tecnico e finanziario
degli investimenti per le attività di gestione dei rifiuti, nonché i
proventi della tariffa di cui all’articolo 49;
d) i dati relativi alla raccolta differenziata.
5. Le Sezioni regionali e provinciali e delle Province autonome del
Catasto provvedono all’elaborazione dei dati ed alla successiva
trasmissione alla Sezione nazionale entro 30 giorni dal ricevimento,
ai sensi dell’articolo 2, comma 2 della legge 25 gennaio 1994, n. 70,
delle informazioni di cui ai commi 3 e 4. L’Anpa elabora i dati,
evidenziando le tipologie e le quantità dei rifiuti prodotti,
raccolti, trasportati, recuperati e smaltiti, nonché gli impianti di
smaltimento e di recupero in esercizio, e ne assicura la pubblicità.
6. Fino all’emanazione del decreto di cui al comma 1 continuano ad
applicarsi le disposizioni vigenti in materia.
7. La riorganizzazione del Catasto di cui ai commi 1 e 2 non deve
comportare oneri ulteriori e aggiuntivi per il bilancio dello Stato.

Art. 12.

Registro di carico e scarico.

1. I soggetti di cui all’articolo 11, comma 3, hanno l’obbligo di
tenere un registro di carico e scarico, con fogli numerati e vidimati
dall’Ufficio del registro, su cui devono annotare le informazioni
sulle caratteristiche qualitative e quantitative dei rifiuti, da
utilizzare ai fini della comunicazione annuale al Catasto. Le
annotazioni devono essere effettuate:
a) per i produttori almeno entro una settimana dalla produzione
del rifiuto e dallo scarico del medesimo;
b) per i soggetti che effettuano la raccolta e il trasporto
almeno entro una settimana dalla effettuazione del trasporto;
c) per i commercianti e gli intermediari almeno entro una
settimana dalla effettuazione della transazione relativa;
d) per i soggetti che effettuano le operazioni di recupero e di
smaltimento entro ventiquattro ore dalla presa in carico dei rifiuti.
2. Il registro tenuto dagli stabilimenti e dalle imprese che
svolgono attività di smaltimento e di recupero di rifiuti deve,
inoltre, contenere:
a) l’origine, la quantità, le caratteristiche e la destinazione
specifica dei rifiuti;
b) la data del carico e dello scarico dei rifiuti e il mezzo di
trasporto utilizzato;
c) il metodo di trattamento impiegato.
3. I registri sono tenuti presso ogni impianto di produzione, di
stoccaggio, di recupero e di smaltimento di rifiuti nonché presso la
sede delle imprese che effettuano attività di raccolta e trasporto, e
presso la sede dei commercianti e degli intermediari. I registri
integrati con i formulari relativi al trasporto dei rifiuti sono
conservati per cinque anni dalla data dell’ultima registrazione, ad
eccezione dei registri relativi alle operazioni di smaltimento dei
rifiuti in discarica, che devono essere conservati a tempo
indeterminato ed al termine dell’attività devono essere consegnati
all’autorità che ha rilasciato l’autorizzazione.
3-bis. I registri di carico e scarico relativi ai rifiuti prodotti
dalle attività di manutenzione delle reti e delle utenze diffuse
svolte dai soggetti pubblici e privati titolari di diritti speciali o
esclusivi ai sensi della direttiva 93/38/CE attuata con il decreto
legislativo 17 marzo 1995, n. 158, che installano e gestiscono,
direttamente o mediante appaltatori, reti ed impianti per
l’erogazione di forniture e servizi di interesse pubblico, possono
essere tenuti, nell’ambito della provincia dove l’attività è svolta,
presso le sedi di coordinamento organizzativo o altro centro
equivalente comunicato preventivamente alla provincia medesima.
4. I soggetti la cui produzione annua di rifiuti non eccede le 5
tonnellate di rifiuti non pericolosi ed una tonnellata di rifiuti
pericolosi, possono adempiere all’obbligo della tenuta dei registri
di carico e scarico dei rifiuti anche tramite le organizzazioni di
categoria interessate o loro società di servizi che provvedono ad
annotare i dati previsti con cadenza mensile, mantenendo presso la
sede dell’impresa copia dei dati trasmessi.
5. Le informazioni contenute nel registro sono rese in qualunque
momento all’autorità di controllo che ne fa richiesta.
6. In attesa dell’individuazione del modello uniforme di registro
di carico e scarico e degli eventuali documenti sostitutivi nonché
delle modalità di tenuta degli stessi, continuano ad applicarsi le
disposizioni vigenti che disciplinano le predette modalità di tenuta
dei registri.

Art. 13.

Ordinanze contingibili e urgenti.

