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Assegno di maternità a carico dello Stato, concesso ed erogato dall’INPS

di Redazione

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Circolare n. 143

OGGETTO: Art. 49, comma 8, della legge 488/99. Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri, n. 452, del 21.12.2000.Assegno di maternità a carico dello Stato, concesso ed erogato dall’INPS.Istruzioni contabili. Variazioni al piano dei conti.

SOMMARIO: Per ogni figlio nato dal 2 luglio 2000 o per ogni minore adottato o in affidamento preadottivo dal 2 luglio 2000, alle donne residenti, cittadine italiane o comunitarie o extracomunitarie in possesso della carta di soggiorno, aventi determinati requisiti lavorativi o assicurativi, eventualmente anche pregressi, è riconosciuto, a carico dello Stato, un assegno, erogato dall’INPS, di importo pari a lire 3.000.000, rivalutabili ogni anno a partire dal 2001. In alcune situazioni l’assegno è riconoscibile anche al padre o adottante o affidatario.

PREMESSA

Come comunicato con il msg. n. 742 del 27.7.2000, l’art. 49, comma 8, della legge n. 488 del 23.12.99 ha previsto -per ogni figlio nato dal 2 luglio 2000 o per ogni minore adottato o in affidamento preadottivo dal 2 luglio 2000- l’erogazione alle donne residenti, cittadine italiane o comunitarie o in possesso della carta di soggiorno, aventi determinati requisiti lavorativi o assicurativi, eventualmente anche pregressi (v. par. A), di un assegno ( d’ora in avanti denominato, per la sua immediata identificazione e distinzione da altre analoghe provvidenze, “assegno di maternità dello Stato”) di importo intero (pari a £. 3.000.000 per il 2000 ) nel caso in cui non sia corrisposta alcuna prestazione per la tutela previdenziale obbligatoria della maternità, ovvero di importo pari alla quota differenziale se la prestazione complessiva di maternità in godimento è inferiore a £. 3.000.000 (v. par. C).

L’assegno (intero o in quota differenziale) è posto a carico dello Stato ed è concesso ed erogato dall’INPS anche qualora i requisiti lavorativi siano stati conseguiti presso datori di lavoro non tenuti al versamento dei contributi di maternità all’INPS.

Con Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri, n. 452, del 21 dicembre 2000, (pubblicato sulla G.U. n. 81 del 6.4.2001 ed entrato in vigore il 7 aprile) è stato emanato il regolamento di attuazione (allegato 1) sulla base del quale, pertanto, si impartiscono le seguenti disposizioni.

Si precisa, comunque, che i richiami legislativi riportati nella presente circolare con riferimento alla legge n. 1204/1971 e ad altre disposizioni normative in materia di maternità, sono quelli contenuti nel suddetto Decreto; gli stessi devono ora intendersi operati con riferimento alle corrispondenti disposizioni del T.U. sulla maternità e sulla paternità (Decreto n. 151 del 26.3.2001, pubblicato sulla G.U. n. 96 del 26.4.2001 – Suppl. ordinario n. 93).

A) SOGGETTI RICHIEDENTI.

A seconda dei casi e dei requisiti posseduti (v. punti 1, 2, 3 e 4), l’assegno può essere richiesto da uno dei seguenti soggetti:

– madre, anche adottante
– padre, anche adottante
– affidataria preadottiva
– affidatario preadottivo
– adottante non coniugato
– coniuge della madre adottante o della affidataria preadottiva
– affidatario/a (non preadottivo/a) in caso di non riconoscibilità o non riconoscimento da parte di entrambi i genitori.

1. REQUISITI GENERALI

Tutti i soggetti sopra indicati devono risultare:

a) residenti in Italia;
b) cittadini italiani o di uno Stato dell’Unione Europea, ovvero in possesso della carta di soggiorno, se cittadini extracomunitari.

La residenza nel territorio dello Stato italiano deve essere posseduta al momento della nascita del bambino o dell’ingresso in famiglia del minore adottivo o in affidamento preadottivo (1).

La cittadinanza italiana o di uno Stato dell’Unione Europea, ovvero il possesso della carta di soggiorno per gli extracomunitari, devono sussistere al momento della domanda di assegno.

La carta di soggiorno, di cui all’art.9 del D. Lgs n. 286/1998, da non confondere con il “permesso di soggiorno”, è rilasciata dal Questore su richiesta dello straniero regolarmente soggiornante in Italia da almeno 5 anni e con un reddito sufficiente per sé e per la sua famiglia.

Per il rilascio della carta di soggiorno ai familiari di chi è già titolare della stessa e per il rilascio della carta alla cittadina extracomunitaria coniugata con un italiano, non sono richiesti i requisiti di cui al citato art. 9 del D.Lgs. 286/98 (tra cui la residenza in Italia da almeno 5 anni).

Il possesso della carta di soggiorno (autocertificabile, secondo la nuova normativa, con una dichiarazione, da allegare alla domanda di assegno, contenente tutti i dati e le notizie essenziali esistenti sulla carta; naturalmente, in alternativa, è possibile presentare la fotocopia della “carta” stessa) è un requisito previsto, al momento della domanda di assegno, anche per il figlio, se il genitore richiedente l’assegno suddetto la possiede (v. par. B, punto 1).

Peraltro, se al momento della domanda di assegno, la carta di soggiorno non è stata ancora rilasciata, può essere provvisoriamente fornita dichiarazione relativa alla richiesta della carta stessa (o fornita copia della richiesta); in tal caso il pagamento dell’assegno viene sospeso, così come il termine di 120 gg. previsto per l’erogazione da parte dell’INPS (v. par. F). L’avvenuto rilascio della carta di soggiorno va comunque dichiarato all’INPS (la carta, come detto, può essere fornita in copia). Se la data del rilascio è molto tardiva rispetto alla domanda di assegno, le Sedi dovranno accertare presso la Questura competente la sussistenza dei requisiti per il rilascio della carta di soggiorno al momento della domanda di assegno all’INPS.

2. REQUISITI ULTERIORI PER LA MADRE (anche adottante o donna affidataria).

Se sussistono, in aggiunta a quelli generali di cui al punto 1 (residenza al momento della nascita o dell’adozione/affidamento e cittadinanza italiana o comunitaria o carta di soggiorno al momento della domanda), gli ulteriori requisiti di seguito descritti, l’assegno può essere richiesto dalla:

2.1 Donna lavoratrice che, alla data del parto o dell’ingresso del bambino in famiglia, ha una qualsiasi forma di tutela previdenziale della maternità in corso di godimento (ovvero di diritto al godimento della prestazione alla data suddetta) e può far valere almeno 3 mesi di contribuzione nel periodo che va dai 18 ai 9 mesi precedenti il parto o l’effettivo ingresso, nella sua famiglia anagrafica, del bambino in affidamento preadottivo o in adozione senza affidamento.

La norma si riferisce alla donna che ha un rapporto di lavoro in atto alla data del parto o dell’ingresso del bambino in famiglia, eventi per i quali ha diritto ad un trattamento economico, previdenziale o non (v. successivo cpv.) per astensione obbligatoria di maternità (v. ultimo e penultimo capoverso del presente punto 2.1).

Ai trattamenti previdenziali di maternità sono equiparati, in virtù di quanto previsto dall’art. 13, 2° comma, della legge 1204/71, i trattamenti economici dei dipendenti dalle amministrazioni dello Stato, dalle Regioni, dalle Province, dai Comuni e dagli altri Enti pubblici. Sono altresì equiparati i trattamenti economici corrisposti dai datori di lavoro non tenuti al versamento all’INPS dei contributi di maternità.

I 3 mesi di contribuzione, da reperire tra i 18 e i 9 mesi precedenti l’evento (parto o ingresso in famiglia), devono riferirsi ad una attività lavorativa subordinata o parasubordinata per la quale sia stata versata o sia dovuta la contribuzione di maternità. (Per l’attività relativa ad A.S.U./L.P.U., v. punto 2.2, ultimo cpv.).

