«Vedo all?orizzonte un nazismo strisciante. È una grande battaglia quella che ci aspetta. E la partita in gioco è una vita degna di essere vissuta». La scrittrice più famosa d?Italia racconta a cuore aperto le sue paure. E le sue speranze. «Anni fa ho dato una mia casa perché ne facessero un asilo. Da lì ho scoperto molte cose. Che ad esempio un buon asilo induce le persone a fare più bambini…»
La poesia non serve a niente, non ci dà da mangiare e non ci permette di costruire case». Sarà così, se a metterlo nero su bianco (in Luisito, appena pubblicato da Rizzoli) è Susanna Tamaro. È però vero che quando uno scrittore è attento e solidale, possono nascere cose importanti. Piccole, se volete, ma simbolicamente rilevanti. Un esempio è l?asilo nido che Susanna – che non ha figli – ha contribuito a creare nel suo comune, un piccolo centro a pochi chilometri da Orvieto. A spingerla una sincera preoccupazione per la vita, la convinzione che essa vada accolta e che nessuno si possa dire estraneo a questo compito. Che ciascuno possa mettere le mani in pasta…
Vita: Com?è nata l?idea del nido?
Susanna Tamaro:
Abito in un piccolo comune. Non c?era l?asilo, solo le elementari e le medie. In centro ho una piccola casa, in cui non abitavo. E ho pensato di offrirla al Comune perché ne facesse un asilo. Ne abbiamo parlato: il risultato è che da tempo una cooperativa sociale gestisce il nido. È stato un grande successo. Addirittura abbiamo avuto molte più richieste rispetto alla disponibilità che è di 20 posti. L?anno prossimo chiuderà perché il Comune ha avuto i fondi per costruirne uno nuovo, prefabbricato, con il giardino. Però quello in casa mia è servito per sette anni.
Vita: E ha svolto una funzione egregia?
Tamaro: Sono nati tanti bambini. Abbiamo anche ricevuto un premio. Sa che il Comune più prolifico prende un premio in denaro. Inoltre per ciascun nato i Comuni dovrebbero piantare un albero. È una legge, anche se spesso non viene rispettata. Da noi la forestale fornisce le piante, il Comune le sistema. Io abito ai bordi del paese e questi alberi sono piantati proprio lungo la strada che porta a casa mia. Vedo continuamente aumentare la densità del viale. E gli alberi che crescono sono una bella immagine. Penso che se uno ha una certa visione del mondo deve lavorare perché essa si affermi nell?ambiente in cui vive. In questo caso per favorire la vita.
Vita: Quindi c?è stato un incremento della natalità?
Tamaro: Da quando abbiamo fatto il nido sono nati tantissimi bambini. Il paese è pieno di culle, di carrozzine. Non so se è stato effetto dell?asilo. Sarebbe bello pensare di sì. Anche se in questo nido i bambini possono stare solo fino all?una perché non c?è la cucina. Occorrono tantissimi permessi. Se non ci fosse una burocrazia pazzesca sarebbe forse più facile aprire tanti centri per l?infanzia. Comunque il costo è di 120 euro al mese.
Vita: È molto contenuto.
Tamaro: In effetti è piuttosto buono. Ho sentito di tariffe sui 400, 450 euro al mese. Ho diversi amici che lavorano e che fanno fatica a spendere cifre del genere.
Vita: In Italia c?è un ritardo spaventoso.
Tamaro: Se uno crede nella necessità di un?accoglienza vera alla vita. Però in Italia è una lotta estenuante avere un figlio. Tutto è difficile, complicato. Non c?è una società organizzata intorno all?idea della vita. E questo sia a livello di spese che di burocrazia.
Vita: Si ha l?impressione che anzi sia organizzata ?contro?.
Tamaro: Esattamente. Corse continue. Figli sballottati?
Vita: Lei non si occupa di asili, ma ha sentito l?esigenza di un gesto concreto.
