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Attenzione, le nuove imprese saranno svantaggiate

L’allarme di Luca Fazzi: «Il provvedimento pone dei vincoli senza prevedere corrispettivi vantaggi, finendo per creare una penalizzazione rispetto alle altre imprese negli stessi ambiti»

di Francesco Agresti

Una legge che introduce qualche elemento di novità ma che non affronta il problema della ruolo del terzo settore nelle politiche di welfare». Per Luca Fazzi, docente di Politica economica e Sistemi di welfare alla facoltà di Economia dell?università di Trento, è difficile prevedere quale impatto possa avere la legge sull?impresa sociale sulle politiche di welfare. «In una fase come quella attuale caratterizzata da trasformazioni e incertezze», spiega, «la legge sull?impresa sociale avrebbe dovuto fornire indicazioni sul ruolo e sul contributo che la nuova forma giuridica deve offrire allo sviluppo delle politiche sociali». Fazzi esprime un?altra preoccupazione: «Il provvedimento», prosegue, «pone all?impresa sociale dei vincoli senza prevedere dei corrispettivi vantaggi finendo per penalizzarle rispetto alle altre imprese che operano negli stessi ambiti di intervento». Fazzi fa riferimento, in particolare, all?obbligo di redigere il bilancio sociale e di coinvolgere nell?attività dell?impresa i lavoratori e i destinatari delle attività. «Intendiamoci: sono scelte condivisibili, ma dalla legge non si capisce perché è importante fare il bilancio sociale e coinvolgere i lavoratori e gli utenti». Sebbene la legge 328 del 2000 preveda che gli affidamenti per la gestione dei servizi socio-assistenziali non debbano essere regolati dal criterio del massimo ribasso, la penuria di risorse e scelte politiche mirate inducono sempre più spesso le amministrazioni locali a far ricorso a questo meccanismo premiando aspetti quantitativi dell?offerta e trascurando quelli qualitativi, fondamentali nei servizi alla persona. «Per fare il bilancio sociale e garantire una gestione partecipata», riprende Fazzi, «le imprese sociali dovranno investire risorse continuando però a competere con altre forme di imprese a cui invece questi vincoli non sono imposti». «A questa condizione di disparità», suggerisce Fazzi, «potrebbero porre rimedio le Regioni prevedendo per le imprese sociali dei meccanismi premianti nelle selezioni per gli affidamenti dei servizi. In questo modo gli obblighi previsti dal decreto legislativo troverebbero una loro giustificazione ristabilendo una situazione di equilibrio tra le imprese sociali e le altre forme societarie concorrenti».


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