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Associazionismo. Parte dalle strutture di base il processo di cambiamento acli, svolta in circolo

Al congresso lanciata la parola d’ordine per il XXI secolo: svecchiarsi. Così i 4mila circoli sparsi su tutto il territorio nazionale stanno affrontando la sfida.

di Sara De Carli

Scordatevi le bocciofile e i tornei di tressette. Nei circoli Acli di tutta Italia la migrazione verso il XXI secolo è già cominciata e ha il volto di un asilo, una sala di registrazione per band emergenti, un ristorante gestito da persone con problemi psichiatrici, un centro di riferimento per i nuovi stili di vita. Questi circoli si distinguono fra gli oltre 4mila circoli sparsi nella penisola, mezzo milione di soci in tutto, per tre caratteristiche: servizi concreti, ben agganciati ai bisogni del territorio; una grandissima sinergia con gli altri soggetti sociali; la capacità di attrarre persone di tutte le fasce d?età, ovvero di essere circoli a misura di famiglia.

Quarto Oggiaro, periferia nord di Milano: un quartiere marchiato come il bronx dello spaccio. Il circolo Santa Lucia è nato negli anni 60, prima come punto di riferimento per i lavoratori, poi evolvendosi per rispondere ai bisogni di immigrati, anziani soli, giovani a rischio. Qualche esempio? Corsi di italiano per stranieri, pomeriggi musicali, un nuovissimo centro di prenotazione unica per tutti i servizi socio-assistenziali. «I servizi sono la strada maestra per avvicinare le persone», spiega Daniele Pecorelli, il presidente. «I buchi del sistema li capisci anche facendo sportello, ma la diversificazione delle risposte è possibile solo mettendosi in rete con altri soggetti». In un fermento associativo inimmaginabile.In provincia di Padova dal 2003 a oggi sono nati 23 asili gestiti da circoli Acli, che hanno accolto più di 600 bambini. L?idea è partita da alcune mamme che non avevano trovato posto all?asilo comunale. Elisabetta Mastrosimone, vicepresidente delle Acli di Padova con delega alle politiche familiari, precisa lo stile: «I servizi non devono essere fini a se stessi, devono attivare le persone. Qui funziona perché le famiglie con l?arrivo dei figli iniziano a vivere il territorio, sono più disponibili a impegnarsi».

Il circolo Padre Pino Puglisi è nato dentro Brancaccio, legato a doppio filo con il Centro Padre Nostro, e lavora soprattutto per riempire il tempo libero dei ragazzini, metter toppe all?evasione scolastica e strappare manovalanza alla criminalità organizzata. Si punta sui giovani anche a Savignano (Cuneo), dove il circolo Oasi ad alta frequenza con la onlus Giranimando ha attrezzato una sala prove e registrazione che richiama band da tutta la provincia. Anche se Luciano Cavallero, il fondatore, nota con una punta polemica che «le idee per i giovani bisogna anche sostenerle economicamente, non solo a parole».

Torino e Mirano (Venezia) invece si sono avviati su due strade molto, molto specifiche. A Torino fin dai primi anni 90 il circolo Spazzi lavora con persone con problemi di salute mentale, con due cooperative: oggi attorno al circolo ci sono un ristorante, una foresteria e una miriade di iniziative culturali di successo. Quelli di Mirano invece hanno puntato sulla solidarietà internazionale, partendo nel 1995 con un?autotassazione in favore della popolazione di Sarajevo: prima per ricostruire le case, poi per la mensa dei francescani e la scuola multietnica. «Abbiamo raccolto 200mila euro, bussando alla porta di qualche fondazione avremmo avuto di più», dice Nello De Giulio, presidente del circolo. «A noi però interessava provocare cambiamenti nello stile di vita». E presto si parte con un gruppo di acquisto solidale.

Spulciate tra i venti passi concreti che Olivero ha dato per uscire dal vecchio: le idee di questi circoli ci sono tutte.


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