1. Fatto salvo quanto previsto dalle disposizioni vigenti in
materia di tutela ambientale, sanitaria e di pubblica sicurezza,
qualora si verifichino situazioni di eccezionale ed urgente necessità
di tutela della salute pubblica e dell’ambiente, e non si possa
altrimenti provvedere, il presidente della Giunta regionale o il
presidente della Provincia ovvero il sindaco possono emettere,
nell’ambito delle rispettive competenze, ordinanze contingibili ed
urgenti per consentire il ricorso temporaneo a speciali forme di
gestione dei rifiuti, anche in deroga alle disposizioni vigenti,
garantendo un elevato livello di tutela della salute e dell’ambiente.
Dette ordinanze sono comunicate al Ministro dell’ambiente, al
Ministro della sanità e al presidente della regione entro tre giorni
dall’emissione ed hanno efficacia per un periodo non superiore a sei
mesi.
2. Entro centoventi giorni dall’adozione delle ordinanze di cui al
comma 1, il presidente della Giunta regionale promuove ed adotta le
iniziative necessarie per garantire la raccolta differenziata, il
riutilizzo, il riciclaggio e lo smaltimento dei rifiuti. In caso di
inutile decorso del termine e di accertata inattività, il Ministro
dell’ambiente diffida il Presidente della giunta regionale a
provvedere entro un congruo termine, e in caso di protrazione
dell’inerzia può adottare in via sostitutiva tutte le iniziative
necessarie ai predetti fini.
3. Le ordinanze di cui al comma 1 indicano le norme a cui si
intende derogare e sono adottate su parere degli organi tecnici o
tecnico-sanitari locali, che lo esprimono con specifico riferimento
alle conseguenze ambientali.
4. Le ordinanze di cui al comma 1 non possono essere reiterate per
più di due volte. Qualora ricorrano comprovate necessità, il
Presidente della regione d’intesa con il Ministro dell’ambiente può
adottare, sulla base di specifiche prescrizioni le ordinanze di cui
al comma 1 anche oltre i predetti termini.
5. Le ordinanze di cui al comma 1 che consentono il ricorso
temporaneo a speciali forme di gestione dei rifiuti pericolosi sono
comunicate dal Ministro dell’ambiente alla Commissione dell’Unione
Europea.

Art. 14.

Divieto di abbandono.

1. L’abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e
nel suolo sono vietati.
2. é altresì vietata l’immissione di rifiuti di qualsiasi genere,
allo stato solido o liquido, nelle acque superficiali e sotterranee.
3. Fatta salva l’applicazione delle sanzioni di cui agli articoli
51 e 52, chiunque viola i divieti di cui ai commi 1 e 2 è tenuto a
procedere alla rimozione, all’avvio a recupero o allo smaltimento dei
rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il
proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di
godimento sull’area ai quali tale violazione sia imputabile a titolo
di dolo o colpa. Il sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal
fine necessarie e il termine entro cui provvedere, decorso il quale
procede all’esecuzione in danno dei soggetti obbligati e al recupero
delle somme anticipate.
4. Qualora la responsabilità del fatto illecito di cui al comma 1
sia imputabile ad amministratori o rappresentanti di persona
giuridica, ai sensi e per gli effetti del comma 3 sono tenuti in
solido la persona giuridica e i soggetti che subentrano nei diritti
della persona stessa.

Art. 15.

Trasporto dei rifiuti.

1. Durante il trasporto effettuato da enti o imprese i rifiuti sono
accompagnati da un formulario di identificazione dal quale devono
risultare, in particolare, i seguenti dati:
a) nome ed indirizzo del produttore e del detentore;
b) origine, tipologia e quantità del rifiuto;
c) impianto di destinazione;
d) data e percorso dell’istradamento;
e) nome ed indirizzo del destinatario.
2. Il formulario di identificazione di cui al comma 1 deve essere
redatto in quattro esemplari, compilato, datato e firmato dal
detentore dei rifiuti, e controfirmato dal trasportatore. Una copia
del formulario deve rimanere presso il detentore, e le altre tre,
controfirmate e datate in arrivo dal destinatario, sono acquisite una
dal destinatario e due dal trasportatore, che provvede a trasmetterne
una al detentore. Le copie del formulario devono essere conservate
per cinque anni.
3. Durante la raccolta ed il trasporto i rifiuti pericolosi devono
essere imballati ed etichettati in conformità alle norme vigenti in
materia.
4. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano al trasporto
di rifiuti urbani effettuato dal soggetto che gestisce il servizio
pubblico né ai trasporti di rifiuti che non eccedano la quantità di
trenta chilogrammi al giorno o di trenta litri al giorno effettuati
dal produttore dei rifiuti stessi.
5. Il modello uniforme di formulario di identificazione di cui al
comma 1 è adottato entro sessanta giorni dalla data di entrata in
vigore del presente decreto.
5-bis. I formulari di identificazione di cui al comma 1 devono
essere numerati e vidimati dall’ufficio del registro o dalle camere
di commercio, industria, artigianato e agricoltura, e devono essere
annotati sul registro IVA-acquisti. La vidimazione dei predetti
formulari di identificazione è gratuita e non è soggetta ad alcun
diritto o imposizione tributaria.

Art. 16.

Spedizioni transfrontaliere.

