Mondo

Ashton e ong ai ferri corti

I non governativi: il superministro degli Esteri mette a rischio la lotta contro la povertà

di Joshua Massarenti

Tra Catherine Ashton e le ong europee è guerra aperta. La “superministro“ degli Affari Esteri dell’Unione Europea viene accusata di volersi appropriare la gestione del portafoglio “Cooperazione e sviluppo” a scapito della Commissione europea. Di che cosa si tratta? Finora, la pianificazione politica e la gestione budgetaria delle iniziative europee in tema di cooperazione e sviluppo sono di unica competenza della Commissione UE. Parliamo di un organo sovranazionale votato a controbilanciare il potere dei singoli Stati Membri, ovvero degli interessi nazionali. Con la nascita del nuovo servizio diplomatico europeo capeggiato dalla Ashton, questi ultimi vedono i loro poteri rafforzati.

“Sin troppo” sostiene Agnès Philippart, responsabile dell’ufficio stampa di Concord (la piattaforma delle ong europee), che assieme ad altre organizzazioni non governative del Vecchio continente teme per il futuro delle politiche europee di cooperazione e sviluppo. “Con la Commissione sappiamo che i fondi destinati ai paesi poveri per la lotta contro la povertà non sono orientati ad altre azioni dell’Unione Europea, come ad esempio il rafforzamento di un corpo di polizia di un paese in via di sviluppo”.

Se il piano presentato dalla Ashton il 26 aprile scorso durante la riunione dei ministri degli Esteri UE per la nascita del nuovo servizio Esterno (Seae) dovesse passare così com’è, “quella garanzia minima per una gestione programmatica degli aiuti orientata unicamente alla lotta contro la povertà non ci sarà più”. In un comunicato diffuso il 26 aprile scorso, un pool di ong capeggiate da Concord, Cidse, Aprodev, Euro Step, One e Oxfam hanno denunciato “un piano in chiara violazione del Trattato di Lisbona e destinato ad andare contro gli interessi europei e quelli dei più poveri del mondo”.

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