In particolare, a seconda dell’attività lavorativa, tre mesi di contribuzione corrispondono a:

– 90 giorni di attività lavorativa per i lavoratori retribuiti a giornata;
– 13 settimane di attività lavorativa per i lavoratori retribuiti a settimana;
– 24 ore (di lavoro alla settimana), moltiplicato per 13 settimane, per i lavoratori retribuiti ad ore (si applicano, infatti, i criteri di calcolo vigenti per i lavoratori domestici, di cui al D.P.R. 31.12.71, n. 1403, come modificato dal D.L. n. 463/83, art. 7, 6° comma, convertito nella legge n. 638/83, che ha elevato da 12 a 24 ore settimanali il numero di ore lavorative valide per l’accreditamento di un contributo settimanale);
– 3 mensilità della contribuzione dello 0,5% (prevista dall’art. 59 della legge 449/97) per le lavoratrici autonome (c.d. “parasubordinate) iscritte alla gestione separata, da reperire nei 12 mesi che precedono i due anteriori alla data del parto (v. D.M. del 27.5.98 e circ. n. 47 del 1.3.1999).

Ai 3 mesi di attività lavorativa subordinata soggetta alla contribuzione di maternità sono equiparati i periodi di attività lavorativa subordinata svolta presso le pubbliche amministrazioni nonché di quella svolta alle dipendenze dei datori di lavoro non tenuti al versamento all’INPS del contributo di maternità.

Come sopra accennato, la norma riguarda le donne in attività di lavoro, alle quali, spetta, generalmente, un trattamento economico di maternità, o quale prestazione previdenziale (con qualche limite per le lavoratrici domestiche o “parasubordinate” che, pur con un rapporto di lavoro in atto, potrebbero non aver raggiunto, al momento dell’evento, i requisiti contributivi previsti per la prestazione di maternità) o quale retribuzione a carico del datore di lavoro.

Per le donne in attività di lavoro il riconoscimento dell’assegno in misura intera, pertanto, sembra difficilmente ipotizzabile, se non si tratti di parti, adozioni o affidamenti plurimi.

Più probabile appare l’ipotesi del riconoscimento della quota differenziale (v. par. C) quando, cioè, il trattamento economico erogato direttamente dall’INPS o dai datori di lavoro, (compresi quelli non tenuti al versamento dei contributi di maternità all’INPS) risulta di importo contenuto, come, ad esempio, per le lavoratrici parasubordinate con mensilità di contribuzione inferiori a 9 (da 9 a 12 mesi spetta infatti una indennità superiore a 3 milioni), ovvero per le lavoratrici a tempo parziale, ecc..

2.2 Donna che ha perduto il diritto a prestazioni previdenziali o assistenziali derivanti dallo svolgimento di attività lavorativa per almeno tre mesi, a condizione che il periodo intercorrente tra la data della perdita del diritto a tali prestazioni e la data del parto o dell’effettivo ingresso in famiglia del bambino non sia superiore a quello di godimento delle suddette prestazioni e comunque non sia superiore a nove mesi (2).

Le prestazioni previdenziali o assistenziali il cui diritto sia stato perduto sono state individuate nelle seguenti:

a) prestazioni per A.S.U. o L.P.U.;
b) indennità di mobilità;
c) indennità di disoccupazione, compresa quella con requisiti ridotti;
d) indennità di cassa integrazione, ordinaria e straordinaria,
e) indennità di malattia o di maternità.

Come data della perdita del diritto ad una delle suddette prestazioni va considerata in linea di massima quella corrispondente all’ultimo giorno di percezione della prestazione.

Nel caso in cui la data in questione non sia individuabile, si deve fare riferimento al 1° gennaio dell’anno successivo a quello in cui cade l’evento che ha dato diritto alla prestazione (come ad es. per le prestazioni “non erogate a giornata”, quali l’assegno di parto o di aborto alle lavoratrici parasubordinate) (3).

Analogamente si deve fare riferimento al 1° gennaio dell’anno successivo a quello per il quale è dovuta la prestazione, se questa, pur corrisposta “a giornata”, non è suscettibile, nel suo insieme, di una esatta collocazione temporale (come, ad es. per la indennità di disoccupazione con requisiti ridotti) (4).

Si sottolinea che per avere diritto all’assegno di maternità non è sufficiente il pregresso diritto ad una delle sopraelencate prestazioni previdenziali o assistenziali, ma è necessario, come accennato, che l’attività lavorativa che ne ha costituito il presupposto sia stata svolta per almeno 3 mesi, calcolati come da punto 2.1. Nei 3 mesi di attività va calcolato anche il lavoro prestato nelle attività socialmente utili (A.S.U.) o nei lavori di pubblica utilità (L.P.U.) (lavori per i quali non è prevista la contribuzione), anche qualora sia stata l’unica attività lavorativa svolta.

2.3 Donna che durante il periodo di gravidanza ha cessato di lavorare per recesso, anche volontario, dal rapporto di lavoro, a condizione che possa far valere tre mesi di contribuzione nel periodo che va dai 18 ai 9 mesi antecedenti al parto.

Per il calcolo dei 3 mesi di contribuzione sono applicabili i criteri di cui al punto 2.1.

Con l’occasione, mentre si rammenta (v. circ. n. 128 del 5.7.2000) che le dimissioni volontarie, intervenute durante il periodo previsto per il divieto di licenziamento dall’art. 2 della legge 1204/71, possono dare titolo, ai sensi dell’art. 12 della stessa legge, alla indennità di disoccupazione, si fa presente che l’art. 55 del T.U. sulla maternità (articolo sostitutivo del suddetto art. 12 della legge 1204) stabilisce che la stessa disposizione si applica anche nel caso di adozione e affidamento, entro un anno dall’ingresso del minore in famiglia. Ne consegue che anche le dimissioni volontarie intervenute entro un anno dall’ingresso del minore nella famiglia adottante o affidataria possono dare titolo alla indennità di disoccupazione. Pertanto, se all’inizio dell’astensione obbligatoria o del periodo di astensione fruibile nei primi tre mesi dall’ingresso del bambino in famiglia, la lavoratrice è in godimento, anche teorico, della indennità di disoccupazione, la stessa ha diritto alla prestazione di maternità in luogo di quella di disoccupazione (ovviamente il problema non si pone se l’astensione inizia entro i 60 giorni corrispondenti al periodo di “protezione assicurativa”). Se l’importo della prestazione di maternità è inferiore all’importo intero dell’assegno dello Stato, può essere richiesto il pagamento della quota differenziale.

3. REQUISITI ULTERIORI PER IL PADRE (anche adottante, ovvero affidatario o coniuge della donna deceduta).

Se sussistono, in aggiunta a quelli generali, di cui al punto 1 (residenza al momento della nascita o dell’adozione/affidamento e cittadinanza italiana o comunitaria o carta di soggiorno al momento della domanda) gli ulteriori requisiti di seguito descritti, l’assegno può essere richiesto dal:

3.1 Padre, in caso di abbandono del figlio da parte della madre, o di affidamento esclusivo del figlio al padre (risultante da provvedimento del giudice) (5), sempre che il padre sia in possesso, al momento dell’abbandono o dell’affidamento esclusivo, dei requisiti del punto 2.1 (3 mesi di contributi fra i 18 e i 9 mesi precedenti) o del punto 2.2 (perdita del diritto, da non più di 9 mesi, a prestazioni previdenziali o assistenziali derivanti dallo svolgimento di almeno 3 mesi di attività di lavoro), e sempre che sussistano congiuntamente le seguenti condizioni:

a) al momento della nascita anche la madre sia regolarmente soggiornante e residente in Italia;
b) il figlio, al momento della domanda, sia stato riconosciuto dal padre;
c) il figlio, al momento della domanda, si trovi presso la famiglia anagrafica del padre, sia soggetto alla sua potestà e non sia in affidamento presso terzi.

