Non profit
Assolombarda, parla il presidente. Profit o non profit purché trasparenti
Guida la più importante associazione di industriali dItalia e fa volontariato a Telefono Azzurro.
Non è stata una gita». Il capo della più potente associazione industriali del Paese è un milanese di cinquant?anni, che parla con passione del direttivo di Assolombarda svoltosi alla Comunità di San Patrignano. È accaduto il 19 aprile scorso, ma a sentire Michele Perini, imprenditore del mobile che guida, da un anno, gli oltre 5.100 industriali meneghini, sembra ieri.
«È stata la prima uscita da via Pantano», dice, «e non poteva essere una scampagnata, dovevamo caricarla di significato: infatti siamo andati là ad approvare il bilancio». Dal suo ufficio al quinto piano di un palazzone cemento-vetro a due passi dal Duomo, Perini racconta di aver accarezzato questa idea già alcuni anni fa, quando Confindustria aveva riunito i suoi stati generali a Rimini: «Ne parlai con Abete», racconta, «ma poi la cosa sfumo». «L?ho girata tutta San Patrignano», racconta, «ho parlato a lungo con i ragazzi, con quelli del caseificio, con quelli che fanno il ferro battuto: ognuno che ti comunicava la propria felicità per quel lavoro che oggi riusciva a fare, dopo una vita che si intuiva piena di difficoltà. Un?esperienza che insegna davvero quanto sia importante essere tolleranti».
D?altronde, questo bocconiano che ama citare il Papa, il cardinal Martini e addirittura Daniele Comboni (l?anno scorso, nel suo discorso di insediamento), assicura che la Milano con il cuore in mano esista ancora. «È un fatto genetico», dice. Lui stesso fa parte da tempo del comitato direttivo di Telefono Azzurro.
Vita: Presidente, lei parla con entusiasmo di un?esperienza di privato sociale come San Patrignano. Come Assolombarda avete creato Sodalitas, ponte fra profit e non profit. Qualche volta però, è il caso della legge delega sull?impresa sociale, sembra che gli industriali percepiscano il Terzo settore come potenziale concorrente…
Michele Perini: Guardi, sono convinto delle attività sociali che si fanno. Si tratti di promuovere realtà come Sodalitas, di organizzare stage formativi per i giovani o di creare le basi per il telelavoro dei portatori di handicap. Abbiamo persino istituito un ufficio sociale ad hoc in Assolombarda. Sono meno convinto della grandi dichiarazioni sull?impresa sociale che si vanno facendo da alcune parti. Ci sono sul mercato dei furbi che sembrano voler cogliere questa opportunità per i loro affari. L?abbiamo detto anche ai ministri competenti: non vorremmo che si chiamasse ?impresa sociale? la facciata e poi, dietro, ci fosse il profitto. Insomma, non vorremmo trovarci di fronte a una holding sociale ma che poi ha tante controllate intente a fare profitti.
Vita: Quali rischi paventa?
Perini: Enormi per il Terzo settore. Perché qui è in gioco una reputazione che non potrebbe essere buttata a mare. Faccio l?esempio della Missione Arcobaleno se domani dovessimo proporre una nuova raccolta fondi avrebbe il successo che ebbe quella dopo ciò che abbiamo visto e letto? Eppure c?è gente che per questo ha dato l?anima, e fatto cose importanti. È giusto che l?impresa sociale abbia una definizione giuridica, ma ci vuole un apporto serio, controllato, che si avvalga di professionalità perché si tratta di dare servizi alla persona. Ma tutto in ambiti definiti e con la necessaria chiarezza.
Vita: Torniamo alle imprese profit. Da tempo si va diffondendo il concetto di responsabilità sociale di impresa, Assolombarda stessa redige un bilancio sociale, l?Unione europea ha dedicato all?argomento un Green Paper?
Perini: L?ho letto. La tensione ideale che contiene è sicuramente positiva ma poi dobbiamo anche ricordarci che quei principi dovrebbero essere calati in imprese che non arrivano a 10 dipendenti. Allora qui il discorso si complica. Perché o questi principi sono condivisi da tutto il mercato internazionale, o rischiano di trasformarsi in una perdita di competitività per alcune imprese.