1. Le spedizioni transfrontaliere dei rifiuti sono disciplinate dal
regolamento CEE n. 259/93 del Consiglio del 1° febbraio 1993, e
successive modifiche e integrazioni.
2. Sono fatti salvi, ai sensi dell’articolo 19 del regolamento CEE
n. 259/93, gli accordi in vigore tra lo Stato della Città del
Vaticano, la Repubblica di San Marino e la Repubblica Italiana. Alle
importazioni di rifiuti solidi urbani e assimilati provenienti dallo
Stato della Città del Vaticano e dalla Repubblica di San Marino non
si applicano le disposizioni di cui all’articolo 20 del regolamento
CEE n. 259/93.
3. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente
decreto il Ministro dell’ambiente, di concerto con i Ministri
dell’industria, del commercio e dell’artigianato, della sanità, del
tesoro e dei trasporti e della navigazione, nel rispetto delle norme
del regolamento CEE n. 259/93 disciplina:
a) i criteri per il calcolo degli importi minimi delle garanzie
finanziarie da prestare per le spedizioni dei rifiuti, di cui
all’articolo 27 del regolamento;
b) le spese amministrative poste a carico dei notificatori ai
sensi dell’articolo 33, paragrafo 1, del regolamento;
c) le specifiche modalità per il trasporto dei rifiuti prodotti
negli Stati di cui al comma 2.
4. Ai sensi e per gli effetti del regolamento:
a) le autorità competenti di spedizione e di destinazione sono le
Regioni e le Province autonome;
b) l’autorità di transito è il Ministero dell’ambiente;
c) corrispondente è il Ministero dell’ambiente.
5. Le Regioni e le Province autonome comunicano le informazioni di
cui all’articolo 38 del regolamento CEE n. 259/93 al Ministero
dell’ambiente, per il successivo inoltro alla Commissione dell’Unione
Europea.

Art. 17.

Bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati.

1. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente
decreto il Ministro dell’ambiente avvalendosi dell’Agenzia nazionale
per la protezione dell’ambiente (ANPA), di concerto con i Ministri
dell’industria, del commercio e dell’artigianato e della sanità,
sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, definisce:
a) i limiti di accettabilità della contaminazione dei suoli,
delle acque superficiali e delle acque sotterranee in relazione alla
specifica destinazione d’uso dei siti;
b) le procedure di riferimento per il prelievo e l’analisi dei
campioni;
c) i criteri generali per la messa in sicurezza, la bonifica del
ripristino ambientale dei siti inquinati, nonché per la redazione dei
progetti di bonifica.
c-bis) tutte le operazioni di bonifica di suoli e falde acquifere
che facciano ricorso a batteri, a ceppi batterici mutanti, a
stimolanti di batteri naturalmente presenti nel suolo al fine di
evitare i rischi di contaminazione del suolo e delle falde acquifere.
1-bis. I censimenti di cui al decreto del Ministro dell’ambiente 16
maggio 1989, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 121 del 26 maggio
1989, sono estesi alle aree interne ai luoghi di produzione,
raccolta, smaltimento e recupero dei rifiuti, in particolare agli
impianti a rischio di incidente rilevante di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 17 maggio 1988, n. 175, e successive
modificazioni. Il Ministro dell’ambiente dispone, eventualmente
attraverso accordi di programma con gli enti provvisti delle
tecnologie di rilevazione più avanzate, la mappatura nazionale dei
siti oggetto dei censimenti e la loro verifica con le regioni.
2. Chiunque cagiona, anche in maniera accidentale, il superamento
dei limiti di cui al comma 1, lettera a), ovvero determini un
pericolo concreto ed attuale di superamento dei limiti medesimi, è
tenuto a procedere a proprie spese agli interventi di messa in
sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale delle aree
inquinate e degli impianti dai quali deriva il pericolo di
inquinamento. A tal fine:
a) deve essere data, entro 48 ore, notifica al Comune, alla
Provincia e alla Regione territorialmente competenti, nonché agli
organi di controllo sanitario e ambientale, della situazione di
inquinamento ovvero del pericolo concreto ed attuale di inquinamento
del sito;
b) entro le quarantotto ore successive alla notifica di cui alla
lettera a), deve essere data comunicazione al Comune e alla Provincia
ed alla Regione territorialmente competenti degli interventi di messa
in sicurezza adottati per non aggravare la situazione di inquinamento
o di pericolo di inquinamento, contenere gli effetti e ridurre il
rischio sanitario ed ambientale;
c) entro trenta giorni dall’evento che ha determinato
l’inquinamento ovvero dalla individuazione della situazione di
pericolo, deve essere presentato al Comune ed alla Regione il
progetto di bonifica delle aree inquinate.
3. I soggetti e gli organi pubblici che nell’esercizio delle
proprie funzioni istituzionali individuano siti nei quali i livelli
di inquinamento sono superiori ai limiti previsti, ne danno
comunicazione al Comune, che diffida il responsabile
dell’inquinamento a provvedere ai sensi del comma 2, nonché alla
provincia ed alla Regione.
4. Il Comune approva il progetto ed autorizza la realizzazione
degli interventi previsti entro novanta giorni dalla data di
presentazione del progetto medesimo e ne dà comunicazione alla
Regione. L’autorizzazione indica le eventuali modifiche ed
integrazioni del progetto presentato, ne fissa i tempi, anche
intermedi, di esecuzione, e stabilisce le garanzie finanziarie che
devono essere prestate a favore della Regione per la realizzazione e
l’esercizio degli impianti previsti dal progetto di bonifica
medesimo. Se l’intervento di bonifica e di messa in sicurezza
riguarda un’area compresa nel territorio di più Comuni il progetto e
gli interventi sono approvati ed autorizzati dalla Regione.
5. Entro sessanta giorni dalla data di presentazione del progetto
di bonifica la Regione può richiedere al Comune che siano apportate
modifiche ed integrazioni ovvero stabilite specifiche prescrizioni al
progetto di bonifica.
6. Qualora la destinazione d’uso prevista dagli strumenti
urbanistici in vigore imponga il rispetto di limiti di accettabilità
di contaminazione che non possono essere raggiunti neppure con
l’applicazione delle migliori tecnologie disponibili a costi
sopportabili, l’autorizzazione di cui al comma 4 può prescrivere
l’adozione di misure di sicurezza volte ad impedire danni derivanti
dall’inquinamento residuo, da attuarsi in via prioritaria con
l’impiego di tecniche e di ingegneria ambientale, nonché limitazioni
temporanee o permanenti all’utilizzo dell’area bonificata rispetto
alle previsioni degli strumenti urbanistici vigenti, ovvero
particolari modalità per l’utilizzo dell’area medesima. Tali
prescrizioni comportano, ove occorra, variazione degli strumenti
urbanistici e dei piani territoriali.
6-bis. Gli interventi di bonifica dei siti inquinati possono essere
assistiti, sulla base di apposita disposizione legislativa di
finanziamento, da contributo pubblico entro il limite massimo del 50
per cento delle relative spese qualora sussistano preminenti
interessi pubblici connessi ad esigenze di tutela igienico-sanitaria
e ambientale o occupazionali. Ai predetti contributi pubblici non si
applicano le disposizioni di cui ai commi 10 e 11.
7. L’autorizzazione di cui al comma 4 costituisce variante
urbanistica, comporta dichiarazione di pubblica utilità, di urgenza e
di indifferibilità dei lavori, e sostituisce a tutti gli effetti le
autorizzazioni, le concessioni, i concerti, le intese, i nulla osta,
i pareri e gli assensi previsti dalla legislazione vigente per la
realizzazione e l’esercizio degli impianti e delle attrezzature
necessarie all’attuazione del progetto di bonifica.
8. Il completamento degli interventi previsti dai progetti di cui
al comma 2, lettera c), è attestato da apposita certificazione
rilasciata dalla Provincia competente per territorio.
9. Qualora i responsabili non provvedano ovvero non siano
individuabili, gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di
ripristino ambientale sono realizzati d’ufficio dal Comune
territorialmente competente e, ove questo non provveda, dalla
Regione, che si avvale anche di altri enti pubblici. Al fine di
anticipare le somme per i predetti interventi le Regioni possono
istituire appositi fondi nell’ambito delle proprie disponibilità di
bilancio.
10. Gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di
ripristino ambientale costituiscono onere reale sulle aree inquinate
di cui ai commi 2 e 3. L’onere reale deve essere indicato nel
certificato di destinazione urbanistica ai sensi e per gli effetti
dell’articolo 18, comma 2 della legge 28 febbraio 1985, n. 47.
11. Le spese sostenute per la messa in sicurezza, la bonifica ed il
ripristino ambientale delle aree inquinate di cui ai commi 2 e 3 sono
assistite da privilegio speciale immobiliare sulle aree medesime, ai
sensi e per gli effetti dell’articolo 2748, secondo comma, del codice
civile. Detto privilegio si può esercitare anche in pregiudizio dei
diritti acquistati dai terzi sull’immobile. Le predette spese sono
altresì assistite da privilegio generale mobiliare.
12. Le Regioni predispongono sulla base delle notifiche dei
soggetti interessati ovvero degli accertamenti degli organi di
controllo un’anagrafe dei siti da bonificare che individui:
a) gli ambiti interessati, la caratterizzazione ed il livello
degli inquinanti presenti;
b) i soggetti cui compete l’intervento di bonifica;
c) gli enti di cui la Regione intende avvalersi per l’esecuzione
d’ufficio in caso di inadempienza dei soggetti obbligati;
d) la stima degli oneri finanziari.
13. Nel caso in cui il mutamento di destinazione d’uso di un’area
comporti l’applicazione dei limiti di accettabilità di contaminazione
più restrittivi, l’interessato deve procedere a proprie spese ai
necessari interventi di bonifica sulla base di un apposito progetto
che è approvato dal Comune ai sensi di cui ai commi 4 e 6.
L’accertamento dell’avvenuta bonifica è effettuato dalla Provincia ai
sensi del comma 8.
13-bis. Le procedure per gli interventi di messa in sicurezza, di
bonifica e di ripristino ambientale disciplinate dal presente
articolo possono essere comunque utilizzate ad iniziativa degli
interessati.
14. I progetti relativi ad interventi di bonifica di interesse
nazionale sono presentati al Ministero dell’ambiente ed approvati, ai
sensi e per gli effetti delle disposizioni che precedono con decreto
del Ministro dell’ambiente di concerto con i Ministri dell’industria,
del commercio e dell’artigianato e della sanità, d’intesa con la
Regione territorialmente competente. L’approvazione produce gli
effetti di cui al comma 7 e, con esclusione degli impianti di
incenerimento e di recupero energetico, sostituisce, ove prevista per
legge, la pronuncia di valutazione di impatto ambientale degli
impianti da realizzare nel sito inquinato per gli interventi di
bonifica.
15. I limiti, le procedure, i criteri generali di cui al comma 1 ed
i progetti di cui al comma 14 relativi ad aree destinate alla
produzione agricole e all’allevamento sono definiti ed approvati di
concerto con il Ministero delle risorse agricole, alimentari e
forestali.
15-bis. Il Ministro dell’ambiente, di concerto con il Ministro
dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica e con il
Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato, emana un
decreto recante indicazioni ed informazioni per le imprese
industriali, consorzi di imprese, cooperative, consorzi tra imprese
industriali ed artigiane che intendano accedere a incentivi e
finanziamenti per la ricerca e lo sviluppo di nuove tecnologie di
bonifica previsti dalla vigente legislazione.
15-ter. Il Ministero dell’ambiente e le regioni rendono pubblica,
rispettivamente, la lista di priorità nazionale e regionale dei siti
contaminati da bonificare.
Capo II
Art. 18.