Tamaro: I grandi cambiamenti nascono quando ciascuno si assume la responsabilità di fare. Per la casa, ovviamente, non ho guadagnato niente. L?ho fatto perché credo nella vita. E penso che più che partecipare alle riunioni politiche è bene testimoniare la propria idea della vita nel posto dove si vive. Vivendo in una piccola comunità, mi è sembrato bene dare dei segni di accoglienza alla vita.
Vita: È possibile che ciascuno di noi dia un contributo…
Tamaro: Certamente. È molto importante. Io sono molto pragmatica. Più che alle parole credo a quello che uno fa, insomma ai fatti. Che la natalità sia aumentata credo qualcosa voglia dire.
Vita: In un piccolo centro è possibile. E nelle grandi città?
Tamaro: La socialità qui è rimasta più viva rispetto alla città in cui nessuno si conosce. In paese, anche se è abbastanza grande, ci si conosce, ci si saluta, c?è un rapporto diretto fra le persone. So però che in altre nazioni ci sono molte più possibilità. Le mamme hanno facilitazioni per creare piccole strutture anche di condominio, di quartiere: nidi che funzionano benissimo e rispondono ai bisogni. Forse non hanno quella burocrazia mostruosa che abbiamo noi. È pazzesca: uccide qualsiasi iniziativa. Si pensa sempre che uno voglia truffare, danneggiare gli altri. Non sembra mai che voglia fare qualcosa per la società, per la collettività. È una cosa veramente irritante.
Vita: In questi ultimi anni è cresciuta enormemente la società civile ?
Tamaro: Per fortuna?
Vita: Che però non viene sostenuta… Perché?
Tamaro: Non saprei. È una cosa irritante ma non capisco. C?è sempre la tendenza a mettere i bastoni fra le ruote al volontariato. Le strutture ufficiali, che dovrebbero occuparsi di queste cose, non lo incoraggiano. Anzi, spesso lo ostacolano.
Vita: Dietro questa vicenda, c?è anche la questione dei diritti.
Tamaro: Fra l?altro non si parla mai di doveri. Mi fa molta impressione che non se ne parli mai, anche a livello ufficiale. La società è fatta anche da molti doveri. Se abbiamo solo diritti eh? Se io tenevo la casa per me, l?affittavo e ci guadagnavo. Ma il fatto è che penso di avere dei doveri verso la società.
Vita: Oggi si nominano molto i diritti, ma spesso non sono esigibili.
Tamaro: È vero. Prenda la scuola. Che preparazione viene data oggi? Pessima. E se uno studia in una scuola pessima, che fine fanno i suoi diritti? Se i ragazzi hanno una famiglia che dà antidoti, bene, è un arricchimento in più. Se non è così?
Vita: Le statistiche dicono che se uno ha più fratelli corre il rischio di arrivare a un titolo di studio inferiore?
Tamaro: Penso però che la concentrazione sul figlio unico sia molto perniciosa. Le aspettative e le ansie dei genitori si concentrano su un?unica persona. C?è una specie di adorazione narcistica del figlio, quando è unico. E questo non va bene. Si finisce con l?adorare il figlio come fosse straordinario.
Vita: Cosa pensa delle quote rosa?
Tamaro: Non mi occupo molto di politica. Penso che c?è molta demagogia. Siamo arrivati a livelli bassissimi nell?immagine della donna, sia per il modello educativo proposto alle ragazze sia per quanto riguarda le donne adulte. Modelli del tutto negativi. Siamo tornati alla donna oggetto. Cose che farebbero rabbrividire le femministe dell?800. E se una donna è nell?età matura, spesso è costretta a fare salti mortali. La società la vuole lavoratrice, madre, moglie perfetta? Uno stress spaventoso.
Vita: Il problema è rientrare al lavoro?
Tamaro: Un mondo del lavoro che è allucinante. Una non può permettersi di assentarsi tre anni per occuparsi di un figlio e tornare al lavoro. È pazzesco. Non credo che negli altri Paesi sia così. È pazzesco che se una ha un figlio piccolo debba fare i salti mortali.
