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Ascolta la canzone censurata

“Tanto paga Papi” di Janet De Nardis è il brano stoppato dalla commissione del Festival

di Lorenzo Alvaro

Si è chiuso il Festival di Sanremo. Tante le discussioni, i casi e le proteste. Dal caso Morgan al lancio degli spartiti da parte dell’orchestra, quella della Clerici è stata un’edizione turbolenta. Per questo forse è passato inosservato un antefatto che ha dell’incredibile. “Forse” perchè è emblematico come la censura di una canzone sia stata “trascurata” dalla stampa nazionale e invece cavalcata da quella europea in particolare dallo spagnolo El Pais.


Si tratta di “Tanto paga Papi” di Janet De Nardis. La ragazza canadese, romana d’adozione, classe 1978 proponeva una canzonetta in rima baciata che non ha passato il controllo per le selezioni del 60° Festival di Sanremo (Categoria Nuova Generazione). Motivazione:  “non è conforme”. La commissione incaricata ha dichiarato “non idoneo” il brano impedendo alla cantante addirittura di comparire sul sito della Rai insieme a tutti gli altri candidati. Il punto naturalmente riguarda il testo. In base al regolamento sono vietati i testi con elementi “discriminatori” per età, sesso, religione, razza o nazionalità.
Ma andando a leggere le parole della canzone non si capisce dove violi la norma.

Eccolo:
«La serata in disco e un mojito fresco, la mini per cuccare un rullo per sballare, il gioco sai mi prende, la mamma che s’arrende, la scuola l’abbandono, le tette come dono, community e tivvù, ho perso ogni tabù, i soldi non guadagno ma sono io che regno, e senza un parrucchiere lo sai potrei morire, è un modo si di sfide, il nano se la ride.

Tanto paga Papi, spendo spendo e spando e tu paghi Papi. Tanto paga Papi. Papi Papi Papi, Paga Papi.

Le tasse io le odio, i conti non li pago, le leggi io le frego non credo più allo stato. Governo e opposizione, la banda in coalizione, veline in parlamento, il popolo è contento. Il fisco che mi assale, pensarci mi fa male,  a casa manca un piano, fortuna c’è il condono. Il debito che sale, la droga che fa male, il fumo che ti uccide, il monopolio ride.

Tanto paga Papi, prendo spendo e spando e tu paghi Papi. Tanto paga Papi. Papi Papi Papi, Paga Papi».

A leggere il testo sembra avere ragione la cantante che sul proprio sito afferma «Il problema sembrerebbe essere l’uso del nomignolo Papi, anche se si tratta solo di un’ironia, di una satira politica che non discrimina nessuno. La parola è diventata un tabú, ma “Tanto paga Papi” l’ho scritta vedendo la televisione e usando gli stessi argomenti, gli stessi luoghi comuni, gli stessi annunci pubblicitari che troviamo sui giornali o in televisione”.

Forse ad aver fatto scattare la mannaia censoria potrebbe essere la parte parlata che chiude la traccia  evidentemente rivolta al Presidente del Consiglio  che recita «Eddai Papi, Eddai paga Papi. Tanto non sono soldi tuoi. Dai Papi. Papi guarda una Mini, me la compri? Eddai Papi non fare il tirchio su». Il fatto è che difficilmente sarebbe potuta essere proposta tecnicamente sul palco dell’Ariston.

In alto a sinistra trovate in allegato la canzone



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