1. Spettano allo Stato:

a) le funzioni di indirizzo e coordinamento necessarie
all’attuazione del presente decreto da adottare ai sensi
dell’articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59;
b) la definizione dei criteri generali e delle metodologie per la
gestione integrata dei rifiuti nonché l’individuazione dei fabbisogni
per lo smaltimento dei rifiuti sanitari, anche al fine di ridurre la
movimentazione;
c) l’individuazione delle iniziative e delle misure per prevenire
e limitare anche mediante il ricordo a forme di deposito cauzionale
sui beni immessi al consumo, la produzione dei rifiuti, nonché per
ridurre la pericolosità degli stessi;
d) l’individuazione dei flussi omogenei di produzione dei rifiuti
con più elevato impatto ambientale, che presentano le maggiori
difficoltà di smaltimento o particolari possibilità di recupero sia
per le sostanze impiegate nei prodotti base sia per la quantità
complessiva dei rifiuti medesimi;
e) la definizione dei piani di settore per la riduzione, il
riciclaggio, il recupero e l’ottimizzazione dei flussi di rifiuti;
f) l’indicazione delle misure atte ad incoraggiare la
razionalizzazione della raccolta, della cernita e del riciclaggio dei
rifiuti;
g) l’individuazione delle iniziative e delle azioni, anche
economiche, per favorire il riciclaggio ed il recupero di materia
prima dai rifiuti, nonché per promuovere il mercato dei materiali
recuperati dai rifiuti ed il loro impiego da parte della Pubblica
amministrazione e dei soggetti economici;
h) l’individuazione degli obiettivi di qualità dei servizi di
gestione dei rifiuti;
i) la determinazione dei criteri generali per la elaborazione dei
piani regionali di cui all’articolo 22 ed il coordinamento dei piani
stessi;
l) l’indicazione dei criteri generali relativi alle
caratteristiche delle aree non idonee alla localizzazione degli
impianti di smaltimento dei rifiuti;
m) l’indicazione dei criteri generali per l’organizzazione e
l’attuazione della raccolta differenziata dei rifiuti urbani;
n) la determinazione d’intesa con la Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e
di Bolzano dei criteri generali e degli standard di bonifica dei siti
inquinati, nonché la determinazione dei criteri per individuare gli
interventi di bonifica che, in relazione al rilievo dell’impatto
sull’ambiente connesso all’estensione dell’area interessata, alla
quantità e pericolosità degli inquinanti presenti, rivestono
interesse nazionale.
2. Sono inoltre di competenza dello Stato:
a) l’adozione delle norme tecniche per la gestione dei rifiuti,
dei rifiuti pericolosi e di specifiche tipologie di rifiuti, nonché
delle norme e delle condizioni per l’applicazione delle procedure
semplificate di cui agli articoli 31, 32 e 33;
b) la determinazione e la disciplina delle attività di recupero
dei prodotti di amianto e dei beni e dei prodotti contenenti amianto;
c) la determinazione dei limiti di accettabilità e delle
caratteristiche chimiche, fisiche e biologiche di talune sostanze
contenute nei rifiuti in relazione a specifiche utilizzazioni degli
stessi;
d) la determinazione dei criteri qualitativi e quali-quantitativi
per l’assimilazione, ai fini della raccolta e dello smaltimento, dei
rifiuti speciali ai rifiuti urbani;
e) la definizione del modello e dei contenuti del formulario di
identificazione di cui all’articolo 15, commi 1 e 5;
f) la definizione dei metodi, delle procedure e degli standard
per il campionamento e l’analisi dei rifiuti;
g) la determinazione dei requisiti soggettivi e delle capacità
tecniche e finanziarie per l’esercizio delle attività di gestione dei
rifiuti;
h) la riorganizzazione e la tenuta del Catasto nazionale dei
rifiuti;
i) la regolamentazione del trasporto dei rifiuti e la definizione
del formulario di cui all’articolo 15;
l) l’individuazione delle tipologie di rifiuti che per comprovate
ragioni tecniche, ambientali ed economiche possono essere smaltiti
direttamente in discarica;
m) l’adozione di un modello uniforme del registro di cui
all’articolo 12 e la definizione delle modalità di tenuta dello
stesso, nonché l’individuazione degli eventuali documenti sostitutivi
del registro stesso;
n) l’individuazione dei beni durevoli di cui all’articolo 44;
o) l’aggiornamento degli allegati al presente decreto;
p) l’adozione delle norme tecniche, delle modalità e delle
condizioni di utilizzo del prodotto ottenuto mediante compostaggio,
con particolare riferimento all’utilizzo agronomico come
fertilizzante, ai sensi della legge 19 ottobre 1984, n. 748 e
successive modifiche e integrazioni, del prodotto di qualità ottenuto
mediante compostaggio da rifiuti organici selezionati alla fonte con
raccolta differenziata;
p-bis) l’autorizzazione allo smaltimento di rifiuti nelle acque
marine in conformità alle disposizioni stabilite dalle norme
comunitarie e dalle convenzioni internazionali vigenti in materia;
tale autorizzazione è rilasciata dal Ministro dell’ambiente, sentito
il Ministro delle politiche agricole, su proposta dell’autorità
marittima nella cui zona di competenza si trova il porto più vicino
al luogo dove deve essere effettuato lo smaltimento ovvero si trova
il porto da cui parte la nave con il carico di rifiuti da smaltire.
3. Salvo che non sia diversamente disposto dal presente decreto, le
funzioni di cui al comma 1 sono esercitate ai sensi della legge 23
agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell’ambiente di
concerto con il Ministro dell’industria, del commercio e
dell’artigianato e della sanità, sentita la Conferenza permanente per
i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento
e Bolzano.
4. Salvo che non sia diversamente disposto dal presente decreto, le
norme regolamentari e tecniche di cui al comma 2 sono adottate, ai
sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400,
con decreti del Ministro dell’ambiente di concerto con i Ministri
dell’industria, del commercio, dell’artigianato e della sanità,
nonché, quando le predette norme riguardano i rifiuti agricoli ed il
trasporto dei rifiuti, di concerto, rispettivamente, con i Ministri
delle risorse agricole, alimentari e forestali e dei trasporti e
della navigazione.