In presenza delle suddette condizioni l’assegno spetta “in via esclusiva” al padre e ciò anche qualora la madre abbia a suo tempo beneficiato dell’assegno o di altra prestazione di maternità (6).

3.2 Affidatario preadottivo, nell’ipotesi di separazione dei coniugi intervenuta nel corso della procedura di affidamento preadottivo secondo quanto previsto dall’art. 25, 5° comma, della legge n. 184/83, sempre che l’affidatario sia in possesso, al momento dell’affidamento, dei requisiti del 2.1 (3 mesi di contributi fra i 18 e i 9 mesi precedenti) o del punto 2.2 (perdita del diritto, da non più di 9 mesi, a prestazioni previdenziali o assistenziali derivanti dallo svolgimento di almeno 3 mesi di attività di lavoro) e sempre che sussistano congiuntamente le seguenti condizioni:

a) il minore si trovi, al momento della domanda, presso la famiglia anagrafica dell’affidatario;
b) la moglie (ora separata) affidataria non abbia a suo tempo già usufruito dell’assegno.

3.3 Adottante in caso di adozione senza affidamento (v. art. 44, lett. c), della legge n. 184/83), quando intervenga la separazione dei coniugi ai sensi dell’art. 25, 5° comma, della legge 184/83, sempre che l’adottante sia in possesso, al momento dell’adozione, dei requisiti del punto 2.1 (3 mesi di contributi fra i 18 e i 9 mesi precedenti) o del punto 2.2 (perdita del diritto, da non più di 9 mesi, a prestazioni previdenziali o assistenziali derivanti dallo svolgimento di almeno 3 mesi di attività di lavoro) e sempre che sussistano congiuntamente le seguenti condizioni:

a) il minore si trovi, al momento della domanda, nella famiglia anagrafica dell’adottante;
b) la moglie (ora separata) adottante non abbia a suo tempo già usufruito dell’assegno.

3.4 Adottante non coniugato in caso di adozione pronunciata solo nei suoi confronti ai sensi dell’art. 44, 3° comma, della legge 184/83 (l’adozione è consentita anche a chi non è coniugato, se parente entro il 6° grado del bambino, in caso di perdita, da parte del bambino stesso, dei genitori o in caso di constatata impossibilità di suo affidamento preadottivo), sempre che l’adottante non coniugato sia in possesso, al momento dell’adozione, dei requisiti del punto 2.1 (3 mesi di contributi fra i 18 e i 9 mesi precedenti) o del punto 2.2 (perdita del diritto, da non più di 9 mesi, a prestazioni previdenziali o assistenziali derivanti dallo svolgimento di almeno 3 mesi di attività di lavoro) e sempre che sussistano congiuntamente le seguenti condizioni:

a) il minore, al momento della domanda, si trovi nella famiglia anagrafica dell’adottante non coniugato;
b) il minore, al momento della domanda, sia soggetto alla potestà dell’adottante non coniugato e non sia in affidamento presso terzi.

3.5 Padre che ha riconosciuto il neonato o coniuge della donna adottante o affidataria preadottiva, in caso di decesso, rispettivamente, della madre o della donna che ha avuto il minore in adozione o in affidamento preadottivo, sempre che sussistano congiuntamente, al momento della domanda, le seguenti condizioni:

a) regolare soggiorno (compresa anche la carta di soggiorno per gli extracomunitari) e residenza in Italia del padre o coniuge della deceduta;
b) il minore si trovi presso la sua famiglia anagrafica;
c) il minore sia soggetto alla sua potestà;
d) il minore non sia in affidamento presso terzi.
e) la donna deceduta non abbia a suo tempo già usufruito dell’assegno.

Non sono necessari per il padre o coniuge di cui si tratta i requisiti del punto 2.1 (3 mesi di contributi fra i 18 e i 9 mesi precedenti ) o del punto 2.2 (perdita del diritto, da non più di 9 mesi, a prestazioni previdenziali o assistenziali derivanti dallo svolgimento di almeno 3 mesi di attività di lavoro), requisiti da ritenere richiesti, invece, per la madre o donna decedute.

Tuttavia, qualora il padre o il coniuge siano in possesso dei medesimi requisiti previsti per la persona deceduta (3 mesi di contributi fra i 18 e i 9 mesi precedenti ovvero perdita del diritto, da non più di 9 mesi, a prestazioni previdenziali o assistenziali derivanti dallo svolgimento di almeno 3 mesi di attività di lavoro), possono percepire l’assegno a proprio titolo, presentando una domanda autonoma, sostitutiva, di quella della donna deceduta, alla stessa Sede INPS dove la donna aveva precedentemente presentato la domanda, ovvero alla Sede territorialmente competente in base all’ultima residenza della donna, nel caso in cui la stessa non avesse presentato la domanda.

4. REQUISITI ULTERIORI PER L’AFFIDATARIO/A (NON PREADOTTIVO/A).

In caso di neonato non riconoscibile o non riconosciuto da entrambi i genitori, l’assegno può essere richiesto dal soggetto che, in aggiunta ai requisiti generali ed a quelli del punto 2.1 (3 mesi di contributi fra i 18 e i 9 mesi precedenti) o del punto 2.2 (perdita del diritto, da non più di 9 mesi, a prestazioni previdenziali o assistenziali derivanti dallo svolgimento di almeno 3 mesi di attività di lavoro), risulti in possesso dei seguenti ulteriori requisiti:

a) abbia ottenuto in affidamento (ovviamente non preadottivo) il bambino, con provvedimento del giudice;
b) il neonato si trovi nella sua famiglia anagrafica al momento della domanda di assegno.

B) OGGETTO DELLA TUTELA (SOGGETTI PER I QUALI SI CHIEDE L’ASSEGNO).

1) Ogni figlio nato dal 2 luglio 2000 in poi, che sia regolarmente soggiornante e residente in Italia al momento della domanda di assegno.

Se il genitore richiedente è in possesso della carta di soggiorno, anche il figlio convivente deve essere in possesso della carta di soggiorno, qualora non sia nato in Italia o non sia cittadino di uno Stato dell’Unione Europea.

2) Ogni minore in affidamento preadottivo o in adozione senza affidamento che sia entrato nella famiglia anagrafica del richiedente dal 2 luglio 2000 in poi e che abbia un’età non superiore a quella prevista dalla vigente legislazione per la fruizione, da parte dell’adottante o affidatario, del congedo di maternità (e della relativa indennità pari all’80% per 3 mesi) vale a dire, non superiore a 6 anni per i minori italiani e non superiore a 18 anni per i minori di nazionalità straniera.

Dalla tutela, peraltro, è escluso il minore di cui all’art. 44, 1° comma, lett. b), della legge 184/83, e cioè il minore adottato dal coniuge quando è figlio, anche adottivo, dell’altro coniuge.

C) IMPORTO

Per ogni figlio nato o minore adottato o in affidamento preadottivo dal 2 luglio 2000 al 31 dicembre 2000 (per gli anni successivi v. in appresso), l’importo intero dell’assegno è di £. 3.000.000 (€1548,58).

Come sopra accennato (v. punto 2.1), l’assegno spetta in misura intera se non è stato corrisposto alcun altro trattamento economico di maternità, oppure in misura ridotta (quota differenziale) se l’importo del trattamento economico (previdenziale e non) di maternità è inferiore a quello dell’assegno (ipotesi, quest’ultima, che comprende, come detto, le situazioni di parto plurimo: il trattamento economico di maternità, infatti, potrebbe essere inferiore, in quanto, a differenza dell’assegno, non tiene conto del numero di gemelli, di adottati o affidati contemporaneamente).

Si potrebbe verificare, peraltro, che all’atto della concessione dell’assegno (intero) non risulti richiesto o erogato per lo stesso evento nessun altro trattamento economico di maternità, ma che ciò risulti in un momento successivo.

