Formazione
Asili nido, i comuni latitano
Pubblicata oggi l’Indagine Istat sulla spesa dei comuni per i servizi sociali nel 2005. Sui servizi per la prima infanzia i dati più allarmanti
È stata oubblicata dall’Istat e, crediamo, farà discutere. Parliamo della rilevazione sulla spesa dei comuni, nel 2005, nell’ambito dei servizi sociali. Un’indagine ufficiale, ovviamente piena di cifre e numeri ma per nulla noiosa: spiega ad esempio che per l’assistenza sociale i comuni hanno speso nel 2005 più dell’anno precedente (l’incremento è stato del 6,7%), ovvero complessivamente 5 miliardi e 741mila euro (lo 0,4% del Pil). Un dato che smentisce la tesi di un deciso arretramento del pubblico dal welfare e fa venire qualche dubbio sull’utilizzo delle risorse.
Trattamenti di favore?
Si sapeva. Ma fa impressione vederlo nero su bianco. Per le politiche di welfare, la spesa media pro-capite è di 98 euro l’anno. Cifra che sale fino ai 320 in Valle d’Aosta (quasi un euro al giorno per un anno) e si deprime lungo lo Stivale: in Campania scende a 39,4 (ovvero copre gennaio e la prima settimana di febbraio). Salvo poi risalire in Sardegna (110,4 euro ben al di sopra della media nazionale).
Una variabilità che non riguarda solo il trattamento di cittadini che abitano in zone diverse del medesimo Stato, ma che va registrata anche nelle strategie e nelle modalità di intervento, oltre che negli obiettivi.
Al Sud per esempio nel 2005 sono risultate maggiori le quote di spesa inerenti ai servizi alla persona (il 48,5% contro la media nazionale che si assesta al 39,4%) e ai trasferimenti in denaro (30,6% contro il 22,8% complessivo). L’82% delle risorse impegnate per l’assistenza sociale riguarda le aree famiglia e minori, anziani, disabili.
I beneficiari
Per quanto riguarda i destinatari, al primo posto vi sono le famiglie con figli, cui è dedicato il 38,5% della spesa sociale complessiva; al secondo gli anziani (23,4%), seguiti dalle persone disabili (20,4%). Sulle altre aree di utenza si distribuisce il rimanente 17,8% delle risorse impegnate: il 7,4% per le politiche di contrasto alla povertà e all’esclusione sociale, il 2,4% per gli immigrati, l’1% per i tossicodipendenti e il 7% per le attività generali e per la multiutenza.
Qualche numero, a conferma della disomogeneità. Per la famiglia e i minori, l’Emilia Romagna impegna 200 euro pro capite, la Calabria 25,7. Cifre che rendono assai meglio l’idea se comparate a quanto i comuni mediamente hanno investito, sempre nel 2005, per gli immigrati e nomadi (all’origine oggi di tanta preoccupazione): 53,9 euro per persona (che al Sud diventano 31,8).
L’uso delle risorse
L’indagine Istat permette di quantificare l’inadeguatezza dei servizi per i minori. Nell’anno in esame si conferma che solo il 9,1% dei bambini italiani fino a 3 anni è stato accolto negli asili nido. Circa 150mila bambini. Per accudire i quali i comuni hanno speso 900 milioni di euro cui vanno aggiunte le quote di compartecipazione (206 milioni, pagati dalle famiglie). Un totale di 1 miliardo e 106 milioni. Il che significa 18 euro pro capite. Una spesa non piccola per un risultato così inadeguato alla domanda, che lascia l’Italia molto distante dall’obiettivo che i 27 paesi europei si erano dati a Lisbona per il 2010: garantire un posto al 33% dei bambini .
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