Welfare

Assistenza ancora al palo nelle regioni

Mentre gli standard della legge 328 restano sulla carta, lo Spi-Cgil disegna un’Italia impegnata solo a metà

di Benedetta Verrini

L?attuazione della riforma dell?assistenza stenta a decollare. A sei mesi dall?introduzione della legge 328, i governi regionali tardano ad adeguarsi al raggiungimento di criteri standard di assistenza sociale su tutto il territorio nazionale. Un esempio? Mentre la Valle d?Aosta nel 2000 ha speso 977mila lire pro capite per l?assistenza sociale, la Puglia ne ha spese 18mila. Lo evidenzia una ricerca condotta dall?Osservatorio del Sindacato Pensionati Italiani ? Cgil, presentata la settimana scorsa a Roma. «L?indagine dimostra che siamo in presenza di una situazione di disordine crescente e di dispersione delle risorse», ha dichiarato il vice segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani. Assistenza, anno zero. Le risorse destinate al sostegno delle fasce deboli della popolazione, nel quadriennio 1996-2000, rivelano forti squilibri territoriali. La stessa applicazione della legge quadro sull?assistenza – che si era posta l?obiettivo primario di fissare criteri uniformi per l?integrazione dei servizi in tutte le Regioni – è in ritardo. Solo la Campania ha emanato entro i tempi previsti (sei mesi dall?entrata in vigore della legge) le proprie linee programmatiche per l?integrazione dei servizi. Oltre la metà delle Regioni non ha ancora provveduto a emanare linee e indirizzi per la realizzazione dei piani sociali di zona. Una situazione normativa a ?macchia di leopardo? che, come evidenzia la ricerca Spi-Cgil, si riflette pesantemente anche sulle spese regionali per l?assistenza. Le differenze emergono soprattutto tra regioni a statuto speciale (che godono di maggiori competenze e di un sommerso di trasferimenti statali) e regioni ordinarie. In testa alla classifica c?è la Valle d?Aosta, che dal 1996 a oggi ha innalzato il tetto di spesa fino a portarlo nel 2000 a 977mila lire pro capite; a seguire Trento (910mila lire) e Bolzano (690mila), il Friuli (222mila) e la Sardegna (212mila). Il Veneto è la regione ordinaria che spende di più per il sociale, con 127mila lire pro capite e la Puglia è il fanalino di coda, con 18mila. «Ci troviamo di fronte 20 Stati sociali regionali che minano i diritti costituzionali all?assistenza, alla salute, all?uguaglianza», ha commentato Raffaele Minelli, segretario generale dello Spi-Cgil, che ha evidenziato quattro questioni sul tappeto: «Verificare cosa succede nella sanità, e per questo serve monitorare il federalismo al fine di evitare l?allargamento delle differenze di trattamento a livello territoriale; capire quanto sia applicata la legge quadro sull?assistenza; analizzare i progetti operativi regionali in merito all?utilizzo di fondi sociali europei 2001-2006; verificare la realizzazione di livelli assistenziali universali alti e non minimi». Se da un lato, infatti, le risorse complessive programmate per il welfare sono aumentate del 26% dal 1996 al 2000 (passando da 3.603 a 4.543 miliardi), l?incidenza della spesa per l?assistenza è aumentata solo dello 0,1%, arrivando nel 2000 appena al 2%. Secondo la ricerca, i governi regionali sono dunque chiamati ad esercitare una programmazione degli interventi sociali, verificandone l?attuazione a livello territoriale, fino a raggiungere l?obiettivo posto dalla Legge quadro: offrire a tutti i cittadini livelli uniformi e garantiti di prestazioni sociali. Info: www.cgil.it/spi


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