In tal caso, l’assegno dovrà essere recuperato, ovviamente con provvedimento debitamente motivato, per l’importo intero se l’indennità e/o retribuzione è superiore, ovvero per la sola somma eccedente la quota differenziale se l’indennità e/o retribuzione è inferiore.

Precisato quanto sopra, si riportano i seguenti criteri di calcolo della quota differenziale.

In tutti i casi, compresi quelli in cui ne può beneficiare il padre o affidatario o adottante anche non coniugato, la quota differenziale è determinata sottraendo dall’importo intero dell’assegno moltiplicato per il numero dei figli nati o in affidamento/adozione, il trattamento retributivo o previdenziale di maternità (indennità + trattamento retributivo integrativo dell’indennità) erogato per il periodo di astensione obbligatoria (precedente e posteriore al parto, inclusi gli eventuali periodi di prolungamento dell’interdizione anticipata e/o prorogata disposti dalla Direzione provinciale del lavoro), ovvero l’importo del trattamento previdenziale e/o retributivo erogato per adozione o affidamento.

Quando la quota differenziale spetta al coniuge della donna affidataria o adottante deceduta si ha riguardo sia al trattamento di maternità spettante o percepito dalla donna, sia a quello eventualmente percepito (ovviamente in parte) anche dall’uomo richiedente a seguito del decesso della donna. In altri termini dall’importo dell’assegno intero si sottrae la somma dei due trattamenti di maternità. Lo stesso criterio si applica alle adozioni di cui all’art. 44, 3° comma, della legge 184/83 pronunciate nei confronti di più adottanti.

Dalla quota differenziale si detrae anche l’assegno di maternità eventualmente già concesso dal Comune ai sensi dell’art. 66 della legge 448/98 (v. par. D): tanto significa anche che è inutile presentare domanda al Comune per l’assegno di sua pertinenza quando si è acquisita certezza circa il diritto all’assegno di pertinenza dell’INPS. Al contrario, la domanda di assegno respinta dall’INPS per mancanza dei requisiti, sarà trasmessa d’ufficio al Comune competente che la considererà quale richiesta di assegno ex art. 66 della legge 448/98, con data di presentazione uguale a quella della domanda inoltrata all’INPS (v. anche par F).

L’importo dell’assegno in misura intera e l’importo della quota differenziale sono determinati con riferimento alla data del parto o dell’ingresso del minore nella famiglia anagrafica del richiedente e sono rivalutati al 1° gennaio di ogni anno sulla base della variazione dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, calcolato dall’ISTAT.

Per le nascite o ingressi in famiglia intervenuti dal 1° gennaio al 31 dicembre 2001, pertanto, l’importo intero è pari a £. 3.078.000 (€ 1589,65), tenuto conto che l’incremento ISTAT per il 2001 è risultato pari a 2,6%.

D) ASSEGNO DI MATERNITA’ DELLO STATO E ALTRE PROVVIDENZE DI MATERNITA’.

L’assegno di maternità dello Stato, come detto, non è cumulabile con l’assegno concesso dai Comuni ed erogato dall’INPS ai sensi dell’art. 66 della legge 448/98. Qualora quest’ultimo risulti essere già stato concesso o erogato, l’assegno di maternità dello Stato potrà essere concesso limitatamente alla quota differenziale, sempre che sussistano i necessari requisiti contributivi e lavorativi.

L’assegno di maternità dello Stato è cumulabile, invece, con analoghe provvidenze di maternità erogate dalle regioni e dagli enti locali e non costituisce reddito ai fini fiscali e previdenziali.

E) DOMANDA E DOCUMENTAZIONE

La domanda per la concessione dell’assegno, per la quale va compilato l’apposito modulo (MOD.ASS. MAT./Stato) (all. 2), deve essere presentata alla Sede INPS del territorio di residenza del soggetto che chiede la prestazione (con la eccezione prevista in caso di decesso della donna e di domanda autonoma dell’uomo: v. punto 3.5) nel termine perentorio di 6 mesi, i quali, a seconda del soggetto richiedente, decorrono come di seguito indicato:

a) per la madre legittima o naturale che ha riconosciuto il figlio: dalla data di nascita del bambino;
b) per la donna che ha avuto un minore in affidamento preadottivo o in adozione senza affidamento: dalla data di ingresso del minore nella sua famiglia anagrafica;
c) per l’adottante non coniugato: dalla data di ingresso del minore nella sua famiglia anagrafica;
d) per il padre che si trova nelle condizioni del punto 3.1 o del punto 3.5, per l’affidatario preadottivo e per l’adottante che si trovano, rispettivamente, nelle condizioni del punto 3.2 e del punto 3.3, per il coniuge della donna adottante o affidataria che si trova nelle condizioni del punto 3.5, per l’affidatario/a non preadottivo/a che si trova nelle condizioni del punto 4: dalla scadenza del termine concesso alla madre o alla donna adottante o affidataria.

Peraltro, il padre che si trova nelle condizioni del punto 3.1 o del punto 3.5 può presentare la domanda anche durante il termine concesso alla madre qualora risulti che l’assegno spetta a lui in via esclusiva, ovvero sia documentato il decesso della madre. Analoga possibilità è prevista per il coniuge che si trova nelle condizioni del punto 3.5, qualora sia documentato il decesso della donna adottante o affidataria.

In sede di prima attuazione, la domanda di assegno per gli eventi avvenuti dal 2.7.2000 al 6.4.2001 può essere presentata entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore del regolamento, cioè entro il 7 ottobre 2001.

Il richiedente è tenuto a fornire le dichiarazioni contenute nel modulo di domanda e ad allegare le ulteriori dichiarazioni/autocertificazioni indicate al quadro 6 del modulo stesso, per le domande riguardanti minori in affidamento o in adozione e per quelle relative a casi di abbandono da parte della madre nonché per quelle relative a cittadini extracomunitari (7).

Nell’ipotesi di incapacità di agire del genitore, la domanda e le relative dichiarazioni sono presentate dal legale rappresentante dell’incapace.

F) ADEMPIMENTI DELLE SEDI

La Sede INPS che ha concesso l’assegno è tenuta ad erogarlo entro 120 giorni dalla data di presentazione di una regolare domanda corredata della necessaria documentazione. Il termine è sospeso in caso di documentazione insufficiente o inidonea.

Ai fini della concessione e della erogazione, le Sedi dovranno accertare preliminarmente che per lo stesso evento non sia già stato richiesto, concesso o erogato l’assegno dello Stato o altro trattamento economico (indennità e/o retribuzione) di maternità; in caso di assegno indebitamente erogato provvederanno alla revoca del beneficio ed al recupero della corrispondente somma. Dovranno inoltre verificare, con controlli anche a campione, la veridicità delle situazioni dichiarate, in particolare quella familiare, e la sussistenza degli altri requisiti previsti.

Nel caso in cui la domanda venga respinta dalla Sede INPS per mancanza dei requisiti previsti, la stessa Sede provvederà a trasmetterla d’ufficio al Comune di residenza del richiedente perché il Comune prenda a riferimento la relativa data di presentazione (e non quella in cui la domanda è stata respinta dall’INPS) quale data di richiesta di assegno ex art. 66 della legge 448/98.

Le Sedi dell’INPS, inoltre, sono tenute a fornire ai Comuni, unitamente ad un sufficiente quantitativo di moduli ASS. MAT./Stato, la scheda informativa (all. 3) che i Comuni provvederanno a consegnare agli interessati all’atto della iscrizione anagrafica dei minori (conseguente alla nascita o all’adozione o all’affidamento preadottivo).

