Non profit
Associazioni: quando la sponsorizzazione partecipa al reddito
Antonio Cuonzo, commercialista esperto di enti non profit risponde a un quesito del presidente dell'Associazione Talenti in Circolo di Cernusco sul Naviglio
Buongiorno, sono il presidente di un’associazione culturale non riconosciuta. Nei prossimi mesi vorremmo organizzare un’iniziativa culturale sul territorio che potrebbe vedere la compartecipazione di aziende in qualità di sponsor. Che tipo di adempimenti occorrono? Serve la partita IVA (al momento noi abbiamo solo il codice fiscale)? Possiamo fare forme di bigliettazione per l’evento?
Nicola Baboni, presidente dell’ass. Talenti in Circolo
Gentilissimo Presidente,
in primo luogo occorrerebbe, a mio modesto avviso, ben comprendere di che tipologia di “iniziativa culturale” si tratta: spesso, in simili dizioni, si usa ricomprendere le più svariate forme di campagne delle organizzazioni non profit mentre una corretta delineazione dell’evento potrebbe certamente essere utile per quanto di seguito accennato.
Premesso in ogni caso che le attività pubblicitarie sono da considerarsi sempre attività di natura commerciale in capo all’ente non profit, una prima distinzione occorrerebbe farla in merito all’eventuale occasionalità della citata attività: i proventi di simile attività esercitata occasionalmente, infatti, avrebbero rilevanza reddituale come redditi diversi e non richiederebbero l’apertura di una partita IVA; in caso di attività non occasionali, al contrario, simili proventi concorrerebbero alla formazione del reddito come reddito d’impresa dell’ente non commerciale ed occorrerebbe anche l’apertura di una posizione IVA.
A latere di tutto ciò, però, è opportuno ricordare anche che specifica disposizione del TUIR (art. 143, comma 3) e, forse meglio, specifica disposizione del D.lgs. 460/1997 (art. 2), escludono dalla formazione del reddito dell’ente (e più in generale da ogni tributo) ”i fondi pervenuti ai predetti enti a seguito di raccolte pubbliche effettuate occasionalmente, anche mediante offerte di beni di modico valore o di servizi ai sovventori, in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione” .
Quanto da ultimo richiamato per evidenziare che, a mio modesto avviso, qualora la sponsorizzazione di cui trattasi fosse effettuata con riferimento a simili eventi da ultimo richiamati, il tema della tassazione potrebbe forse ridimensionarsi.
In tal senso, sembrava esprimersi l’Amministrazione finanziaria in una, seppur non recente, occasione di intervento: “Ritiene la scrivente che, consentendo l'utilizzo della propria denominazione dietro versamento di una somma di denaro (sia pure devoluta a favore di terzi), l'ente non profit (ente non commerciale in genere) ponga in essere un'attività riconducibile nello schema negoziale della sponsorizzazione, che rileva, ai fini fiscali, come attività commerciale. Solo qualora l'iniziativa assunta, che preveda tra l'altro la possibilità di associare il marchio dell'impresa al logo dell'ente non profit, fosse riconducibile nell'ambito di una raccolta occasionale di fondi, promossa dallo stesso ente, si potrebbe ritenere che i proventi (contributi) in questione non assumano rilevanza reddituale. A tal fine sarebbe tuttavia necessario evidenziare il carattere sostanzialmente liberale della causa negoziale, emergente in particolare dalla prevalenza della somma versata dall'impresa rispetto al valore economico della prestazione pubblicitaria ricevuta, nonché la ricorrenza degli altri presupposti per l'applicazione dell'art. 108, comma 2-bis, lett. a), del T.U.I.R., secondo il quale «Non concorrono in ogni caso alla formazione del reddito degli enti non commerciali di cui alla lettera c) del comma 1 dell'art. 87: a) i fondi pervenuti ai predetti enti a seguito di raccolte pubbliche effettuate occasionalmente, anche mediante offerte di beni di modico valore o di servizi ai sovventori, in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione».”
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