Famiglia

Attenti: la burocrazia si mangerà il 40% del budget

Arrivano 2,5 miliardi. Ma gli enti denunciano

di Maurizio Regosa

Ogni 100 euro stanziati, 40 vanno in procedure. A scapito del rafforzamento delle competenze professionali. L’allarme (e le proposte) di Enaip, Ial Cisl e Confartigianato Imprese: «Perché non fare verifiche a campione?»
Oltre 2,5 miliardi per la formazione professionale del 2010 sono senz’altro una buona notizia. In particolare se si riuscirà a mettere in pratica le Linee guida su cui governo e sindacati hanno trovato un accordo. L’Italia detiene però un record negativo sul quale si deve assolutamente intervenire. Ogni 100 euro stanziati per attività formative, infatti, 40 se ne vanno in burocrazia (il che potrebbe significare che oltre mille milioni, dei 2,5 miliardi a disposizione, potrebbero essere bruciati in scartoffie, faldoni, notule e certificati).
A lanciare un preoccupato allarme è Maurizio Drezzadore, presidente dell’Enaip (50mila utenti, 5mila docenti e un fatturato “aggregato” di circa 300 milioni, 230 sedi formative): «Si è ormai raggiunto un livello inaccettabile: le procedure per la rendicontazione sono talmente articolate che inevitabilmente l’aspetto amministrativo finisce con l’assorbire una gran quantità di risorse, umane ed economiche».
«Complesse e sovrapposte», aggiunge Graziano Trerè, amministratore dello Ial Cisl (14 milioni di ore/corso per 45mila giovani e lavoratori nelle 270 sedi), «anche perché ciascuna istituzione coinvolta ha aggiunto ulteriori passaggi burocratici». «Che senso ha “subire” ad ogni ispezione controlli relativamente alla qualità, quando l’ente è certificato secondo le vigenti norme?», si chiede invece Giovanni Boccia di Confartigianato Imprese (400mila ore formative erogate l’anno, 20 enti formativi regionali). Se le cose stanno così, è inevitabile che il vero obiettivo della formazione (il rafforzamento delle competenze professionali degli allievi) vada via via sfocandosi: «L’invasività della componente amministrativo-contabile ha finito per incidere sulla stessa progettazione, sino a far prevalere spesso le esigenze di rendicontazione finale sulle considerazioni di contenuto» si legge nel Rapporto sul futuro della formazione in Italia. Ridurre tale invasività liberebbe risorse per riqualificare lavoratori “deboli”. Un’operazione che va condotta all’insegna della trasparenza perché, come ha sottolineato il procuratore generale della Corte dei Conti, Mario Ristuccia, è un settore non esente da rischi: nel 2009 sono state emesse, ha ricordato inaugurando l’anno giudiziario 2010, quattro sentenze (il totale delle sanzioni ammonta a poco più di 1,8 milioni). Su come quadrare questo cerchio (meno costi amministrativi, eguale trasparenza, maggiore efficacia dei controlli), non mancano però proposte molto concrete e tutte sottolineano (come fa il Rapporto) la necessità di valutare meglio l’impatto dell’attività formativa.
Alcune ipotesi guardano all’Europa, come quella di Confartigianato: «Occorre un allineamento dei controlli alla media europea. In secondo luogo, si potrebbe immaginare un sistema di verifiche a campione, magari attraverso certificatori terzi, introducendo fasce di periodicità più stringenti nei confronti degli enti poco virtuosi». Altre soluzioni vengono dall’Enaip: «Anziché verificare ogni singola voce di spesa, si dovrebbero poter certificare i bilanci degli enti magari collegando l’aspetto amministrativo con l’analisi dei risultati del percorso formativo. Per noi sarebbe un onere in più, ma vorrebbe dire contenere le spese in modo significativo». «In più questi bilanci, oltre che certificati, potrebbero essere sociali», aggiunge Trerè (che sta trasformando lo Ial in impresa sociale).
Un altro “stratagemma” che potrebbe rivelarsi utile è l’informatizzazione. Un conto è andare a ripescare una ricevuta, un altro è recuperarla in un archivio digitalizzato (certo sarebbe necessaria una procedura di autenticazione, ma comunque converrebbe). Infine, vi è un aspetto sul quale non occorrerebbero modifiche normative. Lo ricorda Trerè: «Se Stato e Regioni non ci costringessero con i loro ritardi nel trasferimento dei fondi ad anticipazioni bancarie, potremmo ridurre anche la voce degli oneri passivi».


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