L’approntamento tipografico del modulo di domanda, ASS. MAT./Stato, compresa la pagina con le “ricevuta/avvertenze”, sarà curato dalle Sedi. Dovrà essere utilizzato il formato A3 (cm. 29,7 x 42), in modo che il foglio con le prime 4 pagine, ripiegato, assuma le dimensioni del formato A4 (cm. 21 x 29,7). In sostanza, sulla facciata anteriore (da ripiegare) dovranno essere stampate, a sinistra la pag. 4 e a destra la pag. 1, e sulla facciata posteriore a sinistra la pag. 2 e a destra la pag. 3. A parte sarà stampato il foglio (formatoA4) contenente la ricevuta e le avvertenze.

Come può rilevarsi dall’esemplare consultabile nel sito INTERNET/INTRANET, i riquadri sono variamente colorati. Ovviamente il modulo può essere stampato da P.C., per singola pagina, in formato A4, utilizzando il “file” scaricabile dal predetto sito INTERNET/INTRANET.

G) MODALITA’ PROCEDURALI DI PAGAMENTO

Nelle more dell’integrazione della procedura di pagamento diretto delle prestazioni di malattia e maternità, gli assegni dovranno essere pagati con la procedura dei “Pagamenti Vari” che dovrà essere utilizzata osservando le seguenti regole:
– creare una collezione con il nome “ASSMATINPSnn” dove “nn” è un elemento variabile a disposizione dell’operatore che può impostare, ad esempio, con il codice della struttura operativa che deve liquidare gli assegni;
– inizializzare la collezione impostando la causale con la dicitura “Assegno di maternità concesso dall’INPS (L. 488/99)”. I campi “Nomi/Conti” possono essere definiti a piacere;
– acquisire le posizioni e l’importo dell’assegno lasciando il campo “agg.to archivio fiscale (S/N)” impostato ad “N”.

H) ISTRUZIONI CONTABILI

Ai fini della rilevazione contabile dell’assegno per maternità di che trattasi è stato istituito il conto GAT 30/50 il quale sarà assistito, nell’ambito della procedura dei flussi di cassa, dalla causale di mod. FL02: 21608 “MATERNITA’ ART. 49 C.8 L.488/99”.

Eventuali recuperi della suddetta prestazione dovranno essere imputati al conto GAT 24/41, di nuova istituzione.

A tal fine la procedura “recupero crediti per prestazioni” sarà aggiornata con il codice di bilancio “86” in corrispondenza del predetto conto GAT 24/41.

Gli importi relativi alle partite in questione, che alla fine dell’esercizio risultino ancora da definire, verranno imputati, mediante ripartizione del saldo del conto GPA 00/32 eseguita dalla suddetta procedura, al conto di credito esistente GAT 00/30.

Il codice di bilancio di cui sopra è cenno dovrà essere utilizzato, ovviamente, anche per evidenziare, nell’ambito del partitario del conto GPA 00/69 e con la denominazione di seguito riportata, i crediti per prestazioni divenuti inesigibili:

86 – Assegno per maternità art. 49, c.8, L.488/99

Inoltre, per quanto riguarda le modalità di evidenziazione nell’ambito del partitario del conto GPA 10/31 di eventuali somme non riscosse dai beneficiari, è stato istituito il nuovo codice di bilancio 66 “Somme non riscosse dai beneficiari – Maternità art. 49, c.8, L.488/99” con il quale le stesse dovranno essere contraddistinte.

Le partite in argomento che al termine dell’esercizio risultino ancora da definire dovranno essere imputate al conto di nuova istituzione GAT 10/38.

Nell’allegato n. 4 si riportano i sopra citati conti GAT 10/38, GAT 24/41 e GAT 30/50.

IL DIRETTORE GENERALETRIZZINO

Allegato 2 (documento compresso in formato xls)

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Allegato 3 (documento compresso in formato word)

(1) Alla data di ingresso del minore nella famiglia anagrafica della persona affidataria è equiparata la data di inizio della coabitazione, quale risulta dagli atti relativi alla procedura di affidamento preadottivo. Ciò è riferito, peraltro, solo ai casi eccezionali in cui il minore non può essere iscritto nella famiglia anagrafica dell’affidatario per particolari misure di tutela stabilite dalla autorità competente.
(2) Esempio: una lavoratrice agricola a tempo determinato, non iscritta negli elenchi agricoli del 2000, ha fruito della prestazione di maternità relativa al parto del 15.1.2000, in quanto iscritta negli elenchi del 1999, con un numero di giornate di iscrizione pari a 90 (se fosse stato inferiore a 90 la norma del presente punto 2.2 non sarebbe applicabile).
I periodi di godimento della prestazione sono stati i seguenti:
dal 15.10.99 al 15.3.2000 per astensione obbligatoria;
dal 1.7.2000 al 31.12.2000 per astensione facoltativa.
La data della perdita del diritto alla prestazione di maternità, quindi, è il 1.1.2001.
Il periodo totale di godimento della prestazione di maternità nell’anno 2000 è pari a 8 mesi più 15 gg..
La data entro la quale può essere esercitato il diritto all’assegno dello Stato (intero o parziale) è il 15.9.2001. Pertanto, la lavoratrice in questione ne avrebbe diritto qualora un nuovo parto (o ingresso del bambino in famiglia) avvenisse entro il 15.9.2001.
(3) Es.: la data del parto di una lavoratrice parasubordinata è il 16 luglio 2000; la data di perdita del diritto al relativo assegno di parto è il 1.1.2001; il diritto alla percezione dell’assegno dello Stato (intero o parziale) può essere esercitato per un (altro) figlio nato o entrato in famiglia entro il 30 settembre 2001.
(4) Es.: una lavoratrice si trova in stato di disoccupazione nel corso del 2000; ha diritto alla indennità di disoccupazione con requisiti ridotti, da liquidare, quindi, nel 2001, (indipendentemente, cioè, dall’ultimo giorno di lavoro effettuato nel 2000); la data di perdita del diritto alla indennità di disoccupazione con requisiti ridotti è il 1° gennaio 2001; il diritto all’assegno dello Stato è esercitabile per i figli nati (o entrati in famiglia) entro il 30 settembre 2001.
(5) La situazione di abbandono (diversa da quella di “non riconoscimento”) del figlio da parte della madre e l’affidamento esclusivo possono essere dichiarati ai sensi dell’art. 47 del D.P.R. 445/2000 (dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà): la dichiarazione, da allegare alla domanda, deve contenere tutti i dati e le notizie essenziali per le possibili verifiche dell’INPS.
(6) Considerata la formulazione della norma e tenuto conto che la condizione di non fruizione dell’assegno, da parte della madre, è stata espressamente prevista soltanto per le situazioni sub 3.2 e 3.3, si ritiene che in caso di abbandono del figlio o di affidamento esclusivo del figlio al padre, quest’ultimo abbia comunque diritto all’assegno anche qualora la madre ne abbia fruito in precedenza. Si ritiene, invece, che alla madre non possa essere riconosciuto l’assegno dopo che ha abbandonato il figlio o che il figlio sia stato affidato esclusivamente al padre.
(7) La carta di soggiorno è redatta sul mod. 207 bis – P.S. ed è contraddistinta da apposita numerazione, preceduta dalla lettera I.; sulla “carta” stessa è prevista anche la trascrizione del codice fiscale. Il permesso di soggiorno è redatto invece sul mod. 207 e presenta un tracciato simile all’altro; lo stesso è però privo di numerazione e di codice fiscale.
Pertanto la numerazione della “carta” dovrà essere riportata nella “dichiarazione” da allegare alla domanda di assegno.

Allegato 1
DECRETO 21 dicembre 2000, n. 452 (Pubblicato sulla G.U. n.81 del 6 aprile 2001)

Regolamento recante disposizioni in materia di assegni di maternità e per
il nucleo familiare, in attuazione dell’articolo 49 della legge 22
dicembre 1999, n. 488, e degli articoli 65 e 66 della legge 23 dicembre
1998, n. 448.

