Politica
Attaccati alle poltrone? Un’accusa ipocrita
Salvini apre una crisi al buio per una poltrona più importante, Di Maio di poltrone ne ha collezionate tre; Zingaretti ne ha sul gobbone due, sia pur traballanti. L'essere attaccati alla poltrona è oggi un'arma spuntata
La poltrona è una sedia nobile e che di solito viene riservata all'ospite di riguardo. Ma in politica diventa sinonimo di negatività: "Attaccati alle poltrone". Buona parte dei cittadini lo pensa abitualmente dei politici. Ma la cosa strana è che sono gli stessi politici ad usare questa affermazione per screditare i colleghi.
Eppure la ricerca della "poltrona" , intesa come carica elettiva, e se del caso governativa, è l'essenza stessa della competizione politica democratica. Se non desidera la poltrona, un cittadino perché dovrebbe candidarsi? E, a maggior ragione, a che titolo dovrebbero farlo i partiti se non per l'obiettivo di ottenere un maggior numero di parlamentari, leggi poltrone, possibile?
La cosa infatti, soprattutto di questi tempi, suona ipocrita.
La Lega mette in crisi il “suo” governo aprendo una crisi al buoio con l'obiettivo di ottenere più poltrone, e una più grande per il suo capo, con nuove elezioni. E si lamenta che gli ex alleati vogliono fare un inciucio con l' ex opposizione "per salvare la poltrona".
I 5 stelle, gli anticasta per definizione, propongono di fare il taglio del numero dei parlamentari futuri, per mantenere attivi quelli in essere, destinati ad essere le vittime privilegiate di eventuali elezioni. Ovviamente accusando gli altri partiti di non voler tagliare le poltrone. Nel mentre, il loro capo, che ha sempre disdegnato le poltrone, nell'ultimo anno se ne è regalate tre concomitanti nell'ambito del governo. Tanto per non farsi mancare niente.
Il segretario del Pd, che ne ha in gobba 2 di poltrone, ma un poco traballanti, preferirebbe perderne una consolidando l'altra, con nuove elezioni. E sotto sotto accusa gli avversari interni di non volerle per paura di perdere le poltrone.
Tutto legittimo per carità. E tutto nell'ambito dell' esercizio delle regole costituzionali che prevedono la conservazione delle poltrone per cinque anni, ammesso che la maggioranza dei titolari sia d'accordo. Datemi pure del qualunquista, assimilando questo post alle chiacchere da bar, ovvero ai personaggi che trascurano gli interessi supremi del paese, e che persino sottovalutano il rischio che le elezioni portino inevitabilmente alla costituzione di un governo fascio-razzista. Ma, purtroppo, sono da tempo convinto che la perdita di credibilità della classe dirigente politica, in corso dagli anni 90, sia soprattutto il prodotto dell'auto sputtanamento che la stessa classe dirigente ha fatto di sé stessa e degli argomenti utilizzati nella competizione politica.
Continuare così?
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