Welfare

Attenti: il curriculum non dice tutto

Quali criteri se si assumono "svantaggiati".

di Redazione

Soprattutto negli ultimi anni sono molte le associazioni e le cooperative sociali che hanno iniziato a sperimentare servizi di orientamento e accompagnamento al lavoro rivolti a persone che si trovano in condizioni di svantaggio. L’evolversi dell’assetto del mercato del lavoro permette poi, oggi, di integrare una vasta gamma di strumenti a disposizione delle onp per favorire l’integrazione socio-lavorativa di fasce deboli: oltre la cooperazione sociale di tipo B, strumento consolidato in grado di offrire possibilità di crescita professionale ai più deboli, anche orientamento, formazione on the job, lavoro interinale, collocamento privato rappresentano strumenti innovativi che le imprese sociali possono utilizzare al fine di contribuire alla crescita della qualità della vita, individuale e sociale delle persone svantaggiate. Il valore aggiunto che il non profit può apportare al sistema delle politiche del lavoro locali risiede proprio nella capacità di modellare gli interventi sulle caratteristiche soggettive dei destinatari in una ottica di maggiore “globalità”. La reintegrazione nel mercato del lavoro non basta a qualificare l’iniziativa se non interviene anche sul versante relazionale del soggetto debole. Da qui l’importanza della mediazione in termini di supporto individuale, di risocializzazione nella attività di reinserimento nel mercato del lavoro, di azione sulla motivazione e la ri-motivazione delle persone in cerca di lavoro, di servizi di sostegno e di accompagnamento. Una società di selezione del personale affermerebbe che eseguire una selezione significa scegliere la persona che possiede le capacità e le attitudini per potere ricoprire una posizione. Se la persona da collocare in azienda è disabile o ex detenuta, la regola è la medesima: si tratta, tanto per la persona “normale” che per quella “svantaggiata”, di tenere presente che qualunque sia la persona da collocare, l’azione di mediazione quasi mai è solo un’opera di raccolta curricula e inserimento in banca dati, ma si traduce in percorsi personalizzati che tendono a valutare le migliori capacità presenti nella persona, facendo della selezione un processo di valorizzazione delle competenze, che va al di là dei titoli di studio. Entrando nei percorsi di vita delle persone, spesso si fanno scoperte inaspettate e da un’attività apparentemente banale, magari un hobby, o da un aspetto del carattere si ricava il valore da spendere per far fronte a una richiesta aziendale. Ecco perché nella selezione del personale le differenze non sono tra soggetti “normali” e soggetti deboli, ma tra incrocio curriculum-richieste aziendali e processi di orientamento che permettano di offrire alle aziende competenze e non ruoli, capacità e non titoli. La regola? Partire dalla persona in cerca di lavoro, sapendo che ognuna è diversa dall’altra, per arrivare alla persona che offre lavoro, sapendo che ognuna è diversa dall’altra. Andrea Fora


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