IL MINISTRO PER LA SOLIDARIETA’ SOCIALE
di concerto con
IL MINISTRO DEL LAVORO E DELLA PREVIDENZA SOCIALE
e con
IL MINISTRO DEL TESORO, DEL BILANCIO E DELLA PROGRAMMAZIONE
ECONOMICA

Visto l’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400;
Visto l’articolo 49 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, concernente
disposizioni per la riduzione degli oneri sociali e per la tutela della
maternità;
Visto, in particolare, il comma 14 del suddetto articolo 49, che
stabilisce che, con uno o più decreti del Ministro per la solidarietà
sociale, di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale
e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, sono emanate
le disposizioni regolamentari necessarie per l’attuazione del medesimo
articolo 49;
Visti gli articoli 65 e 66 della legge 23 dicembre 1998, n. 448,
concernenti assegni per il nucleo familiare e di maternità;
Visto il decreto del Ministro per la solidarietà sociale, di concerto con
i Ministri del lavoro e della previdenza sociale e del tesoro, del
bilancio e della programmazione economica, 15 luglio 1999, n. 306, come
rettificato con avviso pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica – serie generale – n. 264 del 10 novembre 1999, che detta
disposizioni regolamentari attuative dei citati articoli 65 e 66 della
legge n. 448 del 1998;
Considerato che, ai sensi del citato articolo 49, commi 12, 13 e 14 della
legge n. 488 del 1999, si rende necessario apportare modificazioni alla
disciplina prevista nel suddetto decreto del Ministro per la solidarietà
sociale 15 luglio 1999, n. 306, e che è opportuno dettare altresì
ulteriori disposizioni al fine di chiarire, precisare ed integrare alcuni
aspetti della disciplina sugli assegni per il nucleo familiare e di
maternità ed assicurare l’uniformità nei procedimenti di concessione dei
benefici;
Considerato, altresì, che, a norma dell’articolo 10 del decreto
legislativo del 3 maggio 2000, n. 130, gli assegni per il nucleo familiare
e di maternità di cui agli articoli 65 e 66 della legge n. 448 del 1998
continuano ad essere erogati sulla base delle precedenti disposizioni del
decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109, e dei relativi decreti
attuativi, fino all’emanazione degli atti normativi che ne disciplinano
l’erogazione in conformità con le disposizioni del citato decreto
legislativo n. 130 del 2000;
Sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281;
Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla sezione consultiva
per gli atti normativi nell’adunanza del 4 dicembre 2000;
Vista la comunicazione al Presidente del Consiglio dei Ministri n.
DAS/870/UL/648 del 20 dicembre 2000, effettuata ai sensi dell’articolo 17,
comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400;

ADOTTA
il seguente regolamento:

TITOLO I
CONTRIBUTI DI MATERNITA’

Art. 1
(Ridefinizione dei contributi di maternità)

1. Per gli enti comunque denominati che gestiscono forme obbligatorie di
previdenza in favore dei liberi professionisti, la ridefinizione dei
contributi dovuti dagli iscritti ai fini del trattamento di maternità
avviene mediante delibera degli enti medesimi, approvata dai Ministeri
vigilanti.
2. Ai fini dell’approvazione della delibera di cui al comma 1, gli enti
presentano ai Ministeri vigilanti idonea documentazione che attesti la
situazione di equilibrio tra contributi versati e prestazioni erogate.
3. Ai sensi dell’articolo 49, commi 1 e 14, della legge 23 dicembre 1999,
n. 488, per le prestazioni di maternità di cui al medesimo articolo 49,
comma 1, non si applicano le disposizioni di cui ai commi 1, terzo
periodo, e 2 dell’articolo 5 della legge 11 dicembre 1990, n. 379.

TITOLO II
ASSEGNO DI MATERNITA’ CONCESSO DALL’INPS

Art. 2
(Disposizioni generali)
1. L’assegno di maternità di cui all’articolo 49, comma 8, della legge n.
488 del 1999 è concesso alle donne, cittadine italiane o comunitarie o
in possesso di carta di soggiorno ai sensi dell’articolo 9 del decreto
legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni.
L’assegno è concesso alle condizioni previste dal citato articolo 49,
comma 8, della legge n. 488 del 1999 e dal presente Titolo, quando si
verifica uno dei seguenti casi:
a) quando la donna lavoratrice ha in corso di godimento una qualsiasi
forma di tutela previdenziale della maternità e può far valere almeno
tre mesi di contribuzione nel periodo che va dai diciotto ai nove mesi
antecedenti ad uno degli eventi di cui al comma 3;
b) quando il periodo intercorrente tra la data della perdita del diritto
ad una delle prestazioni di cui all’articolo 4, derivanti dallo
svolgimento per almeno tre mesi di attività lavorativa, e la data di
uno degli eventi di cui al comma 3 del presente articolo non sia
superiore a quello del godimento delle suddette prestazioni, e
comunque non sia superiore a nove mesi;
c) quando la donna, in caso di recesso, anche volontario, dal rapporto di
lavoro durante il periodo di gravidanza, può far valere tre mesi di
contribuzione nel periodo che va dai diciotto ai nove mesi antecedenti
ad uno degli eventi di cui al comma 3.
2. La richiedente, al momento della nascita del figlio o al momento
dell’ingresso nella propria famiglia anagrafica di un minore ricevuto in
affidamento preadottivo o in adozione senza affidamento, deve essere
residente nel territorio dello Stato e deve trovarsi in possesso di uno
dei requisiti di cui al comma 1, lettere a), b) e c).
3. L’assegno è concesso per uno dei seguenti eventi:
a) per ogni figlio nato in data non anteriore al 2 luglio 2000, che sia
regolarmente soggiornante e residente nel territorio dello Stato;
quando la richiesta di assegno è formulata da soggetto in possesso
della carta di soggiorno di cui all’articolo 9 del decreto legislativo
n. 286 del 1998, il figlio, che non sia nato in Italia o non risulti
cittadino di uno Stato dell’Unione europea, deve altresì essere in
possesso della carta di soggiorno ai sensi dell’articolo medesimo;
b) per ogni minore che faccia ingresso, in data non anteriore al 2 luglio
2000, nella famiglia anagrafica del richiedente che lo riceve in
affidamento preadottivo o in adozione senza affidamento ai sensi della
legge 4 maggio 1983, n. 184, e successive modificazioni, con
esclusione del caso di cui all’articolo 44, primo comma, lettera b),
della stessa legge. Il beneficio può essere concesso se il minore non
ha superato al momento dell’affidamento preadottivo o dell’adozione
senza affidamento i sei anni di età, ai sensi dell’articolo 6, comma
1, della legge 9 dicembre 1977, n. 903, ovvero, per gli affidamenti e
le adozioni internazionali, la maggiore età, ai sensi dell’articolo
39-quater, primo comma, lettera a), della citata legge n. 184 del
1983.
4. Ai fini della concessione dell’assegno, ai trattamenti previdenziali di
maternità sono equiparati i trattamenti economici di maternità di cui
all’articolo 13, comma 2, della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, e
successive modificazioni, nonché gli altri trattamenti economici di
maternità corrisposti da datori di lavoro non tenuti al versamento dei
contributi di maternità.
5. Nei casi eccezionali in cui il minore in affidamento preadottivo non
possa essere iscritto nella famiglia anagrafica dell’affidatario a causa
di particolari misure di tutela stabilite nei suoi confronti
dall’autorità competente, all’ingresso del minore nella famiglia
anagrafica della persona che lo riceve in affidamento preadottivo è
equiparato l’inizio della coabitazione del minore con il soggetto
affidatario; in detti casi, le date di cui al presente Titolo, relative
all’ingresso del minore nella famiglia anagrafica, devono intendersi
riferite al momento di inizio della coabitazione, quale risulta dagli
atti relativi alla procedura di affidamento preadottivo.
6. L’assegno non costituisce reddito ai fini fiscali e previdenziali e può
essere cumulato con analoghe provvidenze in favore della maternità
erogate dalle regioni e dagli enti locali, ad eccezione dell’assegno di
cui all’articolo 66 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, e successive
modificazioni. Qualora l’assegno di cui all’articolo 66 della legge n.
448 del 1998 sia stato concesso o erogato, l’assegno di cui al presente
articolo è concesso limitatamente alla quota differenziale.