Vita: C?è un rapporto fra i modelli femminili negativi di cui parla e i maschi che sono eterni Peter Pan?
Tamaro: Beh, sicuramente sì. Compagni che non crescono, uomini che sono poco ?uomini?.
Vita: E le ragazze giovani?
Tamaro: Oggi le adolescenti sognano interventi estetici a 15 anni. Una cosa demenziale… Rifarsi il seno a 15 anni. Siamo impazziti? Io che mi interrogo sulle donne in senso molto profondo mi ribello a questa immagine della velina, della Barbie? Chi sogna più di fare la scienziata?
Vita: Anche prima ai giovani erano proposti dei modelli, ma loro spesso li rifiutavano.
Tamaro: Adesso il contesto è più forte. Ci sono meno possibilità di uscire da questa pressione. Se uno non ha appunto gli antivirus in famiglia. Se la famiglia è assente e uno guarda solo la televisione, è difficile uscire da questo modello. E poi comunque il livello di violenza sulle donne è spaventoso. È ancora una categoria molto a rischio? Inoltre c?è la meccanizzazione della gravidanza che è diventata un laboratorio per interventi, una cosa non naturale. Siamo alla pazzia della ipertecnologizzazione.
Vita: È una delle forme del disagio della modernità che pervade i suoi scritti?
Tamaro: Sicuramente. La natura umana è natura umana. Qualcosa che ci costituisce e ha le sue leggi, è un dono. Ho studiato abbastanza gli animali, sono appassionata di etologia. Loro hanno dei comportamenti sociali, vivono nel rapporto. Anche noi abbiamo la grande potenzialità di vivere con e per l?altro. Invece viviamo in solitudine. Io sono una persona curiosa, quando prendo l?autobus mi piace parlare con le persone, guardarle: oggi viaggiano tutti con l?auricolare, ascoltano la musica, guardano il vuoto? Non c?è nessuna relazione con l?altro.
Vita: Mancano anche intellettuali che sappiano usare la loro intelligenza per decodificare il presente. Come spiega questo defilarsi?
Tamaro: Forse perché dire certe cose rende anche un po? impopolari. Forse non c?è un rapporto appassionato con la realtà, non c?è la voglia di capirla profondamente e di partecipare. C?è il desiderio di vivere in mondi separati. Io vivo in campagna perché mi piace il paesaggio, la natura, ma ho un rapporto stretto con la comunità. Capisco che il mondo debba procedere ma per andare avanti si deve saper distinguere fra quello che è per l?uomo e quello che è contro l?uomo. La tecnologia, ad esempio, così avanzata e potente, l?eugenetica? Io mi sono sempre interrogata sul nazismo, su come abbiano fatto persone che avevano la nostra cultura, che conoscevano la nostra musica, a convivere col nazismo. Quali sono le loro responsabilità? Secondo me, viviamo in un momento analogo. Si sta per abbattere su di noi un nazismo strisciante e bisogna prendere una posizione molto chiara e forte, altrimenti saremo collaboratori. L?eugenetica è una questione spesso manipolata dai media.
Vita: È anche molto difficile anche da far capire?.
Tamaro: Però vengono solo proposti moduli ideologici o ricatti affettivi. Non si fa ragionare su questo. Dunque tutti rispondono pavlovianamente indotti da una specie di lavaggio del cervello. Sento il dovere di impegnarmi contro questa situazione. È una grande battaglia. Chi decide se la mia vita è degna di essere vissuta? È inutile manifestare contro la Shoah dicendo «mai più». La verità è che è «ancora»: tutto quello che è uscito dal bubbone del nazismo infetta il nostro mondo e lo sta portando alla distruzione. L?eugenetica è nata da lì: questo orrore vive con noi ed è pronto a produrre altro più orrendo orrore.
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