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Asili: lo sconto fiscale è solo per pochi eletti
Il provvedimento ha suscitato le critiche del Forum delle associazioni familiari.
Il ministero dell?Economia ha stabilito con decreto sgravi fiscali per le famiglie che inseriscono i bambini nei nidi e nei micro-asili aziendali, e per le aziende che li predispongono. Per il suo ristrettissimo ambito di applicazione (viene imposto che la gestione dei nidi aziendali sia affidata ai Comuni) il provvedimento ha suscitato le critiche del Forum delle associazioni familiari. Il parere di Luisa Santolini, presidente del Forum, e di Leonardo Alessi, presidente della Federazione italiana scuole materne della Toscana.
Nella questione ?asili nido?, Parlamento e governo sembrano andare in direzioni diverse.
Da un lato, c?è il faticoso lavoro normativo della commissione Affari sociali della Camera che, il 7 maggio scorso, è giunta finalmente ad adottare un testo unificato del disegno di legge su i livelli essenziali dei servizi socio-educativi per la prima infanzia. Da quanto si legge nei resoconti stenografici dei lavori parlamentari, emerge che il testo-base adottato dai deputati è volto a garantire ai Comuni la «possibilità di appoggiarsi al privato sociale», e alle famiglie di «essere protagoniste del progetto educativo».
Una manciata di giorni più tardi, il 17 maggio, il ministero dell?Economia ha emanato un decreto (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 122 del 27 maggio scorso), che contempla un?agevolazione fiscale a favore delle famiglie pari a 2mila euro per ogni bambino, ma restringe tale beneficio solo per gli asili dislocati presso le aziende e gestiti dai Comuni. «Il decreto del ministro Tremonti, dietro una parvenza ?pro famiglia? nasconde ingiuste discriminazioni che ben poco hanno a che vedere con l?interesse delle famiglie stesse, e che invece sono rivolte a favorire le aziende» commenta Luisa Santolini.
Lo sconto fiscale, infatti, si rivolge sia ai genitori che ai datori di lavoro, e vale per gli anni 2002, 2003, 2004. Anche i datori di lavoro potranno dedurre un importo di 2mila euro dal reddito d?impresa o dal reddito di lavoro autonomo per ciascun bambino ospitato negli asili. La condizione per usufruirne, però, è che l?asilo sia gestito dal Comune. «Una scelta che testimonia, da parte del ministero, la volontà di ignorare la presenza della società civile e l?esperienza di tante realtà non solo d?ispirazione cattolica, ma anche di cooperative e associazioni di familiari» dice Alessi. A dimostrazione dell?incomprensibilità della restrizione, secondo il presidente Fism, c?è anche il fatto che «soprattutto al Nord si trovano alcune aziende con micronidi che per la gestione si servono proprio di soggetti del Terzo settore. Gli stessi Comuni spesso appaltano il servizio a organizzazioni non profit. Il fatto che il decreto abbia messo insieme aziende ed enti locali escludendo il Terzo settore è in aperto contrasto con il principio di sussidiarietà».
L?agevolazione in oggetto era stata disposta dalla Finanziaria del 2002 (all?art. 70, comma 6), in cui si precisava che gli asili aziendali dovevano consentire l?accoglienza di bambini tra i 3 mesi e i 3 anni, figli dei dipendenti; il ?vincolo? della gestione comunale non era però menzionato.
«Le famiglie devono avere la possibilità di scegliere tra offerte diversificate e non essere obbligate ad accettare dei servizi imposti dall?alto» continua la Santolini. «Gli sgravi fiscali, se vogliono veramente andare incontro alle esigenze delle famiglie senza discriminazioni tra chi può e vuole servirsi degli asili aziendali e chi non può o non vuole, devono essere estesi a tutte le forme di nidi e asili. Tra l?altro, in questo modo, si favorirebbe la libera e spontanea associazione di famiglie e l?iniziativa di associazioni familiari e cooperative che sono perfettamente in grado di garantire questi servizi e che sole potrebbero garantire la fine dell?emergenza asili che sta attraversando l?Italia».
Info:
www.forumfamiglie.org
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