Art. 3
(Periodo di contribuzione)
1. I tre mesi di cui all’articolo 2, comma 1, devono essere relativi ad
attività lavorativa per la quale sia stata versata o, per i lavoratori
subordinati, sia comunque dovuta contribuzione di maternità ai sensi
delle leggi vigenti. Per i lavori retribuiti a giornata si calcolano 90
giorni di attività lavorativa retribuita; per quelli retribuiti a
settimana, si calcolano 13 settimane di attività lavorativa retribuita;
per quelli retribuiti ad ore, si applicano i criteri di calcolo di cui
al decreto del Presidente della Repubblica 31 dicembre 1971, n. 1403.
2. Per le lavoratrici di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto
1995, n. 335, e successive modificazioni ed integrazioni, tenute al
versamento del contributo per la maternità, la tutela previdenziale
della maternità di cui all’articolo 2, comma 1, lettera a), del presente
regolamento, si considera in corso di godimento qualora all’interessata
risultino attribuite le mensilità di contribuzione di cui all’articolo
1, comma 2, del decreto del Ministro del lavoro e della previdenza
sociale 27 maggio 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 24
luglio 1998, n. 171.
3. Ai periodi di attività lavorativa di cui al comma 1 sono equiparati i
periodi di attività lavorativa subordinata retribuita dalle pubbliche
amministrazioni, nonché i periodi di attività lavorativa subordinata
retribuita da altri datori di lavoro non tenuti al versamento di
contributi di maternità.

Art. 4
(Individuazione delle prestazioni di cui all’articolo 2, comma 1, lettera b)
1. Le prestazioni di cui all’articolo 2, comma 1, lettera b), sono le
seguenti:
a) prestazioni per lavori socialmente utili o di pubblica utilità;
b) indennità di mobilità;
c) indennità di disoccupazione, compresa quella con requisiti ridotti;
d) indennità di cassa integrazione ordinaria e straordinaria;
e) indennità per malattia o maternità.
2. Per le prestazioni per le quali non sia individuabile la data della
perdita del diritto, detta data corrisponde, nell’ordine, al 1° gennaio
dell’anno successivo a quello dell’evento che ha dato diritto alla
prestazione stessa o, qualora detto criterio non sia utilizzabile, a
quello per il quale è dovuta la prestazione.

Art. 5
(Concessione dell’assegno di maternità ad altri soggetti)
1. In luogo dei soggetti di cui all’articolo 2, comma 1, possono
beneficiare dell’assegno, i seguenti soggetti che si trovino in possesso
di uno dei requisiti previsti dal medesimo articolo 2, comma 1, lettere
a) e b):
a) il padre che, al momento della nascita del figlio, sia residente,
cittadino italiano o comunitario o in possesso di carta di soggiorno
ai sensi dell’articolo 9 del decreto legislativo n. 286 del 1998, in
caso di abbandono del figlio da parte della madre o di affidamento
esclusivo del figlio al padre, a condizione che la madre risulti
regolarmente soggiornante e residente nel territorio dello Stato al
momento del parto, e che il figlio sia stato riconosciuto dal padre,
si trovi presso la famiglia anagrafica di lui e sia soggetto alla sua
potestà e comunque non sia in affidamento presso terzi; alle suddette
condizioni l’assegno spetta in via esclusiva al padre;
b) l’affidatario preadottivo che, al momento dell’ingresso del minore
nella sua famiglia anagrafica, sia residente, cittadino italiano o
comunitario o in possesso di carta di soggiorno ai sensi dell’articolo
9 del decreto legislativo n. 286 del 1998, quando sopraggiunga
separazione ai sensi dell’articolo 25, quinto comma, della legge n.
184 del 1983; l’assegno è concesso all’affidatario preadottivo a
condizione che non sia già stato concesso alla moglie affidataria
preadottiva e che il richiedente abbia il minore in affidamento presso
la propria famiglia anagrafica; la presente disposizione si applica
anche nei confronti dell’adottante in caso di adozione senza
affidamento;
c) l’adottante non coniugato, residente, cittadino italiano o comunitario
o in possesso di carta di soggiorno ai sensi dell’articolo 9 del
decreto legislativo n. 286 del 1998, in caso di adozione pronunciata
solo nei suoi confronti ai sensi dell’articolo 44, terzo comma, della
legge n. 184 del 1983, a condizione che il minore si trovi presso la
famiglia anagrafica dell’adottante, sia soggetto alla potestà di lui e
comunque non sia in affidamento presso terzi.
2. In caso di decesso della madre del neonato o della donna che ha ricevuto
il minore in affidamento preadottivo o in adozione senza affidamento, e
qualora il beneficio non sia stato ancora erogato ai suddetti soggetti,
l’assegno che sarebbe spettato alla madre o alla donna aventi diritto
può essere concesso, a domanda, rispettivamente al padre che ha
riconosciuto il neonato o al coniuge della donna, a condizione che
questi soggetti siano regolarmente soggiornanti e residenti nel
territorio dello Stato, il minore si trovi presso la loro famiglia
anagrafica e sia soggetto alla loro potestà e comunque non sia in
affidamento presso terzi; in alternativa, detti soggetti possono, se in
possesso dei medesimi requisiti soggettivi previsti per la persona
deceduta e di uno dei requisiti previsti dall’articolo 2, comma 1,
lettere a) e b), presentare autonoma domanda, che sostituisce ad ogni
effetto quella della persona deceduta, e conseguire l’assegno a proprio
titolo; nei casi previsti dal presente comma, competente alla
concessione dell’assegno è sempre la sede dell’INPS del territorio di
ultima residenza della persona deceduta.
3. In caso di neonato non riconoscibile o non riconosciuto da alcuno dei
genitori, dell’assegno può beneficiare il soggetto residente, cittadino
italiano o comunitario o in possesso di carta di soggiorno ai sensi
dell’articolo 9 del decreto legislativo n. 286 del 1998, a condizione
che, al momento della nascita del minore, si trovi in possesso dei
requisiti di cui all’articolo 2, comma 1, lettere a) e b), del presente
regolamento, il minore medesimo gli sia stato affidato con provvedimento
del giudice e si trovi nella famiglia anagrafica dell’affidatario.

Art. 6
(Misura dell’assegno)
1. L’importo dell’assegno è determinato ai sensi dell’articolo 49, commi 8
e 11, della legge n. 488 del 1999, nella misura corrispondente a quella
spettante alla data del parto o, in caso di affidamento preadottivo o di
adozione senza affidamento, dell’ingresso del minore nella famiglia
anagrafica del richiedente.
2. Per la determinazione della quota differenziale, anche nei casi di cui
all’articolo 5 del presente regolamento, si sottrae dal beneficio,
moltiplicato per il numero dei figli nati o entrati nella famiglia
anagrafica a seguito di affidamento preadottivo o di adozione senza
affidamento, il trattamento previdenziale o economico di maternità
spettanti o percepiti dal richiedente per l’intero periodo di astensione
obbligatoria.
3. Quando l’assegno è richiesto in occasione della nascita del figlio, per
il calcolo della quota differenziale si ha riguardo al trattamento
previdenziale o economico di maternità spettante o percepito dalla madre
anche nel periodo di astensione obbligatoria antecedente alla nascita.
4. Quando l’assegno è richiesto, ai sensi dell’articolo 5, dal coniuge in
occasione dell’affidamento preadottivo o dell’adozione senza
affidamento, per il calcolo della quota differenziale si ha riguardo
anche al trattamento previdenziale o economico di maternità spettanti o
percepiti dalla donna affidataria o dalla madre adottiva; detto criterio
si applica, altresì, alle adozioni di cui all’articolo 44, terzo comma,
della legge n. 184 del 1983 pronunciate nei confronti di più adottanti.
5. Dalla quota spettante ai sensi del presente articolo è detratta la
misura dell’assegno eventualmente concesso ai sensi dell’articolo 66
della legge n. 448 del 1998.

