Non profit

Assorbire l’Agenzia? È come spegnerla

di Stefano Zamagni

Venerdì 24 febbraio il Consiglio dei ministri ha reso nota la decisione della «soppressione dell’Agenzia per il terzo settore». Come annuncia il comunicato, le sue competenze «saranno esercitate dal ministro del Lavoro e delle politiche sociali».
Avendo concluso il mandato quinquennale come presidente dell’Agenzia stessa, sulla base dell’esperienza fatta mi domando se davvero le sue funzioni possano essere assorbite in qualche altro ente della pubblica amministrazione, ad esempio, come indicato dal comunicato del Consiglio dei ministri, in qualche ministero.
La risposta a questi e simili interrogativi non può che essere assolutamente negativa e pour cause. In primo luogo, perché il legislatore che ha creato l’Agenzia l’ha voluta come soggetto terzo rispetto sia agli enti non profit sia a soggetti pubblici come l’Agenzia delle entrate oppure organi della giustizia. Solamente se l’attributo di terzietà è assicurato ha senso che esista un’Agenzia per il terzo settore, in grado di porre in atto il cosiddetto third-party enforcement, sulla cui utilità oggi tutti concordano.
In secondo luogo, il problema dei controlli di merito non può essere ulteriormente eluso nel mondo del terzo settore. Con le procedure e le regole proprie della pubblica amministrazione si possono bensì controllare la legittimità e la liceità degli atti posti in essere da un ente non profit, ma non certo la meritorietà del suo operato: ad esempio, se il vincolo di democraticità sia stato rispettato o meno; se l’obiettivo della creazione di valore sociale sia stato raggiunto o meno; se i costi generali di gestione di una campagna di raccolta fondi siano giustificati o meno, e così via.
Non v’è chi non veda come per esprimersi sul merito di queste e tantissime altre questioni è necessaria un’Agenzia autonoma e indipendente. Si leggano con attenzione gli atti di indirizzo e le linee guida prodotte dall’Agenzia nell’ultimo quinquennio e si scoprirà cosa significa concretamente l’approccio di soft law. Si scorrano le pagine dei numerosi volumi pubblicati e dei numeri del quadrimestrale Aretè progettato e prodotto dall’Agenzia e si comprenderà cosa vuol dire operare per assicurare al terzo settore quegli spazi culturali di cui ha assolutamente bisogno per crescere ed espandersi.
Ed ancora. Chi potrà verificare l’attuazione delle politiche di responsabilità sociale delle imprese for profit nei confronti del mondo non profit se non un’Agenzia di settore? La stessa cosa può dirsi per quanto concerne tutto ciò che vale a confermare la fiducia di cui gli enti non profit hanno assoluto bisogno per svolgere la loro missione.
In definitiva, se si ha ragione di credere che il modello di ordine sociale basato sul binomio pubblico-privato non sia più in grado di assicurare al nostro Paese una prospettiva credibile di sviluppo e che sia dunque giunto il tempo di far decollare un modello fondato sul trinomio pubblico-privato-civile, allora non si può fare a meno di concludere che il terzo settore è un pilastro non meno decisivo degli altri due ? Stato e mercato. La necessarietà di un’Agenzia per il terzo settore pienamente indipendente segue allora come logica conseguenza.


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