Art. 19.

Competenze delle Regioni.

1. Sono di competenza delle Regioni, nel rispetto dei princìpi
previsti dalla normativa vigente e dal presente decreto:
a) la predisposizione, l’adozione e l’aggiornamento, sentiti le
Province ed i Comuni, dei piani regionali di gestione dei rifiuti di
cui all’articolo 22;
b) la regolamentazione delle attività di gestione dei rifiuti,
ivi compresa la raccolta differenziata di rifiuti urbani, anche
pericolosi, con l’obiettivo prioritario della separazione dei rifiuti
di provenienza alimentare, degli scarti di prodotti vegetali e
animali, o comunque ad alto tasso di umidità, dai restanti rifiuti;
c) l’elaborazione, l’approvazione e l’aggiornamento dei piani per
la bonifica di aree inquinate;
d) l’approvazione dei progetti di nuovi impianti per la gestione
dei rifiuti, anche pericolosi, e l’autorizzazione alle modifiche
degli impianti esistenti;
e) l’autorizzazione all’esercizio delle operazioni di smaltimento
e di recupero dei rifiuti, anche pericolosi;
f) le attività in materia di spedizioni transfrontaliere dei
rifiuti che il Regolamento CEE n. 259/93 attribuisce alle autorità
competenti di spedizione e di destinazione;
g) la delimitazione in deroga all’ambito provinciale, degli
ambiti ottimali per la gestione dei rifiuti urbani e assimilati;
h) le linee guida ed i criteri per la predisposizione dei
progetti di bonifica e di messa in sicurezza, nonché l’individuazione
delle tipologie di progetti non soggetti ad autorizzazione;
i) la promozione della gestione integrata dei rifiuti, intesa
come il complesso delle attività volte ad ottimizzare il riutilizzo,
il riciclaggio, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti;
l) l’incentivazione alla riduzione della produzione dei rifiuti e
al recupero degli stessi;
m) la definizione dei contenuti della relazione da allegare alla
comunicazione di cui agli articoli 31, 32 e 33;
n) la definizione di criteri per l’individuazione, da parte delle
Province, delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di
smaltimento e di recupero dei rifiuti;
n-bis) la definizione dei criteri per l’individuazione dei luoghi
o impianti adatti allo smaltimento e la determinazione, nel rispetto
delle norme tecniche di cui all’articolo 18, comma 2, lettera a), di
disposizioni speciali per rifiuti di tipo particolare.
2. Per l’esercizio delle funzioni di cui al comma 1 le Regioni si
avvalgono anche degli organismi individuati ai sensi del
decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496, convertito, con modificazioni,
dalla legge 21 gennaio 1994, n. 61.
3. Le Regioni privilegiano la realizzazione di impianti di
smaltimento e recupero dei rifiuti in aree industriali,
compatibilmente con le caratteristiche delle aree medesime,
incentivando le iniziative di autosmaltimento. Tale disposizione non
si applica alle discariche.
4. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente
decreto le Regioni emanano norme affinché gli uffici pubblici coprano
il fabbisogno annuale di carta con una quota di carta riciclata pari
almeno al quaranta per cento del fabbisogno stesso.
4-bis. Nelle aree portuali la gestione dei rifiuti prodotti dalle
navi è organizzata dalle autorità portuali, ove istituite, o dalle
autorità marittime, che provvedono anche agli adempimenti di cui agli
articoli 11 e 12.

Art. 20.

Competenze delle Province.