Art. 7
(Domanda per la concessione dell’assegno)
1. La domanda per l’assegno è presentata in carta semplice, nel termine
perentorio di sei mesi dalla data di nascita del figlio o dalla data di
ingresso del minore nella famiglia anagrafica della donna che lo riceve
in affidamento preadottivo o in adozione senza affidamento, alla sede
dell’INPS competente per il territorio di residenza, dalla madre
legittima o dalla madre naturale che abbia riconosciuto il figlio,
ovvero dalla donna che ha ricevuto il minore in affidamento preadottivo
o in adozione senza affidamento.
2. Nei casi previsti dall’articolo 5, comma 1, lettere a) e b), e commi 2 e
3, la domanda è presentata alla sede dell’INPS competente per il
territorio di residenza del richiedente, ovvero, ai sensi del medesimo
comma 2, della persona deceduta, nel termine perentorio di sei mesi a
decorrere dalla scadenza del termine concesso alla madre o alla donna
che ha ricevuto il minore in affidamento preadottivo o in adozione senza
affidamento; la domanda può essere presentata anche durante il termine
concesso alla madre o alla donna qualora ne sia documentato il decesso
ovvero risulti che l’assegno spetti al padre in via esclusiva.
3. Nel caso previsto dall’articolo 5, comma 1, lettera c), la domanda è
presentata nel termine perentorio di sei mesi dalla data di ingresso del
minore nella famiglia anagrafica dell’adottante.
4. Nella domanda per la concessione dell’assegno, il richiedente è tenuto a
dichiarare, ai sensi della legge 4 gennaio 1968, n. 15, e successive
modificazioni, nonché del decreto del Presidente della Repubblica 20
ottobre 1998, n. 403, salvo che non sia tenuto a comprovare i requisiti
sulla base di specifica documentazione:
a) i requisiti che danno titolo alla concessione dell’assegno;
b) l’eventuale sussistenza, ai sensi degli articoli 2, comma 4, e 6 del
presente regolamento, di altri trattamenti previdenziali o economici
di maternità per la nascita, l’affidamento preadottivo o l’adozione;
c) l’eventuale presentazione, per lo stesso evento, di domanda per
l’assegno di cui all’articolo 66 della legge n. 448 del 1998.
5. In caso di incapacità di agire, la domanda e la relativa documentazione
sono presentate dal legale rappresentante dell’incapace, in nome e per
conto di lui.

Art. 8
(Funzioni dell’INPS)
1. L’assegno di cui all’articolo 2 è concesso ed erogato dall’INPS, previo
accertamento che il beneficio non sia già stato concesso o erogato per
lo stesso evento, entro 120 giorni dalla data di presentazione di
regolare domanda corredata della documentazione necessaria. Il termine è
sospeso in caso di documentazione insufficiente o inidonea. L’INPS
predispone i modelli-tipo di domanda e di dichiarazione sostitutiva, e
fornisce ai comuni detti modelli e una scheda informativa da consegnare
agli interessati all’atto dell’iscrizione anagrafica dei minori; in
detta scheda è contenuta, altresì, l’informativa di cui all’articolo 10
della legge 31 dicembre 1996, n. 675, e successive modificazioni.
2. L’INPS controlla la veridicità della situazione familiare dichiarata e
la sussistenza degli altri requisiti previsti dal presente regolamento.
I controlli possono essere effettuati anche a campione.
3. L’INPS provvede, in caso di prestazioni indebitamente erogate, alla
revoca del beneficio e al conseguente recupero delle somme non dovute a
far data dal momento dell’indebita corresponsione.
4. I dati contenuti nelle domande e nelle dichiarazioni dei richiedenti
possono essere trattati dall’INPS, in relazione alle finalità di
interesse pubblico perseguite per la concessione degli assegni. I dati
sono trattati in forma anonima quando il trattamento avviene a fini
statistici, di studio, di informazione, di ricerca e di diffusione.
L’INPS può comunicare i dati contenuti nelle domande e nelle
dichiarazioni ad altri soggetti al fine di effettuare le verifiche e i
controlli previsti dalle leggi e dai regolamenti, nonché al fine di
effettuare i pagamenti.
5. L’INPS può effettuare il trattamento dei dati sensibili, di cui
all’articolo 22 della legge 31 dicembre 1996, n. 675, e successive
modificazioni ed integrazioni, che eventualmente pervengano all’Istituto
ai sensi del presente regolamento, in particolare in relazione alle
domande, alle dichiarazioni e alle certificazioni relative ai soggetti
in possesso di carta di soggiorno, ovvero concernenti le situazioni di
abbandono, l’esercizio della potestà genitoria, le adozioni e gli
affidamenti. Dei dati sensibili possono essere effettuate, in conformità
all’articolo 4 del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 135, le
operazioni di raccolta, registrazione, organizzazione, conservazione,
modificazione, estrazione, raffronto, utilizzo, interconnessione,
blocco, cancellazione e distruzione. Le operazioni di selezione,
elaborazione e comunicazione dei dati sensibili sono consentite solo con
l’indicazione scritta dei motivi; l’INPS è tenuto a rendere pubblica con
proprio atto la lista dei soggetti ai quali i dati sensibili possono
essere comunicati in base alle leggi e ai regolamenti; la diffusione dei
dati sensibili può essere effettuata solo in forma anonima per finalità
statistiche, di studio, di informazione e di ricerca.
6. A valere sulle risorse previste dall’articolo 49, comma 15, della legge
n. 488 del 1999, il Ministro per la solidarietà sociale provvede
annualmente al trasferimento delle risorse all’INPS. Ai fini
dell’effettuazione del conguaglio, l’INPS presenta, nell’esercizio
successivo a quello del pagamento degli assegni, le distinte
rendicontazioni degli oneri sostenuti per la corresponsione degli
assegni medesimi, sulla base delle risultanze del proprio conto
consuntivo.

TITOLO III
ASSEGNI DI MATERNITA’ E PER IL NUCLEO FAMILIARE CONCESSI DAI COMUNI

CAPO I
DISPOSIZIONI APPLICABILI

Art. 9
(Disciplina dell’ISE)
1. Fino all’entrata in vigore di ulteriori disposizioni di adeguamento
della disciplina degli assegni per il nucleo familiare e di maternità al
decreto legislativo 3 maggio 2000, n. 130, compatibilmente con gli
equilibri di bilancio programmati, gli assegni di cui agli articoli 65 e
66 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, come modificata dalla legge 17
maggio 1999, n. 144, continuano ad essere erogati sulla base della
previgente disciplina dell’indicatore della situazione economica (ISE),
di cui il al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109, e ai relativi
provvedimenti di attuazione.

CAPO II
ASSEGNO DI MATERNITA’

Art. 10
(Disposizioni generali)
1. L’assegno di maternità di cui all’articolo 66 della legge n. 448 del
1998 è concesso alla madre, cittadina italiana residente, nonché, per
gli eventi di cui al comma 2, ai soggetti ivi indicati.
2. A decorrere dal 1° luglio 2000, l’assegno di maternità è concesso alle
donne, cittadine italiane o comunitarie o in possesso di carta di
soggiorno ai sensi dell’articolo 9 del decreto legislativo n. 286 del
1998, per uno dei seguenti eventi:
a) per ogni figlio nato in data non anteriore al 1° luglio 2000, che sia
regolarmente soggiornante e residente nel territorio dello Stato;
quando la richiesta di assegno è formulata da soggetto in possesso

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