Vita: Insomma, anche lei ritiene che certe best practices debbano essere assunte volontariamente…
Perini: In questa fase, è doveroso che chi ha le possibilità, per dimensioni e risorse, faccia il pioniere, ma sono contrario all?idea di porre dei vincoli generalizzati, soprattutto in capo alle piccole imprese. Per produrre questo portacenere devo fare i conti con l?impatto ambientale della mia azienda, applicare la legge 626 sulla sicurezza, tener testa a questioni legali e tributarie estremamente complesse. Il problema è che lo stesso portacenere lo produce qualcuno in Polonia senza queste stesse regole. E l?impresa italiana deve chiudere. Non mi pare un valore. Certo, a tutti piacerebbe avere una fabbrica che è una clinica, dove la gente prende il tempo che vuole, dove il venerdì stanno a casa i musulmani, il sabato gli ebrei, la domenica i cristiani. La strada è la volontarietà. Con questa si può creare una cultura, ma il processo deve essere condiviso. Sa cosa mi viene in mente?
Vita: Mi dica?
Perini: Che nella mia azienda spendiamo 13mila euro all?anno per trattare gli scarichi delle acque e poi Milano non ha un depuratore. Voglio dire che l?impresa non è l?unico soggetto che deve essere chiamato a farsi carico di certe problematiche. Un esempio? Bloccare il traffico, e quindi anche i nostri mezzi, quando ci sono ancora migliaia di caldaie a gasolio per riscaldare le abitazioni civili.
Vita: Il past president dei giovani industriali, Edoardo Garrone, ha lanciato lo scorso anno un?iniziativa di finanza etica. Lei cosa ne pensa?
Perini: Non mi faccio illusioni. Il mondo della finanza manca di anima. La finanza muove danaro, senza vederlo. Un trader non legge la stanchezza sul volto dei proprio operai, come capita invece a un imprenditore. La sua capacità di stare sul mercato si regge proprio sulla sua capacità di collocare danaro, sulla massimizzazione del profitto. Mi sembra più ragionevole parlare di etica come trasparenza. Vietare per esempio le scatole ?alla De Benedetti?, per dire uno che è stato bravo a farlo. La trasparenza è l?elemento che taglia la testa a tutto: nella finanza come nelle associazioni di volontariato. Per questo Sodalitas ha studiato un Codice etico per le donazioni.
Vita: Parliamo di handicap: due anni fa è stata riformata la legge ma ancora i disabili non trovano lavoro. Perché?
Perini: La legge stabilisce obblighi ed è sbagliata nel suo impianto: per un?azienda l?assunzione di un disabile potrebbe essere un?opportunità. Quando un?azienda deve affrontare il piano della mobilità le danno defiscalizzazioni mentre per l?assunzione di un disabile non c?è praticamente niente? Eppure l?azienda svolge in quel caso un servizio sociale. Trasformiamo gli obblighi in opportunità, facciamo formazione mirata e potenziamo gli strumenti di telelavoro. Nella mia azienda abbiamo Daniele, esperto di cad, che è su una sedia a rotelle. Noi siamo a Milano, lui lavora da Piacenza, a casa, in un ambiente più attento ai suoi bisogni, alle sue esigenze. C?è sempre quando facciamo una riunione o andiamo assieme al ristorante, ma lavora quotidianamente da casa. Daniele è un uomo, non una larva in uno scantinato, attaccato a un centralino, come è capitato a disabili assunti per assolvere l?obbligo.
Vita: Lei nei giorni scorsi ha firmato un?intesa con sindacati e Comune per l?occupazione. Due anni fa fu siglato il Patto per Milano, per dare lavoro alle categorie più svantaggiate. Che bilancio fa?
Perini: Il bilancio quantitativo non è positivo, come sempre accade per le innovazioni. L?impianto però lo è: dare una chance a soggetti che sarebbero ai margini. Ci sono però alcuni aspetti burocratici da correggere: ad esempio, dovrei decidere di assumere una persona, fra un anno. Le aziende invece hanno tempo 10 giorni, non possono aspettare così a lungo. Fra un anno, non so neppure se ci sarà ancora la mia impresa. L?accordo è comunque di buon senso e civiltà.
Info:
Quella degli industriali milanesi è la prima organizzazione territoriale a redigere un bilancio sociale. Per informazioni:
www.assolombarda.it
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