1. In attuazione dell’articolo 14 della legge 8 giugno 1990, n.
142, alle Province competono, in particolare:
a) le funzioni amministrative concernenti la programmazione e
l’organizzazione dello smaltimento dei rifiuti a livello provinciale;
b) il controllo e la verifica degli interventi di bonifica e del
monitoraggio ad essi conseguenti;
c) il controllo periodico su tutte le attività di gestione, di
intermediazione e di commercio dei rifiuti, ivi compreso
l’accertamento delle violazioni del presente decreto;
d) la verifica ed il controllo dei requisiti previsti per
l’applicazione delle procedure semplificate di cui agli articoli 31,
32 e 33;
e) l’individuazione, sulla base delle previsioni del piano
territoriale di coordinamento di cui all’articolo 15, comma 2, della
legge 8 giugno 1990, n. 142, ove già adottato, e delle previsioni di
cui all’articolo 22, comma 3, lettere c) ed e), sentiti i Comuni,
delle zone idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e
di recupero dei rifiuti urbani, con indicazioni plurime per ogni tipo
di impianto, nonché delle zone non idonee alla localizzazione di
impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti;
f) l’iscrizione delle imprese e degli enti sottoposti alle
procedure semplificate di cui agli articoli 31, 32 e 33 ed i relativi
controlli;
g) l’organizzazione delle attività di raccolta differenziata dei
rifiuti urbani e assimilati sulla base di ambiti territoriali
ottimali delimitati ai sensi dell’articolo 23.
2. Per l’esercizio delle attività di controllo sulla gestione dei
rifiuti le Province possono avvalersi anche delle strutture di cui
all’articolo 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502,
come sostituito dall’articolo 8 del decreto legislativo 7 dicembre
1993, n. 517, con le modalità di cui al comma 3, nonché degli
organismi individuati ai sensi del decreto legge 4 dicembre 1993, n.
496, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 gennaio 1994, n.
61.
3. Ai fini dell’esercizio delle proprie funzioni le Province
possono altresì avvalersi di organismi pubblici con specifiche
esperienze e competenze tecniche in materia, con i quali stipulano
apposite convenzioni.
4. Gli addetti al controllo sono autorizzati ad effettuare
ispezioni, verifiche e prelievi di campioni all’interno di
stabilimenti, impianti o imprese che producono o che svolgono
attività di gestione dei rifiuti. Il segreto industriale non può
essere opposto agli addetti al controllo, che sono tenuti all’obbligo
della riservatezza ai sensi della normativa vigente.
5. Il personale appartenente al Nucleo operativo ecologico
dell’Arma dei carabinieri è autorizzato ad effettuare le ispezioni e
le verifiche necessarie ai fini dell’espletamento delle funzioni di
cui all’articolo 8 della legge 8 luglio 1986, n. 349. Restano ferme
le altre disposizioni vigenti in materia di vigilanza e controllo.
6. Nell’ambito delle competenze di cui al comma 1, le province
sottopongono ad adeguati controlli periodici gli stabilimenti e le
imprese che smaltiscono o recuperano rifiuti, curando, in
particolare, l’effettuazione di adeguati controlli periodici sulle
attività sottoposte alle procedure semplificate di cui agli articoli
31, 32 e 33, e che i controlli concernenti la raccolta e il trasporto
di rifiuti pericolosi riguardino, in primo luogo, l’origine e la
destinazione dei rifiuti.

Art. 21.

Competenze dei Comuni.

1. I Comuni effettuano la gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti
assimilati avviati allo smaltimento in regime di privativa nelle
forme di cui alla legge 8 giugno 1990, n. 142 e dell’articolo 23.
2. I Comuni disciplinano la gestione dei rifiuti urbani con
appositi regolamenti che, nel rispetto dei principi di efficienza,
efficacia ed economicità, stabiliscono in particolare:
a) le disposizioni per assicurare la tutela igienico-sanitaria in
tutte le fasi della gestione dei rifiuti urbani;
b) le modalità del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti
urbani;
c) le modalità del conferimento, della raccolta differenziata e
del trasporto dei rifiuti urbani al fine di garantire una distinta
gestione delle diverse frazioni di rifiuti e promuovere il recupero
degli stessi;
d) le norme atte a garantire una distinta ed adeguata gestione
dei rifiuti urbani pericolosi, e dei rifiuti da esumazione ed
estumulazione di cui all’articolo 7, comma 2, lettera f);
e) le disposizioni necessarie ad ottimizzare le forme di
conferimento, raccolta e trasporto dei rifiuti primari di imballaggio
in sinergia con altre frazioni merceologiche, fissando standard
minimi da rispettare;
f) le modalità di esecuzione della pesata dei rifiuti urbani
prima di inviarli al recupero e allo smaltimento;
g) l’assimilazione per qualità e quantità dei rifiuti speciali
non pericolosi ai rifiuti urbani ai fini della raccolta e dello
smaltimento sulla base dei criteri fissati ai sensi dell’articolo 18,
comma 2, lettera d). Sono comunque considerati rifiuti urbani, ai
fini della raccolta, del trasporto e dello stoccaggio, tutti i
rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade ovvero, di
qualunque natura e provenienza, giacenti sulle strade ed aree
pubbliche o sulle strade ed aree private comunque soggette a uso
pubblico o sulle strade marittime e lacuali e sulle rive dei corsi
d’acqua.
3. é, inoltre, di competenza dei Comuni l’approvazione dei progetti
di bonifica dei siti inquinati ai sensi dell’articolo 17 .
4. Nell’attività di gestione dei rifiuti urbani, i Comuni si
possono avvalere della collaborazione delle associazioni di
volontariato e della partecipazione dei cittadini e delle loro
associazioni.
5. I Comuni possono istituire, nelle forme previste dalla legge 8
giugno 1990, n. 142, e successive modificazioni, servizi integrativi
per la gestione dei rifiuti speciali non assimilati ai rifiuti
urbani.
6. I Comuni sono tenuti a fornire alla Regione e alla Provincia
tutte le informazioni sulla gestione dei rifiuti urbani dalle stesse
richieste.
7. La privativa di cui al comma 1 non si applica alle attività di
recupero dei rifiuti che rientrino nell’accordo di programma di cui
all’articolo 22, comma 11, ed alle attività di recupero dei rifiuti
assimilati.
8. Sono fatte salve le disposizioni di cui all’articolo 6, comma 1,
della legge 28 gennaio 1994, n. 84, e relativi decreti attuativi.

