Politica
Assegno unico: il coraggio della speranza e il coraggio di metterci risorse
La Camera voterà domani l’assegno unico universale. De Palo: «Positivo il clima politico, la famiglia è un tema aggregante e non divisivo. Ma l’assegno unico arriva già in ritardo, se nella prossima legge di stabilità non ci dovessero essere le risorse necessarie per realizzarlo, il Governo si prenderà la responsabilità di dover giustificare - tra un anno - dati Istat ancora peggiori di quelli che abbiamo appena visto. Il momento è adesso, poi sarà troppo tardi»
La Camera voterà domani l’assegno unico universale, tecnicamente la «proposta di legge-delega al Governo per riordinare e potenziare le misure a sostegno dei figli a carico attraverso l'assegno unico e la dote unica per i servizi». Si tratta di un assegno mensile riconosciuto per ciascun figlio minorenne a carico, a partire dal settimo mese di gravidanza, maggiorato per i figli successivi al secondo e per ciascun figlio con disabilità. L’assegno è riconosciuto (a date condizioni) anche per ciascun figlio maggiorenne a carico, pur con importo inferiore a quello riconosciuto per i minorenni, fino al compimento del ventunesimo anno di età e con possibilità di corresponsione dell’importo direttamente al figlio. L’assegno andrà a tutti i nuclei familiari, con una cifra modulata in base all’Isee. Le cifre saranno stabilite con i decreti attuativi, nel testo della delega per ora di soldi non si parla: la relazione dell’Ufficio di Bilancio ricorda che la legge di bilancio per il 2020 ha istituito nello stato di previsione del Ministero del lavoro il «Fondo assegno universale e servizi alla famiglia», con una dotazione pari a 1.044 milioni di euro per l'anno 2021 e a 1.244 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2022 ed elenca le risorse che si avrebbero dall’abrogazione delle varie misure esistenti: 790 milioni di euro per il 2020 e 410 milioni per il 2021 dall’assegno di natalità, 392 milioni di euro dal premio nascita, 13 milioni di euro per l’anno 2020 e 6 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2021 dal fondo di sostegno alla natalità.
Il clima pare positivo e per la prima volta sembra forse esserci la volontà trasversale di andare uniti, togliendo la famiglia dall’ agone del derby. «Un atteggiamento che apprezziamo, perché la famiglia è un tema aggregante e non divisivo, un po’ come il made in Italy, non ha senso che la politica si divida su questo, tutti dovrebbero essere favorevoli e forse per la prima volta sembra che ci sia questo atteggiamento», sottolinea Gigi De Palo, presidente del Forum delle Associazioni Familiari. Un clima riconosciuto lo scorso 1° luglio, al momento dell’avvio dell’esame del testo, tanto dal relatore Stefano Lepri quanto dalla ministra Elena Bonetti, che ha ringraziato «le associazioni e le realtà familiari che, in questi anni, hanno contribuito ad un dibattito pubblico che ha permesso quel cambio di carattere culturale che oggi ci permette di essere qui in quest'Aula a dibattere di questo importante provvedimento».
Il clima fa tanto, ma da solo non basta: «Serve la garanzia che ci siano le necessarie risorse aggiuntive, subito, nella legge di stabilità, perché nessuna famiglia perda nemmeno un euro rispetto ad oggi e altre famiglie trovino aiuto. Lo chiediamo alla luce dei dati Istat spaventosi sulla natalità appena diffusi, del Family Act, degli 80 miliardi stanziati con i vari decreti, del fatto che il Recovery Fund chiede di investire sulla next generation», prosegue De Palo. «L’assegno unico arriva già in ritardo, se nella prossima legge di stabilità non ci dovessero essere le risorse necessarie per realizzarlo, questo governo si prenderà la responsabilità di dover giustificare – tra un anno – dati Istat ancora peggiori. Insomma, il momento è adesso. O sarà troppo tardi».
L’assegno unico arriva già in ritardo, se nella prossima legge di stabilità non ci dovessero essere le risorse necessarie per realizzarlo, questo governo si prenderà la responsabilità di dover giustificare – tra un anno – dati Istat ancora peggiori. Insomma, il momento è adesso. "Poi" sarà troppo tardi
Gigi De Palo
Stefano Lepri, il relatore, lo scorso 1° luglio ha paragonato l’introduzione dell’assegno unico alla riforma agraria del secondo dopoguerra oppure a quando nel 1978 si istituì il Servizio sanitario nazionale: «Ci sono riforme epocali che hanno cambiato la storia dell'Italia; noi abbiamo questa occasione». Ed eravamo prima dei due dati più clamorosi certificati in questi ultimi giorni: l’ulteriore -4,5% nelle nascite segnato nel 2019, portando i nuovi nati a quota 420.170 e il sorpasso dei pensionati sul numero dei lavoratori attivi.
