Non profit

«Attenzione sì, panico no»

L'equilibrio dell'immunologo Giuseppe Remuzzi

di Daniele Biella

Nessun bacio alla reliquia di San Gennaro. Quella presa ieri pomeriggio a Napoli è solo una delle ultime eclatanti decisioni in merito ai rischi dell’influenza A. Segno che il contagio di massa è alle porte o psicosi sempre più diffusa? Da una parte c’è il premio Nobel per la medicina Luc Montagnier che dice «vaccinazione doverosa per tutti», addirittura «cruciale per i giovani», dall’altra l’oncologo Umberto Veronesi che predica invece calma assoluta, dato che «si tratta di un’influenza meno pericolosa dei virus che arrivano ogni anno». Due riconosciuti esperti, due pareri agli antipodi. Con chi schierarsi? «Con nessuno dei due», spiega a vita.it il professore Giuseppe Remuzzi, coordinatore della ricerca della sede di Bergamo dell’Istituto Mario Negri e direttore del dipartimento di Immunologia e Clinica dei trapianti all’ospedale di Bergamo.

Le tesi di Montagnier e Veronesi sono quindi da scartare?
Il fatto è che non bisogna né generare troppo allarmismo, vista la situazione attuale in Italia, né non curarsi affatto del problema, che oggi c’è ma del quale non possiamo verificare la portata. Una cosa è certa: il paragone con le altre influenze stagionali è difficile da fare, perchè a morire per l’H1N1 sono spesso giovani, quindi persone ‘diverse’ da quelle che muoiono a causa del virus stagionale, spesso anziani già debilitati.

C’è comunque da avere timore dell’influenza A?
La paura è oggi ingiustificata. Nella maggioranza dei casi si rivela essere come un’influenza normale. Ma si tratta di un virus nuovo, e come tale va studiato con attenzione e con molta prudenza, per capire se si tratta di un’influenza che andrà via tranquilla o se sarà un fenomeno più preoccupante.

Il vaccino è necessario?
Se sicuro ed efficace, sarà la misura migliore. Ma ora è presto per dirlo, perchè non ancora messo a punto in modo efficace, essendo stato testato solo su cento persone. Da qui a due mesi si sapranno invece i risultati su un campione più significativo, di 6mila individui in tutto il mondo. Ma il suo effetto ad anni di distanza non si potrà sapere nemmeno allora.

Quali categorie dovranno essere vaccinate per prime?
Lo stiamo discutendo in questi giorni al Consiglio superiore di sanità (in cui Remuzzi è presente in qualità di esperto. Quando Vita lo raggiunge al telefono ha appena concluso una sessione di lavoro del Css): di sicuro i primi a essere vaccinati dovranno essere i bambini e i giovani con gravi patologie, poi le donne incinte, dal secondo trimestre di gravidanza in poi. Infine, gli over 60 aggetti da malattie.
Nessun vaccino indiscriminato per tutti i giovani, quindi?
No. Sebbene si tratti di vaccini con rischi probabilmente non alti,  ritengo che sia sbagliato vaccinare tutta la popolazione giovanile. Allo stesso modo, penso che chiudere le scuole non abbia senso.

Nemmeno la proposta di allungare le vacanze natalizie, avanzata oggi dal ministro dell’istruzione Gelmini, la convince?
Mi sembra il solito compromesso all’italiana. Le epidemie del passato, del resto, hanno dimostrato che la chiusura delle scuole come motivo precauzionale porta vantaggi davvero piccoli, piuttosto reca disagi più grandi, sia dal punto di vista economico, che per quanto riguarda gli incidenti domestici dei ragazzi, per non parlare dei disagi alla società in generale: ad esempio, chi non ha aiuti per curare i figli a casa da scuola, deve assentarsi dal lavoro. Basta pensare alla crisi che coinvolgerebbe una scelta del genere nel sistema sanitario, dove il 60% dei dipendenti sono donne, il 16% delle quali ha figli sotto i 15 anni.

Quali consigli, a questo punto, per la popolazione?
Una buona dose di prudenza, assieme alle “solite” precauzioni: lavarsi spesso le mani, ed evitare luoghi affollati.

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