Capo III

Art. 22.

Piani regionali.

1. Le Regioni, sentite le Province ed i Comuni, nel rispetto dei
princìpi e delle finalità di cui agli articoli 1, 2, 3, 4 e 5, ed in
conformità ai criteri stabiliti dal presente articolo, predispongono
piani regionali di gestione dei rifiuti assicurando adeguata
pubblicità e la massima partecipazione dei cittadini, ai sensi
dell’articolo 25 della legge 7 agosto 1990, n. 241.
2. I piani regionali di gestione dei rifiuti promuovono la
riduzione delle quantità, dei volumi e della pericolosità dei
rifiuti.
3. Il piano regionale di gestione dei rifiuti prevede inoltre:
a) le condizioni ed i criteri tecnici in base ai quali, nel
rispetto delle disposizioni vigenti in materia, gli impianti per la
gestione dei rifiuti, ad eccezione delle discariche, possono essere
localizzati nelle aree destinate a insediamenti produttivi;
b) la tipologia e il complesso degli impianti di smaltimento e di
recupero dei rifiuti urbani da realizzare nella regione, tenendo
conto dell’obiettivo di assicurare la gestione dei rifiuti urbani non
pericolosi all’interno degli ambiti territoriali ottimali di cui
all’articolo 23, nonché dell’offerta di smaltimento e di recupero da
parte del sistema industriale;
c) il complesso delle attività e dei fabbisogni degli impianti
necessari a garantire la gestione dei rifiuti urbani secondo criteri
di efficienza e di economicità e l’autosufficienza della gestione dei
rifiuti urbani non pericolosi all’interno di ciascuno degli ambiti
territoriali ottimali di cui all’articolo 23, nonché ad assicurare lo
smaltimento dei rifiuti speciali in luoghi prossimi a quelli di
produzione al fine di favorire la riduzione della movimentazione di
rifiuti;
d) la stima dei costi delle operazioni di recupero e di
smaltimento;
e) i criteri per l’individuazione, da parte delle Province, delle
aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e
recupero dei rifiuti, nonché per l’individuazione dei luoghi o
impianti adatti allo smaltimento dei rifiuti;
f) le iniziative dirette a limitare la produzione dei rifiuti ed
a favorire il riutilizzo, il riciclaggio e il recupero dei rifiuti;
g) le iniziative dirette a favorire il recupero dai rifiuti di
materiale e di energia;
h) le misure atte a promuovere la regionalizzazione della
raccolta, della cernita e dello smaltimento dei rifiuti urbani;
h-bis) i tipi, le quantità e l’origine dei rifiuti da recuperare
o da smaltire;
h-ter) la determinazione, nel rispetto delle norme tecniche di
cui all’articolo 18, comma 2, lettera a), di disposizioni speciali
per rifiuti di tipo particolare.
4. Il piano regionale di gestione dei rifiuti è coordinato con gli
altri piani di competenza regionale previsti dalla normativa vigente,
ove adottati.
5. Costituiscono parte integrante del piano regionale i piani per
la bonifica delle aree inquinate che devono prevedere:
a) l’ordine di priorità degli interventi, basato su un criterio
di valutazione del rischio elaborato dall’ANPA;
b) l’individuazione dei siti da bonificare e delle
caratteristiche generali degli inquinamenti presenti;
c) le modalità degli interventi di bonifica e di risanamento
ambientale, che privilegino prioritariamente l’impiego di materiali
provenienti da attività di recupero di rifiuti urbani;
d) la stima degli oneri finanziari;
e) le modalità di smaltimento dei materiali da asportare.
6. L’approvazione del piano regionale o il suo adeguamento è
condizione necessaria per accedere ai finanziamenti nazionali.
7. La Regione approva o adegua il piano entro due anni dalla data
di entrata in vigore del presente decreto; in attesa restano in
vigore i piani regionali vigenti.
8. In caso di inutile decorso del termine di cui al comma 7 e di
accertata inattività, il Ministro dell’ambiente diffida gli organi
regionali competenti ad adempiere entro un congruo termine e, in casi
di protrazione dell’inerzia, adotta, in via sostitutiva, i
provvedimenti necessari alla elab

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