Formazione

Attacchiamoci alla rete degli ausili tecnologici

Cinque non profit europee hanno costruito un progetto che aiuterà le persone disabili a ricevere gli strumenti adatti. Per l’Italia c’è il Centro ausili. Parla il responsabile.

di Paolo Manzo

E’ stato un progetto molto interessante e proficuo”. è entusiasta del lavoro svolto il dottor Massimo Guerreschi, responsabile del Centro ausili. Uno dei cinque partner che, nell?anno europeo del disabile, hanno presentato il progetto Bridge – assistive technology against social esclusion. Che tradotto nella lingua di Dante sarebbe il progetto Ponte – ausili tecnologici contro l?esclusione sociale. Oltre al Centro ausili hanno lavorato a Bridge l?Ausilioteca dell?Aias di Bologna, l?Ace Centre Advisory Trust di Oxford, l?Utac di Barcellona e l?Fbt di Wetten, in Germania. Ma com?è nata l?idea? “Ausilioteca l?ha lanciata e, in Italia, ha chiesto a noi se eravamo disponibili a far parte del progetto Bridge”. Ma perché hanno chiesto proprio a voi? “Perché come struttura siamo la più grossa, facciamo parte dell?associazione La nostra famiglia, che gestisce 35 unità operative di riabilitazione in Italia e all?estero”. Inoltre il Centro ausili è membro coordinatore della rete italiana dei centri specializzati nel campo degli ausili tecnologici, i Glic, un?esperienza unica. “L?interessante è che del Glic fanno parte centri sia pubblici che privati. è un ottimo esempio di collaborazione che funziona perché è partito dal basso, dagli operatori e perché si occupa di cose concrete. Ed è l?unico in Europa. Ce ne siamo resi conto proprio grazie a Bridge”. In Spagna e Germania, infatti, non esistono reti. In Inghilterra sono molto attivi ma, de facto, l?unica vera esperienza di rete è quella italiana anche se, precisa Guerreschi, “gli altri si sono dimostrati molto interessati e auspico che si costruisca, a livello europeo, qualcosa sul modello italiano”. Con Bridge ci si è resi conto che “i problemi nei quattro Paesi che hanno partecipato al progetto sono fondamentalmente gli stessi”, prosegue Guerreschi. Quello degli ausili tecnologici per combattere l?esclusione sociale è un tema importante ma sottovalutato. Di soluzioni tecnologiche a disposizione per parecchie situazioni di disabilità ce ne sarebbero tante. Sperimentate da tempo. “Ciò che manca è l?informazione. Ai disabili ma, soprattutto, agli operatori”, si sfoga Guerreschi. E, in effetti, in quasi nessuna scuola di formazione per terapisti della riabilitazione è affrontato il tema degli ausili informatici elettronici. “Ma per i medici è peggio. Alcuni ausili sono forniti attraverso il sistema sanitario nazionale, e l?unico che può prescriverli è il medico specialista. Un ipovedente grave, per esempio, può avere diritto a un sistema a circuito chiuso chiamato video-ingranditore. Ma dev?essere prescritto dall?oculista. Il problema è che agli specialisti non è fatto nessun tipo di formazione specifica sugli ausili”. Quindi arriviamo al paradosso che spesso sono i disabili che dicono al medico cosa deve scrivere nel modulo di prescrizione. Cosa fare per ovviare a questi paradossi? Guerreschi non ha dubbi: “l?Europa può fare molto e, nel nostro report, si suggerisce d?individuare alcuni poli specializzati che facciano consulenze serie, avendo attrezzature aggiornate di tutte le aziende”.


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