Lepri ha elencato i cinque limiti del modello italiano di sostegno ai figli e alla famiglia, che appunto l'assegno unico universale vuole superare. Eccoli:
1. Limitatezza delle risorse: il sostegno alle famiglie e alla natalità oggi è sottofinanziato, se facciamo un confronto con gli altri Paesi europei. Noi ci concentriamo di più sulla previdenza, sull'assistenza, ma poco e troppo poco in termini di rapporto spesa/PIL a favore dei figli e delle famiglie.
2. Iniquità: abbiamo carichi familiari che sono poco considerati rispetto all'incidenza della spesa dei figli sul totale della spesa di una famiglia. Abbiamo scale di equivalenza che, per opinione condivisa, non tengono conto del costo soprattutto delle famiglie numerose e abbiamo il paradosso per cui gli incapienti non beneficiano delle detrazioni per i figli a carico.
3. Troppe misure e tra loro contraddittorie: ce ne sono ben otto che verrebbero abrogate più altre quattro in servizi, che saranno anch'esse oggetto di razionalizzazione con il Family Act. Si è preferito aggiungere bonus a bonus piuttosto che mettere mano a una riforma complessiva.
4. Selettività: si interviene spesso su base lavorativa, quindi, per esempio, si riconoscono gli assegni per il nucleo familiare solo in quanto lavoratore dipendente; oppure si introducono elementi di esclusione in diverse delle misure, con scelte di selettività che si giustificano poco, almeno con questa intensità, su una misura del genere.
5. Discontinuità delle misure: non sono assicurate sul periodo lungo, quindi sono misure su cui ragionevolmente in molti casi non si può contare.
Al contrario, l’assegno unico universale avrà, «con atti successivi» risorse che ci portino ad «allinearci a cifre comparabili con quelle degli altri Paesi europei in riferimento al sostegno ai figli e alla famiglia». Secondo, sarà una misura equa: «non più scale di equivalenza, ogni figlio vale uno e dopo il secondo figlio vi è un ulteriore aiuto. Si va nella logica di sostenere in modo particolare le famiglie numerose o le famiglie con due o più figli». Terzo, la proposta è semplice: «da otto misure a una sola ogni mese, accreditato sul conto corrente». Quarto, è universalistico: «tutti vi accedono, ma con progressività». Quinto, è continuo: «la possibilità di poter contare su risorse certe ogni mese può, in non pochi casi, decidere per la prosecuzione di una gravidanza e magari per un secondo, un terzo o un quarto figlio».
E il nodo coperture? Sul piatto – dice Lepri ci sono già «circa 15 miliardi e mezzo di risorse che derivano dalle otto misure che la proposta intende abrogare e che sarebbero messe a disposizione per l'assegno unico universale. Ne servirebbero 6-7 in più per consentire a tutte le famiglie di avere almeno le stesse risorse di cui oggi dispongono sommando le misure che andremo a superare e consentendo ad altri che ne beneficiano molto poco o per nulla di poterne, invece, beneficiare», ha ricordato Lepri. Risorse aggiuntive «senza le quali l’assegno unico non potrà vedere effettivamente la luce».
Sono qui a rassicurare, a nome del Governo, un impegno fattivo nel reperimento delle risorse per permettere l'attuazione di quanto è previsto dalla legge delega
Elena Bonetti
La ministra Elena Bonetti, in quell’occasione, disse che «noi oggi siamo chiamati a intervenire, perché noi oggi siamo chiamati di nuovo a stabilire in quale direzione far andare la storia del nostro Paese. […] Ecco, io credo che dobbiamo dire con chiarezza qual è il cambio di paradigma che abbiamo e stiamo iniziando ad operare, che è quello di riconoscere finalmente le famiglie, nel nostro Paese, come soggetti capaci di contribuire ed è per questo che è importante riconoscere che questo provvedimento è di fatto il primo principio su cui anche il Governo intende costruire la riforma fiscale. Le politiche familiari non sono più politiche di costo, sono politiche di investimento e in questo sono qui a rassicurare, a nome del Governo, un impegno fattivo nel reperimento delle risorse per permettere l'attuazione di quanto è previsto dalla legge delega». E ha parlato della «progettualità per le famiglie del nostro Paese» come della «progettualità necessaria perché il Paese assuma il coraggio della speranza». Confidiamo che intanto ci sia il coraggio di metterci i soldi: la speranza ce la metteranno le famiglie.
Foto di Lisa Fotios da Pexels
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