Mondo
Attenzione al razzismo inconsapevole (che a volte affligge il campo dei “buoni”)
Ci sono forme "classiche" di populismo e di razzismo che possiamo riconoscere e dalle quali possiamo difenderci. Ma si sta facendo largo una nuova forma di razzismo populista, quello inconsapevole
Quanto accaduto di recente a Gorino è un esempio chiaro di quel razzismo che molti ancora, purtroppo, considerano tabù nominare in Italia, e che invece è evidente essere in crescita come fenomeno e per intensità. Ma questa forma “classica” di razzismo almeno è visibile, si può tastare, e, se ci fosse la volontà politica, si potrebbero cercare strategie per contrastarla. Ma c’è un’altra forma di razzismo che, a mio avviso, si sta facendo largo, anch’essa preoccupante, soprattutto perché affligge quello che dovrebbe essere il campo “amico”, ossia di chi dice di difendere i diritti dei migranti.
L’ho chiamata “razzismo inconsapevole”: definizione non nuova, ma alla quale ho dato un significato diverso.
Per spiegarla parto da quanto accaduto a Napoli in questi giorni.Dopo uno sbarco di 465 richiedenti asilo al porto, molti dei quali minori non accompagnati, 49 di questi ragazzi sono stati ospitati dal Comune in una sua struttura a Marechiaro. Per motivi ignoti e incomprensibili, il Comune non è stato in grado di garantire loro la fornitura di alcuni beni essenziali, ed ha lanciato un appello alla cittadinanza perché portassero scarpe, vestiti, addirittura spazzolini da denti.
La risposta della cittadinanza è stata encomiabile, ed io da napoletano ne sono entusiasta, sia chiaro. Il problema non è questo. Il problema è che da parte di molte associazioni e movimenti per la “tutela dei diritti” questa operazione è stata accolta con applausi a scena aperta, e con proclami sulla città accogliente e su questo come modello di accoglienza virtuoso. Ma proprio in questo si annida quello che chiamo razzismo inconsapevole. Faccio un esempio. Se un Comune lancia un appello ai cittadini a portare nelle scuole pasti caldi per i ragazzi perché non è stato in grado di garantire la refezione scolastica si scatena una sollevazione popolare (sacrosanta).
Se un Comune lancia un appello a portare beni essenziali per ragazzi migranti perché non è stato in grado farsene carico, tutti a spellarsi le mani. Perché i diritti dei (nostri) ragazzi sono sacri, ma se quei ragazzi sono neri i loro diritti si trasformano in solidarietà, che è una cosa bellissima ma è altra cosa rispetto ai diritti. Dunque il problema è che, con queste posizioni, alla fine si avalla che per i migranti non è importante che abbiano un’accoglienza efficiente, ma che abbiano comunque qualcosa, non importa quale e in che condizioni. Per me questo è razzismo, in forma inconsapevole.
Ed anche su quanto accaduto a Gorino stiamo attenti alla narrazione che ne diamo. Dare una forte valenza al fatto che i richiedenti asilo respinti fossero tutti donne e bambini è un autogol. Certo emotivamente è più efficace, e anche qui si fa leva sul fatto che almeno con donne e bambini si dovrebbe essere più solidali, ma si rischia di sottintendere che se quelle persone fossero stati degli adulti uomini, magari anche belli robusti, alla fine quanto accaduto sarebbe stato, se non più comprensibile, meno inaccettabile. Sempre di richiedenti asilo si sarebbe trattato, ergo stessi diritti sarebbero stati negati.
I diritti umani sono universali, e valgono allo stesso modo per il ragazzo italiano della scuola e per il ragazzo migrante nel centro di accoglienza. Spero che qualcuno cominci a capirlo. Spiace che debbano ancora farlo persino molti del campo dei “difensori dei diritti”. Si rischia di contrapporre ad un “prima gli italiani e gli altri a casa!” un “poco male che sia prima gli italiani e dopo i richiedenti asilo, l’importante è che si faccia qualcosa”. Questa superficialità è lo stesso motivo per cui mi irrita terribilmente chi parla di fratelli e sorelle migranti (e da qui il titolo ironico del mio ultimo libro): i migranti hanno bisogno di accoglienza e servizi efficaci ed efficienti, non di “parentele acquisite” o pacche amichevoli sulle spalle.
La solidarietà è un valore importantissimo, ma quando va ad integrare la tutela dei diritti. Da sola, paradossalmente, contribuisce ad avallarne il non rispetto. Dunque spero che la prossima volta che si presentasse un caso simile, organizzazioni, movimenti e singoli cittadini rilancino certamente l’appello alla solidarietà, ma contemporaneamente denuncino che questa non è accoglienza sana e che un’amministrazione deve essere più attenta alla tutela dei diritti.
Capisco il “tengo famiglia” e che fare le pulci ad un’amministrazione, che in genere è la massima fonte di finanziamenti, può essere rischioso, ma se non si è in grado di farlo si tradisce l’impegno sociale e politico che sta alla base di questo settore, ed è meglio dedicarsi ad altro. E infine, visto che ci troviamo, magari si chiedano pure una cosa: se il Comune prenderà un contributo economico dallo Stato per questa accoglienza, cosa che immagino probabile, che fine farà la quota che sarebbe dovuta essere spesa per queste cose? Scommettiamo che non lo sapremo mai?
In copertina: immagine di MARCO BERTORELLO/AFP/Getty Images
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